Il Fondo vittime dell'amianto è realtà, ma mancano 70 milioni

Nel corso del 2017 saranno pagati i primi indennizzi. Vasco Pedrina (Unia): buon compromesso

Le vittime che hanno subito un’esposizione all’amianto (lavorativa o ambientale) in Svizzera e che si sono ammalate dopo il 2006, quelle che si ammaleranno nei prossimi anni e i loro familiari, avranno diritto in tempi brevi a un indennizzo finanziario per il torto subito e a un maggiore sostegno psicologico. Le prestazioni saranno finanziate attraverso un apposito Fondo che sarà costituito nei prossimi mesi, conformemente all’intesa raggiunta lo scorso 30 novembre tra i partecipanti alla tavola rotonda organizzata a questo scopo dal capo del Dipartimento federale dell’Interno Alain Berset.

 

Una tavola rotonda che, sotto la guida dell’ex consigliere federale Moritz Leuenberger, ha riunito per un anno e mezzo associazioni delle vittime, sindacati, assicuratori e naturalmente rappresentanti delle imprese attive in passato nella produzione e nella lavorazione dell’amianto e che hanno così contribuito alla diffusione della polvere killer negli ambienti di vita e di lavoro. Dei circa 100 milioni necessari per assicurare il funzionamento del Fondo fino al 2025, ne sono per ora stati raccolti circa 30, che sono frutto dei contributi (“volontari”) delle Ferrovie federali svizzere, degli assicuratori privati e del gruppo Eternit. Il resto dovrà essere raccolto nei prossimi mesi dalla costituenda fondazione che dovrà anche esaminare le richieste delle vittime e garantire loro un servizio di assistenza psicosociale (“care service”), che si ispira a un modello esistente da anni in Austria e in Germania. Mentre su quest’ultimo fronte già in primavera partirà un progetto pilota nella regione di Zurigo e Glarona (sede storica della Eternit) in collaborazione con la Lega polmonare e successivamente uno nel canton Vaud, il versamento degli indennizzi dovrebbe iniziarsi nella seconda metà del 2017, dopo l’adempimento di una serie di atti burocratici e organizzativi.


Le prestazioni che saranno erogate sono per contro già state definite nel dettaglio nel rapporto finale della tavola rotonda, approvato da tutti i partecipanti con la sola astensione dell’Associazione romanda delle vittime dell’amianto Caova, che avrebbe auspicato una soluzione più generosa (vedi sotto).
Il compromesso raggiunto prevede che del fondo potranno di principio usufruire tutte le persone che hanno subito un’esposizione all’amianto in Svizzera e che dopo il 2006 si sono ammalate di mesotelioma (il tipico cancro da amianto che colpisce la pleura e, in misura minore, il peritoneo e che attualmente in Svizzera causa 180 morti all’anno – media 2010-2015), indipendentemente dal fatto che esso sia (stato) riconosciuto come malattia professionale o no, ma a condizione che il beneficiario rinunci con una dichiarazione scritta a far valere qualsiasi pretesa in sede giudiziaria (per esempio nei confronti dell’ex datore di lavoro) e si impegni a liquidare eventuali cause pendenti in sede extragiudiziale.


L’ammontare degli indennizzi dipenderà dall’anno d’insorgenza della malattia, del fatto che la persona abbia già ricevuto o no prestazioni dall’assicurazione infortuni obbligatoria, dal suo reddito prima di ammalarsi e dall’età dei figli e del coniuge al momento del decesso.
La prestazione prevista si compone innanzitutto di un’indennità per compensare il pregiudizio immateriale che la persona subisce a seguito della malattia, il cui importo viene fissato orientandosi indicativamente alle prestazioni versate dall’assicurazione infortuni obbligatoria alle persone colpite da una patologia riconosciuta come malattia professionale da amianto, la cosiddetta “indennità per menomazione dell’integrità” che corrisponde all’80 per cento del salario massimo assicurato secondo la Lainf, la Legge sull’assicurazione contro gli infortuni: attualmente 118.560 franchi (80% di 148.200). Indipendentemente dal fatto che la malattia sia di origine professionale o di altra natura, il Fondo Amianto garantisce questa prestazione (dedotti importi eventualmente già incassati) a tutte le persone che si sono ammalate di mesotelioma dal 2011 in avanti, mentre per quelle che si sono ammalate tra il 2006 e il 2010 una somma fissa di 20.000 franchi. Prestazioni sono inoltre previste per compensare la perdita di guadagno causata dalla totale o parziale incapacità lavorativa, così come per il coniuge superstite e gli orfani a seconda della loro età, per i quali sono previste delle indennità forfettarie che vengono versate dopo la morte della persona a titolo di risarcimento dei costi derivanti dalla malattia e dal decesso.
Vantaggi ne trarranno anche le persone la cui malattia viene riconosciuta come di origine professionale, in quanto è stata trovata una soluzione che corregge l’odiosa prassi seguita attualmente dalla Suva nel versare l’indennità per menomazione: il 50 per cento dopo i primi sei mesi di cure palliative – cioè quando ormai non c’è più prospettiva di sopravvivenza – e il resto dopo altri 12 mesi. Una prassi che di fatto priva la maggioranza dei malati di circa la metà dell’importo che spetterebbe loro.


Secondo le indicazioni contenute nel rapporto finale della tavola rotonda, potrebbero infine beneficiare delle prestazioni del Fondo (si parla di “soluzioni analoghe”) anche le persone colpite da altre patologie asbesto-correlate, come l’asbestosi, le placche pleuriche e il cancro del polmone, ma soltanto in “casi di rigore”. «Sarà il Consiglio di fondazione a decidere caso per caso, sulla base di principi e di una prassi che verranno stabiliti nel corso del tempo con l’aiuto di esperti», spiega l’ex co-presidente di Unia Vasco Pedrina, che ha giocato un ruolo importante nell’elaborazione del compromesso e nel reperimento dei finanziamenti sin qui assicurati e che abbiamo sentito per un bilancio.

 

Vasco Pedrina, il compromesso raggiunto è il migliore dei risultati possibili tenuto conto del contesto e dei rapporti di forza?
Avendo molta esperienza in trattative, posso affermare che questo è uno dei compromessi più avanzati che abbiamo raggiunto in contesti di pari difficoltà. Siamo innanzitutto riusciti, conformemente al mandato del Consiglio federale, a trovare una soluzione per quelle persone che si ammalano di mesotelioma ma che non essendo state assicurate, oggi non ricevono alcun indennizzo: si tratta in particolare di persone che hanno vissuto vicino a stabilimenti in cui si lavorava l’amianto, di piccoli indipendenti e di famigliari di lavoratori che portavano a casa le tute piene di polvere per lavarle. Per questi casi, circa 20-30 all’anno, l’istituzione del fondo rappresenta un enorme passo in avanti: mentre oggi le persone colpite non godono di alcuna prestazione, in futuro potranno ottenere all’insorgere della malattia un’indennità di 120’000 franchi e i loro famigliari, in caso di decesso, avranno diritto a un importo forfettario che per il coniuge superstite va (a dipendenza dell’età) dai 50.000 ai 200.000 franchi. Per ogni figlio minore di 25 anni è inoltre previsto un forfait di 20.000 franchi. Si tratta insomma di importi consistenti.
D’intesa con le associazioni delle vittime dell’amianto, siamo inoltre riusciti ad allargare la cerchia dei beneficiari rispetto a quanto previsto dal mandato assegnatoci, allargandola anche alle vittime assicurate secondo la Lainf. In particolare attraverso un cambiamento dell’odierna profondamente ingiusta modalità di pagamento della cosiddetta “indennità per menomazione d’integrità” da parte della Suva, che si assumerà così un onere supplementare tra i 60 e gli 80 milioni di franchi nei prossimi dieci anni. Concretamente per gli interessati significherà ricevere mediamente circa 60’000 franchi in più rispetto a oggi. E anche per i casi di persone ammalatesi a partire dal 2006 abbiamo trovato una soluzione finanziata con il fondo.
Infine, mi rende particolarmente fiero il fatto di essere riusciti a garantire un “care service”, che rappresenta un’indubbia necessità per le persone colpite dalla malattia, per i loro famigliari ma anche per coloro che convivono con la paura di ammalarsi e che potranno rivolgersi a questo servizio di sostegno e accompagnamento.


Su quali ragionamenti poggia l’esclusione di principio dei malati di altre patologie asbesto-correlate, come l’asbestosi o il cancro del polmone?
Ovviamente sarebbe stato meglio includere tutti, ma si trattava di trovare una soluzione di compromesso che fosse finanziabile e non creasse discriminazioni nei confronti delle vittime di altre malattie professionali. Per quanto riguarda l’asbestosi, si consideri che la malattia va scomparendo poiché è legata a forti esposizioni per lunghi periodi e in Svizzera l’amianto è ormai bandito dal 1990. Con il cancro del polmone c’è invece il problema che non è possibile determinarne la causa in modo preciso. A ogni modo è previsto che in casi di rigore le prestazioni per i malati di mesotelioma valgono anche per altre patologie.


Cosa si intende con “casi di rigore”? Una persona con cancro del polmone che è stata esposta massicciamente all’amianto rientrerebbe in questa categoria, tenuto conto che gli studi epidemiologici condotti a livello internazionale lo indicano come patologia molto diffusa tra gli esposti?
Ritengo di sì, nei casi gravi, anche se i dettagli sull’applicazione dei principi saranno stabiliti dal Consiglio di fondazione in cui sia le associazioni delle vittime che noi sindacati saremo rappresentati. Penso poi che l’esperienza con i casi concreti che si presenteranno aiuterà a definire dei criteri precisi.
Sarà il Consiglio di Fondazione a decidere? Verranno coinvolti dei medici?
Al Consiglio di fondazione spetterà ogni decisione finale, ma esso si avvarrà delle valutazioni di esperti. Le modalità restano da definire.


È prevista una campagna attiva d’informazione dei potenziali aventi diritto in Svizzera e all’estero, tra gli ex lavoratori immigrati?
Anche su questo la discussione è appena stata avviata. Sarà il Consiglio di fondazione a definire i dettagli. Sicuramente il sindacato giocherà un ruolo importante in questo lavoro di informazione e sensibilizzazione.
Quando si può immaginare che potrà essere inoltrata la prima richiesta d’indennizzo?
Auspico che si possa partire tra l’estate e l’autunno 2017.


Molte grandi imprese si sono rifiutate di partecipare e altre non hanno nemmeno risposto alle vostre sollecitazioni. Qual è il tuo giudizio in merito?
Ogni risposta negativa è una delusione, perché, comunque venga argomentata, dimostra di fatto una mancanza di responsabilità sociale. Resto però fiducioso e conto nel coinvolgimento di rami economici che finora non hanno risposto o non sono ancora stati contattati. Ritorneremo alla carica anche con qualcuno che ci ha risposto negativamente.

 

Il sì critico delle associazioni delle vittime

Il Fondo d’indennizzo è una «grande vittoria» delle associazioni che difendono le vittime dell’amianto. Lo affermano in un comunicato congiunto Ava e Caova, le due organizzazioni che operano rispettivamente nella Svizzera tedesca e in Romandia e che nel marzo 2014 avevano auspicato la creazione di un fondo attraverso una lettera aperta al Consiglio federale al termine di una partecipata assemblea tenutasi a Näfels (Glarona), a due passi dalla sede storica dell’Eternit.
Ava e Caova, pur accogliendo «favorevolmente» l’idea di un fondo, si dicono «dispiaciute» del fatto che «malattie come l’asbestosi» non vengano «esplicitamente considerate» e promettono una «vigilanza critica» sulla messa in pratica.
L’assemblea di Caova, associazione che da una quindicina d’anni si occupa del sostegno ai malati e ai loro familiari nella Svizzera francese, sottolinea dal canto suo di «approvare a grandi linee» il risultato della tavola rotonda ma anche la presenza di «diverse lacune» e di «limiti per l’ottenimento di un indennizzo» che «non corrispondono agli obiettivi di Caova». L’assemblea ha così voluto segnalare questi aspetti critici con un voto di astensione.  

Pubblicato il

21.12.2016 18:57
Claudio Carrer