I sindacati promettono un sì

L'Unione sindacale svizzera (Uss) dice di sì alla prosecuzione della libera circolazione delle persone e al suo allargamento a Romania e Bulgaria. Eppure fino a pochi mesi fa, quando nell'edilizia c'era il vuoto contrattuale, i sindacati avevano più volte minacciato di voler bocciare la libera circolazione. Ora che gli edili hanno di nuovo il loro contratto la situazione è più distesa. Anche se le minacce ai salari e alle condizioni di lavoro non sono finite. Il sì dei sindacati è quindi vincolato a precise condizioni. Lo spiega nell'intervista che segue Paul Rechsteiner, presidente dell'Uss e consigliere nazionale per il Partito socialista.

Paul Rechsteiner, che rilevanza ha il sonoro ceffone incassato il 1° giugno dall'Udc per la sua politica sugli stranieri?
Dopo diversi passi indietro in materia di cittadinanza questo è stato finalmente un passo avanti che aspettavamo da tempo. Negli ultimi 20 anni ci sono stati due importanti passi avanti: la doppia cittadinanza e ora il diritto di ricorso. Che il diritto di ricorso sia diventato lo standard è un cambio di rotta considerato il clima xenofobo degli ultimi anni.
Il prossimo importante tema di politica degli stranieri è la continuazione della libera circolazione delle persone. Dopo questa sconfitta l'Udc sarà in futuro più prudente?
No. L'Udc ha conquistato le sue elettrici e i suoi elettori con una politica ostile agli stranieri ed è questa la politica che darà al suo elettorato anche in futuro. Non ne può fare a meno. Ma per la libera circolazione non saranno decisive tanto le questioni di politica degli stranieri, quanto piuttosto ciò che avremo ottenuto per difendere il livello dei salari in Svizzera.
E che cosa si è ottenuto?
Il bilancio sindacale dell'ultimo anno non è poi così male! I lavoratori edili hanno di nuovo il loro contratto collettivo. Ci saranno più controlli sugli stipendi e sulle condizioni di lavoro. Il numero di questi controlli sarà aumentato entro il 2010 del 20 per cento, invece di essere ridotti del 10 per cento come in un primo tempo aveva previsto l'amministrazione federale.
Dunque lei è soddisfatto delle attuali misure d'accompagnamento a difesa degli stipendi?
Hanno effetto soprattutto in quei settori nei quali ci sono dei salari minimi. Non funzionano ancora come vorremmo, ma in confronto alla situazione che avevamo due o tre anni fa abbiamo già fatto dei grossi progressi. Un paio di cantoni sono ancora in ritardo nell'applicazione delle misure di controllo degli stipendi, ma nel complesso qualcosa lo si è comunque raggiunto.
Fra i risultati positivi considera anche il contratto collettivo per i lavoratori e le lavoratrici interinali?
Sì. Se dovesse davvero entrare in vigore per la Svizzera sarebbe un notevole passo avanti.
Nell'edilizia i lavoratori interinali sottostanno già oggi al contratto collettivo del settore. Eppure è stata constata una quantità impressionante di violazioni.
Un contratto come quello dell'edilizia può effettivamente produrre qualcosa soltanto se i controlli sono sufficientemente rigorosi. E soltanto se le ditte che non vi si attengono vengono severamente sanzionate. In quest'ambito il Segretariato di Stato per l'economia (Seco) deve recuperare ancora parecchio terreno.
In questi giorni si discute però anche di una revisione del diritto delle commesse pubbliche che contraddice completamente il sistema delle misure d'accompagnamento agli accordi bilaterali.
È vero. Alcuni fanatici del neoliberalismo all'interno dell'amministrazione federale con l'appoggio della maggioranza del governo vogliono abolire delle norme fondamentali che finora valevano nell'aggiudicazione di commesse pubbliche. Secondo loro non si dovrebbero più richiedere il rispetto dei contratti collettivi di lavoro e dei livelli salariali del luogo dove è fornita la prestazione lavorativa.
È soltanto un colpo di testa dell'amministrazione o è già il primo tentativo di smontare il sistema delle misure d'accompagnamento?
Diversi uffici federali, la Commissione della concorrenza, l'Ufficio federale delle costruzioni e della logistica, ma anche i vertici del Seco, quindi la loro fabbrica ideologica, sono sempre stati contro le norme a tutela dei lavoratori. Ma questo passo è particolarmente stupido anche in relazione con l'Unione europea (Ue). Perché se dovessero riuscire nel loro intento, in futuro anche le ditte provenienti dall'Ue potrebbero appellarsi allo standard più basso. Ma a questo punto non ci siamo ancora arrivati. Perché anche le associazioni padronali avranno i loro problemi se i loro membri in Svizzera saranno esposti ad una concorrenza sleale. E anche i cantoni non lo accetteranno tanto facilmente.
Con la sua richiesta di votare di nuovo fra 7 anni sulla continuazione della libera circolazione delle persone intende mettere sotto pressione anche i fanatici del neoliberalismo?
Abbiamo per ora un'esperienza troppo breve su quali sono le ripercussioni dell'apertura del mercato svizzero del lavoro a cittadine e cittadini dei vecchi Stati dell'Ue. E con i nuovi Stati membri dell'Ue la libera circolazione non è nemmeno entrata ancora in vigore. Per questo ritengo che si debba di nuovo creare una nuova occasione di voto per interrogarci sui problemi del mercato del lavoro. Non sappiamo nemmeno che cosa accadrà quando le condizioni economiche saranno peggiorate.
Per il momento all'opinione pubblica sembra interessare soltanto se arriveranno più zingari Rom.
Non la vedo così. Ai cittadini e alle cittadine interessa certamente sapere che cosa succede ai loro salari. Sono piuttosto scettici. Ma ci sono molti buoni motivi di natura economica per avere delle relazioni ben regolate fra la Svizzera e l'Ue. E quindi anche per il sostegno sindacale agli accordi bilaterali, dei quali fa parte la libera circolazione delle persone fra i diversi Stati.
Il suo è un sì alla continuazione della libera circolazione delle persone?
In linea di principio siamo per gli accordi bilaterali. Per questo diciamo anche di sì alla libera circolazione delle persone. Per noi è tuttavia decisivo che il livello salariale svizzero sia assicurato. In quest'ambito abbiamo certamente già ottenuto qualcosa, ma alcuni cantieri sono ancora aperti. Non possiamo sottrarci alla lotta contro la politica di precarizzazione e di liberalizzazione. Il 16 giugno all'assemblea dei delegati dell'Unione sindacale svizzera faremo il nostro bilancio.

Pubblicato il

13.06.2008 01:30
Michael Stoetzel