In Svizzera i controlli di polizia a sfondo razzista sono un problema molto più diffuso di quanto comunemente si pensi. Ricerche e inchieste condotte negli ultimi anni confermano che le persone di colore, i migranti, i musulmani, i richiedenti l’asilo, i sans-papier, i nomadi, le lavoratrici e i lavoratori del sesso hanno molta più probabilità di essere fermati per strada senza alcuna ragione evidente, semplicemente per il loro aspetto. Tutto questo è ovviamente contrario alle nostre leggi e al diritto internazionale, ma succede. E le vittime hanno pochissime chance di ottenere giustizia, perché i tribunali tendono a giustificare sempre l’agire delle forze dell’ordine (anche laddove la discriminazione è evidente) o perlomeno a non sanzionarlo. Si chiama razzismo istituzionale. Paradigmatico è il caso del testimone di una scena di questo tipo consumatasi nel 2017 a Basilea che ha avuto il coraggio di intervenire per chiedere spiegazioni ma che alla fine si è ritrovato condannato per aver impedito un atto (illegale) dell’autorità. Chi non è mai stato confrontato con questi abusi non arriva forse a comprendere gli effetti nefasti per le persone colpite, che vanno molto al di là dell’episodio del controllo. Queste persone – rileva un recente studio – si sentono umiliate e provano vergogna, come fossero «attrazioni da circo», «esseri inferiori» con «diritti limitati». Quando i controlli avvengono in luogo pubblico devono poi subire (durante e dopo) gli sguardi incuriositi e spesso maligni dei passanti. Provano poi sensi di colpa e in parte paura: questo li porta sovente a evitare determinati posti o a rinunciare alle uscite serali. Come risulta dalle testimonianze raccolte dai ricercatori, queste persone il razzismo lo vivono anche in altri ambiti della vita (nella ricerca di una casa, nelle relazioni con le autorità, sul posto di lavoro) e sono consapevoli che i controlli di carattere discriminatorio della polizia sono solo la manifestazione di un problema più globale, che va combattuto dunque su più livelli. Ma è innanzitutto dal comportamento dei rappresentanti dello stato (come è la polizia) che si deve incominciare, nella consapevolezza che certe pratiche contribuiscono a diffondere nella società la cultura del dominio, a criminalizzare interi gruppi di persone, ad alimentare risentimenti sociali e a sdoganare il razzismo.
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