Il Sei al fronte per la legalità

«Non possiamo non essere che contenti di fronte alle notizie che giungono da Berna. La piaga del lavoro in nero va combattuta fino in fondo». Decise sono le parole di Gabriele Milani, segretario nel Sottoceneri del Sindacato edilizia e industria. La crociata del Consiglio federale per portare alla luce il lavoro sommerso, raccoglie dunque sentiti favori anche al Sei: «Premetto che nel campo dell’edilizia ticinese, il fenomeno del lavoro nero non è così grave come nelle fabbriche o nei settori della ristorazione e del lavoro domestico. Sui cantieri insomma, è abbastanza limitato. E questo grazie, tra le altre cose, alla presenza sul campo del sindacato. Ciononostante, dal punto di vista sindacale, occorre perseverare nel mettere in condizione il lavoratore di non diventare schiavo di quegli imprenditori che assecondano l’illegalità». Del resto conviene pure alle associazioni padronali regolarizzare le condizioni lavorative. «Assolutamente sì. Il lavoro nero produce una concorrenza sleale, controproducente per il mercato». Dichiarata guerra al lavoro nero, ecco che tutti corrono ad arruolarsi a fianco della legalità. La pratica del lavoro sommerso ha quindi i giorni contati? Gabriele Milani non ostenta ottimismo: «Qui abbiamo una situazione di illegalità, non riconosciuta dalla legge, che va combattuta. Parlare in termini di abolizione è scorretto». E probabilmente utopistico. La lotta non è di quelle facili. «Assolutamente no! Basti pensare che le vecchie misure, tipo controlli saltuari, richiami ed ammende irrisorie, si sono dimostrate insufficienti. L’attuale netto inasprimento delle multe credo che sia la via ottimale per frenare il lavoro in nero. Infatti esso si dimostrerebbe poco redditizio per quegli imprenditori che lo incentivano, ovviamente col fine di abbassare i costi e di risparmiare. Il rischio, con pesanti sanzioni, si fa pertanto troppo alto e poco vantaggioso». E speriamo dunque che il timore di dover sborsare parecchie centinaia di migliaia di franchi, convinca tutti i datori di lavoro a sborsare dovuti oneri sociali, adeguate imposte e stipendi finalmente decenti.

Pubblicato il

25.01.2002 03:30
Damiano Realini
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