Il Maestro Gisen, Kuhn e la palla

di Libano Zanolari
giornalista

2500 anni fa il discepolo Gessha vede il maestro zen Gisen giocare a palla e gli fa una domanda di grande attualità: "perché la palla rotola?" "Perché è libera, la palla è l'autentica libertà". Non contento il discepolo, con la santità dei bimbi che vogliono sapere tutto, gli chiede ancora il perché. Gisen risponde: "la palla è libera perché è rotonda. Può rotolare ovunque, in qualsiasi direzione, liberamente,  inconsapevolmente,  naturalmente".
Quando consegniamo questo "mondo" buddhista il 13.06.08 Koebi Kuhn ha vissuto per l'ennesima volta un piccolo dramma (altri sono i veri). La palla rossocrociata non è mai rotonda, sfugge sempre alla filosofia zen: la palla di Kuhn è un paradosso; ha realizzato la quadratura del cerchio, quando viene calciata subisce una kafkiana metamorfosi: è sempre quadrata: di conseguenza non rotola. E consegna alla storia l'ennesima sconfitta, anzi l'ennesima onorevole sconfitta, perché la squadra si è battuta, non ha demeritato. Ma la palla per i nostri avversari cechi e turchi è sempre stata se non proprio rotonda perlomeno un po' meno quadrata. Ora il popolo rossocrociato si ergerà a giudice del povero Kuhn che non ha cavato sangue dalle rape, che ha cucinato quanto gli passava il convento dei carmelitani scalzi in tempo di crisi.
"Era scontato" si dirà "Kuhn andava sostituito prima". Se invece la squadra fosse andata nei quarti, con un libero voltafaccia degno della palla che può rotolare ovunque, la gente avrebbe detto:  "la qualifica è la logica conseguenza di quanto abbiamo imposto a Kuhn: la destituzione di Zuberbühler e la sua sostituzione con Benaglio". Ma se secondo la filosofia Zen, la palla è l'essenza della libertà, come possiamo contestare i tifosi che mutano opinione ad ogni pié sospinto, ad ogni giro di palla? I nostri "uregiatt" sono buddisti? Si veda un po' quanto è difficile per noi europei cartesiani capire il "nulla, il vuoto originario" zen.
Anzi: la nostra filosofia del calcio è esattamente l'opposto e si può riassumere con una semplice formula matematica: la squadra che manda la palla in rete una volta in più rispetto all'avversario ha vinto la partita. E non importa come: il tiro bellissimo da 30 metri, la rovesciata, lo slalom in dribbling, il colpo di tacco, ha lo stesso valore di un rimpallo sul calcagno o sul gluteo destro. Inoltre la palla, secondo i tecnici che hanno ormai sostituito la mitica lavagna con il computer, non rotola "in qualsiasi direzione, liberamente, inconsapevolmente" ma esattamente nella direzione stabilita dai Kuhn e soci secondo lo schema scelto: 4-4-2, 4-1-4-1, 4-2-3-1. C'è una sola imposizione: il totale fa 10. Solo il portiere sta al suo posto. I ragazzi che vorrebbero divertirsi con la palla vengono redarguiti da sedicenti tecnici che li ingabbiano e li costringono a un compito limitato e definito. Non c'è posto per la creatività,  per il gioco nel vero senso della parola. Il gioco del buddismo zen? Ed eccoci alla clamorosa contraddizione: se noi abbiamo costretto la palla a muoversi come vogliamo noi, se la palla calciata dai giocatori segue delle traiettorie studiate, predeterminate al computer, perché diciamo ancora che la palla è rotonda? Per giustificare la sconfitta? Ed eccoci alla chiusura del cerchio (del regista del Fc Efeso Eraclito): "un punto in un cerchio segna nello stesso tempo l'inizio e la fine". E dunque non c'è né inizio né fine.
Non è la stessa cosa che parlare dell'assoluta libertà, dell'ineffabilità della palla? A questo punto la faccenda si fa troppo complicata: anzi, per dirla tutta, mi sento male e mi scuso con i veri fans: vince chi segna di più, non rendiamo la vita troppo complicata, e poi se la palla non è entrata nella porta giusta il problema è facilmente risolvibile facendo ricorso alla filosofia: "ul balon l'è rodoond".

Pubblicato il

20.06.2008 13:30
Libano Zanolari