Giacomo (nome di fantasia) è un ragazzo di 17 anni. È un ragazzo intelligente, impegnato e motivato, insomma un buon apprendista e un buon allievo. Per lui la vita non è facile in questo momento. La sua mamma non sta bene e ha bisogno di cure frequenti, suo padre ha una compagna che non vuole che Giacomo viva con loro. Per cui Giacomo vive con sua madre e si occupa di lei praticamente da solo. Da un po’ di tempo purtroppo la situazione di sua madre si sta complicando. Come è logico immaginarsi, per Giacomo questa situazione è sempre più difficile e onerosa e con il passare del tempo diventa insopportabile: non ce la fa più da solo ad occuparsi e a curare sua madre e nel contempo a vivere la sua vita di adolescente, con tutte le sue contraddizioni, continuando anche la sua formazione e a concentrarsi sullo studio. Giacomo allora si rivolge agli enti che sono preposti per aiutare lui e la sua mamma. Prende un appuntamento e, giunto lì, racconta la sua storia e chiede aiuto. A questo primo incontro seguono, da parte dell’istituzione, richieste varie senza che nel frattempo sia dato a Giacomo alcun sostegno o accompagnamento. Scrive lettere, organizza un incontro con entrambi i suoi genitori e alla fine, con una lettera, Giacomo chiede ufficialmente aiuto a quest’organizzazione. Il tempo passa ma non arriva nessuna notizia e Giacomo continua a doversi occupare da solo di sua madre e di sé. Comincia a perdere la concentrazione a livello di studio, i risultati scolastici peggiorano nettamente, ci si accorge che Giacomo non sta per niente bene, non parla più con nessuno, insomma non è più il ragazzo di prima. Di fronte a tutto ciò e al suo racconto (episodicamente anche di fronte alle sue lacrime silenziose) cerchiamo, come docenti, di fare qualcosa chiedendo a chi di dovere di trovare una rapida ed efficace soluzione. Ci è stato assicurato che si interverrà, ma a tutt’oggi la situazione di Giacomo, dopo quasi sei mesi, è ancora la stessa. Oggi Giacomo rischia molto seriamente di aver compromesso il suo anno scolastico e accenna sempre più spesso all’intenzione di abbandonare la formazione per avere i soldi necessari per trovare una soluzione da solo. Una storia di oggi nel canton Ticino, dove ci si permette di lasciare sola una famiglia in difficoltà per mesi, chiedendo nel contempo ad un ragazzino di avere un comportamento maturo e responsabile, di scrivere, di convincere i genitori ad incontrarsi, di seguire il corretto iter burocratico senza che a tutto ciò si affianchi una decisa e seria presa a carico della situazione di difficoltà di questo ragazzo, né una rapida ipotesi di soluzione. E il risultato è che oggi Giacomo è un ragazzo molto più fragile e sfiduciato di prima, con un futuro decisamente più a rischio. Ma al di là della storia di Giacomo (che penso proprio ce la farà perché è un ragazzo intelligente e capace, ma con quanta inutile sofferenza e fatica) tutto ciò è inammissibile. E la colpa, gli è stato detto, è dei tagli, dei risparmi necessari a livello di servizi, del poco tempo a disposizione per i singoli casi eccetera. Ma oltre alla cecità finanziaria di questo modo di affrontare le cose (infatti quello che si risparmia oggi costerà enormemente di più domani, se Giacomo non dovesse farcela a superare questo momento di difficoltà), mi chiedo dove sia finita la scala dei valori umani e quali siano oggi le priorità dell’agire pubblico. E vi garantisco che per noi docenti, che abbiamo il dovere di insegnare a questi ragazzi ad essere responsabili, a sentirsi parte attiva di una comunità che lavora nell’interesse di tutti, è davvero difficile farcela. Come diavolo possiamo riuscirci di fronte a queste cose? Come facciamo a convincerli che, al di là delle promesse elettorali, la cosa pubblica si occupa e preoccupa delle loro necessità? E la politica come ne esce da tutto ciò? Che figura fa agli occhi dei nostri ragazzi? Forse allora la scarsa partecipazione alle urne registrata il 9 febbraio scorso da parte dei giovani sotto i 30 anni qualche legame con storie come quelle di Giacomo rischia di averla. Senza dimenticare che noi abbiamo una storia dello Stato alle spalle e i ricordi di quanto si è fatto in passato. Loro non possono che conoscere e vivere questo presente! |