I veleni di un'azienda farmaceutica

Condizioni di sicurezza al limite e lavoratrici malate

L’ipotesi è da brivido. Lavorando alla produzione di farmaci destinati alle cure oncologiche, ci si ammala per colpa della scarsa sicurezza in cui operano.

Il pesante sospetto riguarda la Pharmintraco, una piccola azienda farmaceutica del Pian Scairolo, periferia luganese. Nella fabbrica si producono farmaci destinati alle cure contro i tumori, tecnicamente chiamati citostatici. Le sostanze che compongono i farmaci sono estremamente pericolose per la salute se manipolate in modo non corretto. Stando alle classificazioni di organismi internazionali, alcune di esse se inalate o se entrano a contatto con parti del corpo, possono causare gravi danni alla salute. Si va dalla sterilità alle mutazioni genetiche nei feti fino al cancro. Per dare un’idea, in Italia la manipolazione di queste sostanze è proibita per le donne in età fertile.


Per evitare rischi alla salute dei lavoratori, la manipolazione di queste sostanze può avvenire unicamente sotto potenti cappe in grado di aspirare la totalità delle micro-particelle tanto invisibili quanto perfide nell’insinuarsi nel corpo uma-no. E qui starebbe uno dei problemi centrali riguardo alla sicurezza dei dipen-
denti della fabbrica di Barbengo.  


«Le analisi condotte hanno evidenziato quanto ormai noto da tempo. La cappa non è una cappa», scriveva un responsabile della Pharmintraco nel lontano 2008. L’affermazione sintetizza la fitta corrispondenza informatica tra i vari responsabili e la direzione sullo stato della cappa sotto la quale venivano da anni trattati questi prodotti ad alta tossicità. «La cappa del laboratorio non doveva e non deve essere usata per la manipolazione di sostanze pericolose» scriveva un altro dirigente, rimasto a lungo inascoltato.
Qualche mese dopo, il responsabile di laboratorio inviava una mail allarmante nella quale descriveva gli effetti sui dipendenti del malfunzionamento dell’aspirazione: «Purtroppo l’efficienza della cappa chimica si è verificata scarsa e i vapori si sono riversati nel laboratorio. Questi i sintomi riscontrati dagli analisti: giramento di testa, bruciore alla gola e alle vie respiratorie, bruciore agli occhi e nausea». E aggiungeva: «A casa gli analisti hanno avuto spossatezza, bruciore alla gola, mal di testa e sangue da naso». Seriamente preoccupato, l’incaricato della sicurezza «raccomanda alla direzione di dare disposizioni affinché la cappa non venga più utilizzata per la manipolazione di sostanze pericolose». In altre parole, interrompere la produzione finché non siano state ristabilite le condizioni di sicurezza.

 

La direzione invece ridimensiona la pericolosità, invitando a svolgere ulteriori analisi, senza fermare la produzione. «Nel limite del possibile – ribadiva il responsabile del laboratorio – cercheremo di lavorare sino a quando la situazione non sarà sistemata, ma ribadisco che in queste condizioni è veramente pericoloso per la salute degli operatori lo svolgimento di determinate analisi». Anche questa segnalazione cadde nel vuoto.  La direzione non diede nessun ordine di fermare i lavori.


Col passare del tempo, emergono altri fatti inquietanti sulla sicurezza. Sempre nel 2008, oltre alla cappa sotto accusa vi sono anche le condotte d’aerazione. Area dispone di fotografie che non lasciano molti dubbi sullo stato fatiscente dei tubi dell’aria che avrebbero dovuto espellere le sostanze nocive all’esterno della fabbrica. Agli addetti ai lavori capita sovente alla mattina di trovare una strana polvere che ricopre  i banchi del laboratorio. Stando alle testimonianze raccolte, si suppone siano residui provenienti proprio dalle condotte malandate. Il direttore ordina agli ingegneri di studiare nuove condotte d’aria, senza mai sospendere la manipolazione dei citostatici.


Due anni dopo, nel 2010, una verifica della cappa chimica della ditta fornitrice arriva alle seguenti conclusioni: «Se ne sconsiglia l’utilizzo quale strumento per il trattamento di agenti chimici anche a bassa tossicità». La manipolazione di sostanze anche altamente tossiche proseguirà invece sotto quella cappa per altri due anni.


Solo nell’aprile del 2012, a quattro anni dalle prime segnalazioni allarmanti, la cappa sarà sostituita. Nell’agosto dello stesso anno saranno rifatte anche le condotte d’aerazione.
Nell’ottobre dello stesso anno la Suva, l’organismo preposto alla verifica della sicurezza nei posti di lavoro, organizza un controllo alla Pharmintraco di Barbengo. Come da prassi della Suva, la visita viene annunciata alla ditta con due settimane di anticipo. Da documentazione e testimonianze raccolte, la preannunciata visita provoca una certa agitazione in azienda. Dal controllo della Suva pare non sia emerso nulla, salvo qualche raccomandazione su dettagli non essenziali.


Eppure, assicurano le nostre fonti, le disfunzioni all’interno della fabbrica in materia di sicurezza continuerebbero a sussistere, anche dopo l’istallazione della nuova cappa e di condotte di aerazione avvenuta due mesi prima del controllo Suva. Nel particolare segnalano carenze che non solo potrebbero danneggiare seriamente la salute dei dipendenti ma riguarderebbero pure la tutela dell’ambiente, nel particolare relativo allo smaltimento degli scarti di produzione, ossia dei rifiuti altamente tossici.   

 

Pubblicato il

23.05.2013 14:39
Francesco Bonsaver