Il Sozialarchiv non invecchia mai

Una tradizionale istituzione zurighese, che ha acquisito importanza a livello svizzero ed internazionale, festeggia il primo secolo di vita. Si tratta dell'Archivio sociale svizzero, che con il suo patrimonio bibliotecario e di materiale documentario ed archivistico costituisce una ricchissima raccolta di documenti di diverso tipo: libri, giornali, periodici, rapporti annuali, opuscoli, volantini, manifesti, materiale d'archivio, ritagli di giornale, documenti fotografici, eccetera.

Tutto questo materiale è stato possibile raccoglierlo grazie ad un'attività di raccolta specializzata fin dall'inizio e continuata con ininterrotta costanza. Ma il tratto saliente di questa istituzione è il suo orientamento verso la documentazione della cosiddetta questione sociale, che testimonia l'evoluzione dei movimenti sociali e le svolte storiche vissute dalla società. E questo fa dell'Archivio sociale svizzero una raccolta unica di fonti d'informazione e di studio, a disposizione di chi fa ricerca in campo storico e sociale, come pure per esposizioni in Svizzera e all'estero.
Pochi però sanno che questa specie di monumento documentario, di cui spesso la sinistra politica mena vanto, è stato creato da un pastore zurighese della Chiesa riformata, Paul Pflüger, nato a Rio Novo, in Brasile, nel 1865. Cresciuto a Zurigo, dopo la maturità e gli studi di teologia e filosofia, Pflüger si fece subito una fama di "pastore rosso" per la sua particolare sensibilità verso le condizioni del proletariato di allora (era infatti divenuto parroco del quartiere industriale di Zurigo, l'Aussersihl). Nel 1900 intraprese la carriera politica e venne eletto, quale rappresentante dei poveri, prima nel parlamento cantonale, poi in quello cittadino e nel Municipio zurighese, e infine, nel 1911, in Consiglio nazionale. Nel 1895 entrò nel Partito socialista svizzero, di cui fu anche vicepresidente. Morì nel 1947.
Nella sua vulcanica attività (è stato anche pubblicista ed ha lasciato una gran quantità di scritti), Pflüger ha fondato diverse associazioni ed istituzioni, tutte a sfondo sociale, formativo e culturale, tra cui l'Università popolare, la Biblioteca popolare di scienze sociali e, nel 1906, il Centro di letteratura sociale, divenuto poi l'Archivio sociale svizzero. L'idea di creare un centro di raccolta di documenti sulla questione sociale gli venne in seguito ad una visita al Museo sociale di Parigi durante l'esposizione universale del 1900. E volle che fin dall'inizio l'associazione portante del progetto fosse indipendente dai partiti ed includesse rappresentanti di tutti gli orientamenti politici e confessionali. Lo scopo di tanta apertura era uno solo: garantire che la nuova istituzione facesse un lavoro scientifico obiettivo.
Per la sua particolare importanza, oggi l'Archivio sociale è retto da un'associazione che include il Cantone di Zurigo, la Confederazione, la Città di Zurigo, l'Unione sindacale svizzera, le Università di Basilea, di Losanna e di Neuchâtel, la Biblioteca centrale di Zurigo e singole personalità del mondo accademico e culturale. L'Archivio sociale svizzero è biblioteca, archivio e centro di documentazione, la cui sede, con sala di lettura, occupa un edificio nella Stadelhoferstrasse. Dal punto di vista tematico, la sua attività di raccolta si orienta su quanto parla di scienze sociali, società, politica, politica sociale, assistenza, lavoro, movimento dei lavoratori, socialismo, comunismo, condizioni sociali, movimenti sociali, cultura. Oggi l'Archivio sociale riunisce oltre 310 mila oggetti fisici, di cui 211 mila stampati, 20 mila duecento manoscritti, 75 mila duecento immagini documentali, 2 mila trecento microfilm, mille 117 media audiovisivi, 9 mila 108 documenti digitalizzati, 26 giornali elettronici e circa 1,2 milioni di ritagli di giornale.
Nella sua lunga storia, la sala di lettura dell'Archivio sociale svizzero è stata anche punto di ritrovo di emigranti, in  particolare dei profughi dall'Est europeo:  prima e durante la prima guerra mondiale erano soprattutto tedeschi e russi (tra i nomi più famosi, quelli di Lenin e di Trotzkij); tra le due guerre erano esclusivamente gli antifascisti italiani e gli antinazisti tedeschi; nel secondo dopoguerra i frequentatori più assidui sono stati gli immigrati italiani. Sono poi seguite le ondate di profughi in fuga dalla "cortina di ferro", come i baltici, i rumeni, gli ungheresi, i cechi. Tutti questi gruppi non sono stati soltanto degli utilizzatori, ma anche dei portatori di documenti che hanno arricchito la collezione dell'Archivio sociale. Oggi i frequentatori sono molto diversificati ed appartengono a numerosi gruppi, anche per il prestigio internazionale conseguito da questa istituzione.

Intervista ad Anita Ulrich, direttrice del Sozialarchiv di Zurigo

Anita Ulrich, quanto è importante oggi il ruolo dell'Archivio sociale nella società svizzera?
"Il primo indirizzo per tutti coloro che si occupano di questioni e di movimenti sociali, è l'Archivio sociale svizzero. Esso raccoglie documenti di tutti i generi, dal manoscritto alla fotografia digitale, li mette a disposizione del pubblico e li custodisce per le future generazioni. In tal modo l'Archivio sociale svizzero contribuisce alla salvaguardia della memoria collettiva e preserva per il futuro la propria raccolta quale parte dell'eredità culturale."
Ma l'Archivio sociale è stato un semplice custode della storia sociale del XX secolo, o la sua esistenza ha anche influito su tale storia, magari con altri protagonisti e forse anche involontariamente?
"L'Archivio sociale svizzero è sempre stato retto da un'associazione neutrale, indipendente dai partiti e largamente sostenuta. Questo ampio sostegno si oppone alla tendenza verso la polarizzazione politica. L'Archivio sociale può infatti essere visto come immagine speculare specifica della realtà svizzera, le cui parole chiave sono: democrazia consensuale, sistema di concordanza, cultura del compromesso."
Come guarda l'istituzione che lei dirige alla storia sociale della Svizzera italiana?
" sociale svizzero si concentra su partiti, sindacati, organizzazioni ed associazioni che sono stati o sono tuttora attivi sull'intero territorio svizzero. I consistenti archivi di queste organizzazioni contengono in parte ampia documentazione di sezioni o gruppi regionali del Ticino. Così, per esempio, nell'archivio del Sei (Sindacato edilizia e industria) si trova moltissimo materiale sull'industria del granito e del marmo in Ticino, o sull'artigianato dei vetrai  e dei falegnami ticinesi.
L'archivio del Soccorso operaio svizzero contiene gli atti sul sostegno che l'Aiuto ai rifugiati diede agli emigranti italiani in Ticino, e nell'archivio della Lega marxista rivoluzionaria si trovano documenti sul trotzkismo in Ticino. E poi vi sono anche gli importanti giornali e periodici in lingua italiana di tutte queste organizzazioni. Meno sensato riteniamo che sia la centralizzazione presso l'Archivio sociale svizzero degli archivi di partiti, sindacati e nuovi movimenti sociali del Ticino. C'è già infatti, con la Fondazione Pellegrini-Canevascini, un'istituzione ticinese che in collaborazione con l'Archivio cantonale si prende cura in modo esemplare della conservazione delle fonti storiche. Simili iniziative ed attività vengono viste con favore dall'Archivio sociale svizzero."
Riesce l'Archivio sociale a tenere facilmente il passo con le nuove tecnologie?
"Nel settore delle biblioteche e degli archivi è in atto effettivamente una spinta alla modernizzazione a tutti i livelli. Si devono trovare soluzioni per la conservazione a lunga scadenza e per l'accesso veloce ai documenti digitalizzati. Nel 2004 la Confederazione ha aumentato il suo contributo all'Archivio sociale, affinché questo possa tenere il passo con l'evoluzione tecnica. Ma condizioni decisive a tal fine sono anche la cooperazione con partner in Svizzera e all'estero ed una buona rete di collegamenti nel panorama di biblioteche ed archivi."
Come vede allora il futuro dell'Archivio sociale svizzero?
"La fitta documentazione di condizioni, movimenti e avvenimenti sociali, politici e culturali in Svizzera e la custodia a lungo termine dei documenti, continueranno ad essere i compiti principali dell'Archivio sociale svizzero. Questo vuole continuare a svilupparsi quale piattaforma interattiva per lo scambio d'informazioni, e profilarsi ancor più nettamente nel suo settore di raccolta. L'Archivio sociale vuole insomma, grazie alle attuali tecnologie dell'informazione, costruire ponti tra il passato ed il futuro."

Pubblicato il

15.09.2006 01:30
Silvano De Pietro