La sconfitta è severa per la sinistra, che non ha neppure il tempo di riflettere, visto che le legislative sono tra un mese ed è costretta a salvare il salvabile per evitare che venga eletta un'assemblea totalmente dominata dalla destra. Sarkozy nella campagna aveva persino citato Antonio Gramsci e affermato che la vittoria, prima di essere nelle urne, è nelle teste. La Francia è diventata un paese di destra ? «La cosa è più complicata – afferma Claude Debons, ex sindacalista impegnato nei collettivi anti-liberisti durante la campagna – il successo politico di Sarkozy è dovuto alla sua capacità di ancorare il discorso, l'ideologia a dei malesseri che esistono nella società. E al fatto di aver avuto, di fronte, una sinistra poco credibile. Detto questo, la società non è necessariamente di destra: le lotte sociali sono numerose, nel 2004 alle regionali era stata la sinistra a vincere, nel 2005 c'è stato un no di sinistra importante al trattato costituzionale europeo, c'è stata la lotta contro il Cpe. Il problema è uno scollamento tra le attese sociali e cosa è capace di proporre la sinistra. Questo vale per l'estrema sinistra come per il partito socialista. Sarkozy ha fatto un lavoro politico per unificare la destra attorno a determinati valori. Di fronte non c'è stata un'eguale coerenza».
Autorità, ordine, lavoro, merito: il successo di Sarkozy si è costruito attorno a questi valori. Ségolène Royal ha cercato di sottrarre al rivale l'esclusività dell'"ordine" (giusto), dell'"autorità" (l'inquadramento militare per i giovani delinquenti) o del "merito" (il principio del do ut des nelle prestazioni sociali), ma, soprattutto, si è fatta portar via il "valore lavoro".
I bastioni tradizionali della destra si sono rivelati fedeli al loro campo politico. Ha votato per Sarkozy l'82 per cento degli artigiani e dei commercianti, il 67 per cento degli agricoltori. Lo ha scelto il 52 per cento delle professioni liberali e dei quadri superiori. Più soprendentemente, Sarkozy è alla pari con Royal nel voto delle classi popolari, il cui abbandono rappresenta il vero problema della sinistra: 50 a 50 tra gli impiegati, un po' sotto il 50 per cento per gli operai, ma sono solo i dipendenti pubblici che danno un plebiscito a Royal (57 per cento), mentre i dipendenti del privato si dividono a metà tra i due candidati. Sarkozy ha perso nettamente soltanto nella banlieue parigina popolare, dove gli abitanti di origine immigrata sono la maggioranza (ma, complessivamente, anche la banlieue parigina ha scelto Sarkozy, a causa delle zone di villette abitate dalla classe media, che ha paura). Sarkozy vince chiaramente nell'est del paese, ma anche nel nord, zona operaia, devastata dalla deindustrializzazione. Il voto per Royal è più urbano, quello Sarkozy più forte in provincia e nelle campagne, anche se alcune grandi città, come Lione (peraltro con un sindaco socialista) o Marsiglia, hanno votato a destra. A Parigi, Sarkozy arriva in testa per un soffio, ma 11 arrondissements su 20 sono a sinistra, a conferma di un voto a sinistra della classe media agiata e intellettuale. I migliori risultati di Sarkozy sono nelle zone dove, nel 2002, aveva primeggiato il Fronte nazionale, prova di un riporto di voti consistente dall'estrema destra.
Di fronte a questo panorama, dopo il crollo – nelle urne e nei cuori – della sinistra radicale impantanata nelle sue divisioni, in questi giorni il partito socialista sta dando uno spettacolo desolante. Sono stati tirati fuori i coltelli, il momento della resa dei conti è arrivato. Ségolène Royal ha lanciato un appello al partito per «lavorare, rinnovare, rifondare, preparare le prossime scadenze». Royal, dopo la sconfitta, non si dà per vinta, vuole essere alla testa della campagna delle legislative, che avranno luogo tra un mese (10 e 17, mentre gli "elefanti" del Ps vorrebbero farla fuori (assieme al segretario, François Hollande). Ha sparato per primo Dominique Strauss-Kahn, che denuncia «una gravissima sconfitta» a causa della mancata "modernizzazione.  Strauss-Kahn vorrebbe un partito socialdemocratico aperto al centro. Laurent Fabius, l'altro elefante sconfitto alle primarie interne da Royal, vuole che la campagna delle legislative sia "collegiale" e afferma polemico che «la sinistra è il "noi" non l'"io"». Jean-Louis Bianco, direttore della campagna di Royal, parla anch'egli di rinnovamento, ma pensa alla candidata: «è mancato un vero rinnovamento ideologico – ha detto – non abbiamo fatto quello che ha invece fatto l'Ump, abbiamo tutti la nostra parte di responsabilità e Royal ha dovuto far muovere le linee in poco tempo». Per François Rebsamen, fautore di Royal, «con 16,8 milioni di voti, il problema della leadership è risolto». L'idea è di evolvere verso un partito "progressista", una «sinistra social-democratica popolare che si unisca e si associ ad altre formazioni, in particolare nella sinistra europea».
Al di là delle lotte per la leadership – ma che possono affossare definitivamente il Ps – la questione è la linea e il rinnovamento ideologico. Daniel Cohn-Bendit, assieme a Christiane Taubira dei radicali di sinistra e ad alcune personalità socialiste propone di fare come l'Ulivo in Italia, una coalizione tra Verdi, Ps e nuovo centro. Esistono "convergenze", affermano, su cui sarebbe opportuno lavorare, dai servizi pubblici all'ecologia, dalla formazione alla pace. Ma circolano anche idee lontane da questo accordo con il centro, che presuppone la piena accettazione da parte della sinistra dell'economia di mercato. Per alcuni il modello è il tedesco Oskar Lafontaine, che ha fondato un partito a sinistra della Spd, per unificare quello che resta del Pcf e di altre formazioni della sinistra radicale con l'ala più a sinistra del Ps, in un nuovo partito chiaramente "antiliberista".

Pubblicato il 

11.05.07

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