Se ne avete abbastanza del Röstigraben, compagni, mettetevi il cuore in pace. Esiste. Almeno al cinema. In Svizzera c’è una netta cesura fra le pratiche di produzione e di fruizione cinematografiche in uso nella Svizzera tedesca piuttosto che in Romandia. Il Röstigraben cinematografico ha radici remote, che partono dal tradizionale orientamento verso la Francia della Romandia (un po’ sudditanza, un po’ apertura al nuovo), contrapposto all’autarchia della Svizzera tedesca, che per le dimensioni e la consapevolezza di possedere una sua lingua si sente sotto certi punti di vista nazione. Ma hanno avuto la loro importanza anche le sedi regionali della Ssr. Mentre in passato la Drs aveva mantenuto un certo distacco dal cinema destinato alle sale, la Tsr ha avuto con i produttori indipendenti contatti molto più intensi: se la fiction svizzera è esplosa fra gli anni ‘60 e ‘70, lo si deve soprattutto agli autori di lingua francese, a partire dal «Groupe 5» (Claude Goretta, Alain Tanner, Jean-Jacques Lagrange, Michel Soutter e Jean-Louis Roy) il cui obiettivo era proprio di contrattare collettivamente degli accordi di produzione con la tv di servizio pubblico. D’altra parte il documentario come prodotto destinato alle sale ha una vitalissima tradizione nella Svizzera tedesca, con notevoli esiti qualitativi ed un seguito nelle sale (dove i documentari escono regolarmente) che fanno del nostro Paese un Sonderfall (scusate, ma anche qui ci stava). Con questo stato di cose non sorprende che il pubblico si comporti diversamente di fronte al cinema svizzero a dipendenza che sia francofono o germanofono. È quanto ha appurato un sondaggio condotto dalla Fondazione Focal e dal Centro svizzero del cinema, secondo cui se nel 2000 la quota di mercato nelle sale dei nostri film era del 3,2 per cento, risultava del 4,2 nella Svizzera tedesca, ma soltanto dello 0,9 in Romandia. Così film di successo come Komiker di Markus Imboden o Azzurro di Denis Rabaglia hanno fatto 157 mila, rispettivamente 91 mila entrate nei Cantoni tedeschi, ma soltanto 366 (!), rispettivamente 9 mila in quelli romandi. Pure la cultura cinematografica è diversa: mentre i germanofoni ricordano spontaneamente Die Schweizermacher e Ueli der Knecht, i francofoni associano all’idea di cinema svizzero i nomi dei registi Jean-Luc Godard e Alain Tanner. Ben il 57 per cento degli intervistati nella Svizzera tedesca poi ha detto di aver visto più di dieci film svizzeri, contro solo il 23 in Romandia. Infine, se i germanofoni in un film svizzero vogliono vedere le star del cabaret svizzero tedesco, sono le star del cinema francese ad essere richieste dall’altra parte della Sarine (avete ragione compagni, questa si poteva evitare).

Pubblicato il 

07.06.02

Edizione cartacea

Rubrica

Nessun articolo correlato