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I suoni di una nuova Svizzera
di
Virginia Pietrogiovanna
Il 24 settembre si vota sulla nuova Legge sugli stranieri e sulla revisione della Legge sull'asilo. Due leggi discriminatorie, fortemente volute dalla destra guidata dal consigliere federale Christoph Blocher. Due leggi che violano gli impegni presi dalla Svizzera in materia di diritti umani. Contro queste leggi e a sostegno del doppio No scende ora in campo anche la musica. È infatti da qualche giorno reperibile sul mercato il doppio cd "Rock Down Asylgesetz Ausländergesetz", un'ottima compilation che abbina alla qualità musicale dei suoi 38 contributi una profonda sensibilità sociale e politica.
Sul momento, un album realizzato a sostegno del doppio No alla Legge sugli stranieri e alla revisione della Legge sull'asilo potrebbe suscitare l'idea di un'accozzaglia di band incattivite dalle ingiustizie che urlano il loro dissenso al ritmo di un punk sgangherato e casereccio. Complice la grafica poco accattivante e volutamente artigianale, verrebbe da pensare che la raccolta "Rock Down Asylgesetz Ausländergesetz" (RecRec, 2006), sia composta proprio da quel riot punk genuino, ma mal messo, che solitamente si prende a cuore questo tipo di problemi. Ma la copertina questa volta penalizza il contenuto del doppio cd (nel complesso trentotto brani), perché sotto l'involucro scabro si cela una carrellata di canzoni estremamente interessanti e ben fatte.
La voce della protesta e della lotta viene affidata in larga misura ai generi nati proprio dall'urgenza di dire e di cambiare, l'hip hop e il punk. Nelle prime tracce di entrambi i dischi sfilano i rapper più noti della Svizzera, da Gimma a Stress, da Nega a Greis, passando per i romandi Sens Unik, che propongono un testo raffinato ("Ce qu'on te donne"), non marcatamente politico, ma in grado di dipingere la situazione sociale elvetica con grande immediatezza. Se i vari Mc che prendono parola «pour toutes les victimes de la repression et du racisme», come canta Nega nella splendida "J'aurais pu être", non lesinano gli attacchi espliciti alla destra politica (in particolare a Christoph Blocher, come nell'indignatissima "Fuck Blocher" di Stess, Greis e Bligg) e ai meccanismi perversi che regolano in parte la nostra società, altrettanto pugnaci e senza perifrasi si prestano i gruppi punk o punk-rock presenti nella raccolta. I Favez, con "Looking for action", possenti ed energici, i The Bucks con "A Kingdom for a cow", gli Züri West con "Mir hai üs troffe imne Garte" o, più ancora, i Fucking Beautiful, con un'indomabile e bellissima "Rotter".
Accanto alle sonorità più graffianti, però, c'è posto pure per numerosi brani reggae, fra cui spiccano "Wanted" della ska band bernese degli Open Season e la eclettica "Bow down refugees" dei Plenty Enuff, un brano appositamente scritto per questa raccolta.
I toni si smorzano nei generi meno connotati politicamente. Nel rock di "Velvet sky" dei Carnation, nel pop soave ed etereo della cantautrice bernese Lunik ("Through your eyes"), nei suoni provenienti dal Mali di "Sylla" di King Gora... Eppure anche laddove non si parla esplicitamente di politica emerge ugualmente un panorama politico, una situazione sociale palpabile. Sia che queste vengano dipinte da una band d'immigrati, i Namusoke (con "My pik is on"), sia che a cantare sia il rapper italo-basilese Mimmo Digità ("Streichelzoo"). E lo sfondo politico viene a galla anche attraverso una traccia che è semplice narrazione senza musica ("Woni en Afghan bi gsy" di Pedro Lenz) e nelle ballate malinconiche, ricche di evocazioni musicali tipiche dell'infanzia, che chiudono il secondo disco: le splendide "Heimatlos" di Tinu Heiniger, scritta con la collaborazione di Stefan Eicher, e "S'usschaffigslied", del noto cabarettista Franz Hohler, che da sole valgono l'acquisto del doppio album.
Un disco dunque che ritrae musicalmente una Svizzera multietnica e multiculturale, dotato di una proprietà ed una varietà musicale notevoli, che a parte la sua connotazione politica, ha di che interessare e colpire per ricchezza e corposità veramente un largo pubblico.
Peccato che all'interno del panorama elvetico non si sia trovato un posticino anche per un gruppo della Svizzera italiana. Senz'altro avrebbero reso un buon servigio i Vad Vuc, i Vomitiors, Zodiac Project, i Maja e diversi altri.
I suoni di una nuova Svizzera
«This machine kills faschists». Se l'era scritto sulla chitarra il folksinger americano Woodie Guthrie. La musica rock con tutti i suoi derivati come veicolo di messaggi di protesta ha una solida tradizione. In Svizzera non è la prima volta che si pubblicano delle raccolte di canzoni per sensibilizzare e coinvolgere il pubblico più giovane su temi politici cari alla sinistra: basti ricordare le compilation per le due iniziative sull'abolizione dell'esercito. Con "Rock Down Asylgesetz Ausländergesetz" però si fa un passo in più, come rileva Christian Trunz, coordinatore del progetto: «siamo rimasti sorpresi della nuova immagine della Svizzera che si è costruita sotto i nostri occhi senza che ce ne rendessimo conto: un paese con molti nomi di origine straniera e dalle frontiere aperte». La maggior parte degli artisti presenti nella raccolta sono cresciuti con numerosi Secondos, se non sono loro stessi degli immigrati di seconda o terza generazione: «la realtà della Svizzera nel 2006 la conoscono molto meglio loro che i tromboni della politica populista», aggiunge Trunz. Il progetto è nato in maniera spontanea, con scambi di sms fra gli artisti, senza che nessun partito o organizzazione lo lanciasse. Nel gruppo dei Carnation c'è anche un chitarrista che si fa chiamare Chrigi. All'anagrafe è Christoph Schmid, suo papà si chiama Samuel e di mestiere fa il consigliere federale. Che così commenta l'impegno del figlio: «nella nostra famiglia vige la libertà d'espressione». Wow!
Pubblicato il
30.06.06
Edizione cartacea
Anno IX numero 26
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