I padroni sono di casa a Lugano

Situazione del parco edifici nella città di Lugano. Nella sua radiografia statistica della Nuova Lugano, Elio Venturelli non ha preso in considerazione tutto l'edificato. «Poiché ci interessiamo in modo particolare ai risvolti sociali di questa realtà, ci sembra che il comparto abitativo sia quello più pertinente per la nostra analisi» scrive l'autore nella nota introduttiva al capitolo edifici. Dunque, soggetto del seguente articolo saranno esclusivamente gli edifici nei quali si abita.
Nel capitolo sugli alloggi di Venturelli un primo dato che emerge dall'analisi, basata sul censimento federale del 2000, è che la stragrande maggioranza degli edifici appartiene a persone fisiche. «Su 5628 edifici, ben il 96 per cento (5398) sono di proprietà di privati». Non appartengono quindi a società tipo casse pensioni, assicurazioni varie o qualsiasi tipo di società, ma a persone in carne e ossa. Il fatto che la riscossione degli affitti sia gestita da amministrazioni di stabili rende forse meno apparente agli occhi del cittadino questo dato. L'ente pubblico (Confederazione, Cantone, Comune) nel 2000 era proprietario di «32 stabili in tutto».
Interessante sarebbe riuscire a capire la concentrazione della proprietà degli oltre 5mila stabili abitativi di Lugano. In altre parole, sarebbe stato interessante sapere quanti stabili appartengono a quanti proprietari o se invece si possa parlare di una proprietà diffusa tra più privati. Questo dato permetterebbe di conoscere se a Lugano esiste o meno una concentrazione del mercato immobiliare in poche mani oppure no. Purtroppo però non esiste in Svizzera una raccolta dati trasparente che permetta di rilevare la concentrazione della proprietà.
A fronte del dato di un'alta percentuale di proprietà di persone fisiche degli stabili abitativi del 96 per cento, diventa interessante accostarlo ad un'altra cifra di persone in carne ed ossa: il 78,5 per cento dei cittadini di Lugano sono inquilini. Una percentuale superiore alla media cantonale del 59,5 per cento. Una proporzione che aumenta inversamente alla grandezza degli appartamenti. «Il 93,4 per cento dei monolocali di Lugano nel 2000 era in affitto, mentre lo era solo il 45 per cento delle abitazioni con 5 e più locali" si legge nello studio.
Restando al tema delle dimensioni degli appartamenti, Venturelli giunge ad un'altra considerazione, seppur lo stesso autore avvisi che sia un'ipotesi ancora da verificare: «Probabilmente il mercato dell'alloggio luganese è suddiviso in due comparti. Il primo riservato prevalentemente agli svizzeri con abitazioni più spaziose e affitti più cari, localizzate nelle zone pregiate. Il secondo riservato piuttosto agli stranieri, con abitazioni più piccole, in edifici standard modesti e probabilmente in stabili vecchi non ancora ristrutturati, con affitti più bassi.» Ma cosa permette a Venturelli di formulare una tale ipotesi? Dapprima alcuni dati: il 45,9 per cento dell'economie domestiche di svizzeri è costituita da persone sole e il 30,3 per cento da due persone. Solo un'economia domestica svizzera su quattro residente a Lugano è composta da almeno tre persone.
Ciò significa, deduciamo noi, che le famiglie svizzere appena nascono dei figli tendono a fuggire dalla città per insediarsi in periferia. Va detto che questi dati sono stati estrapolati dal censimento federale del 2000, cioè prima del processo di aggregazioni che ha portato alla Grande Lugano. Sarà dunque interessante osservare il fenomeno in base alla nuova dimensione territoriale di Lugano.
Per tornare ai dati analizzati da Venturelli relativi alle economie domestiche in base all'origine, l'autore dello studio constata che «le economie domestiche straniere con 3 e più membri sono proporzionalmente più numerose, ed occupano appartamenti più piccoli degli svizzeri».
Questi ultimi dati ci portano ad un argomento recentemente molto dibattuto sui giornali a proposito di Lugano: la politica degli alloggi popolari. O meglio della sua scarsa valenza nel comune di Lugano, sollevata dalla paventata distruzione degli stabili Tami a Molino Nuovo. Un'assenza di politica che viene sovente associata all'assenza di una pianificazione d'insieme per il territorio cittadino. Per meglio descrivere la situazione, prendiamo a prestito le autorevoli parole dell'architetto Tita Carloni espresse su questo giornale: «Non credo che la città di Lugano abbia mai fatto in proprio od in combinazione con altri enti una vera politica di sostegno dell'alloggio popolare, come è sempre avvenuto a Zurigo, a Basilea, a Ginevra, a Bienne, a Le Locle…»  L'architetto Carloni più in là scrive: «non ha mai pensato la città di Lugano, sul modello delle grandi e medie città svizzere, di stabilire contatti ed accordi, di avviare iniziative combinate per realizzare alloggi popolari ? E se non l'ha fatto, perché? Per "non inibire lo sviluppo economico della città" da parte dell'iniziativa privata come qualcuno ha detto e scritto in questi ultimi giorni?» (area del 29 febbraio 2008, in "Appunti per Giovanna Masoni").
Chiudiamo con questi importanti quesiti rimasti ancora senza risposta. Si constata che nemmeno con la battaglia elettorale in corso per i seggi municipali, questi importanti quesiti di fondo per una politica del territorio comunale attiva siano stati elementi di discussione…


"Ci vuole una nuova cultura"

Contitolare di uno studio di ingegneria civile, docente alla Supsi, residente a Carabbia e candidata del Partito socialista al Municipio di Lugano. Questo il ritratto di Cristina Zanini Barzaghi, alla quale abbiamo chiesto un parere sui temi urbanistici, proprio partendo dalla sua esperienza professionale.

Qual è la sua proposta di politica dell'alloggio e urbanistico nel caso fosse eletta in Municipio?
Sono molti gli aspetti sui quali intervenire. Prima di tutto ritengo fondamentale raggruppare le competenze di questo particolare ambito in un unico Dicastero. Oggi invece il territorio è affidato ad un municipale e la pianificazione ad un altro municipale. La gestione del territorio deve essere gestita da un unico dicastero, da un solo municipale. Un secondo settore d'intervento è nell'ambito della ristrutturazione degli stabili. A Lugano, ed emerge chiaramente dallo studio di Elio Venturelli, ci sono molti stabili costruiti prima del 1971 che non sono mai stati rinnovati. Invece di una politica di abbattimento degli stabili, sarebbe necessario promuovere una politica della ristrutturazione. Si tratta di un mercato trascurato nel quale il settore pubblico può intervenire concretamente. L'autorità comunale potrebbe favorire la ristrutturazione degli stabili, magari sottoforma di aiuti finanziari ai proprietari, oppure sostenendo la creazione di cooperative di inquilini interessati a diventare comproprietari dello stabile in cui vivono. Nelle altre città svizzere l'esempio di cooperative di inquilini divenuti proprietari è una realtà importante. Nella concessione degli aiuti in caso di ristrutturazione andrebbero correlati dei criteri ecologici, come Minergie. Un'altra possibilità d'intervento politico per limitare la speculazione edilizia è l'obbligo del rispetto degli indici sugli stabili esistenti. Ciò significa dire: "in questa zona non si può costruire più di quanto sia stato costruito". Questo permetterebbe di evitare una speculazione sugli immobili. Fondamentale però ritengo sia favorire la diffusione di una cultura della costruzione e del rinnovo. Per farlo, credo sia necessario creare all'interno del Dicastero del Territorio "un osservatorio architettonico e della divulgazione del costruire". Il suo scopo sarebbe quello di far interagire l'ente pubblico con i proprietari, sostenendoli nella realizzazione di una cultura della costruzione in una visione d'insieme della collettività. Secondo la mia esperienza personale a Lugano manca la cultura del preservare, un'assenza che porta ad una progressiva distruzione del territorio. Sono convinta che anche gli speculatori possono fare un'architettura di qualità. La sensibilizzazione è però un ruolo che spetta al servizio pubblico.
Recentemente, lei ha preso posizione sul prospettato nuovo quartiere di Cornaredo. Il comune ha proposto un piano regolatore di quartiere. Non è sufficiente?
La pianificazione di Cornaredo è stato un buon passo in avanti. Il problema è che il piano regolatore fornisce delle norme tecniche sulle quali le interpretazioni possono anche divergere. Ora occorre fare un passo successivo, quello di riunire attorno ad un tavolo tutti gli attori interessati sul quartiere, dai potenziali investitori agli attuali proprietari dei fondi. È in questo senso che intendo il ruolo propositivo dell'ente pubblico nella gestione di uno spazio pubblico, di un quartiere.
Le sottopongo ora delle proposte provenienti da altri schieramenti politici sul tema degli alloggi. Da alcuni mesi, Giuliano Bignasca sostiene che a Lugano si stia costruendo in maniera eccessiva, arrivando a proporre una moratoria che blocchi le nuove costruzioni per una decina di anni. Come giudica questa proposta?
Potrebbe essere un'idea, anche se è chiaro che il settore edile, ovviamente, non lo gradirebbe. Credo però che più che una politica fatta di obblighi, che genererebbe tante resistenze, sia necessario stimolare una cultura della costruzione diversa da quella attuale.
La Consigliere comunale Maddalena Ermotti-Lepori propone di vendere nei prossimi quattro anni beni patrimoniali del comune che non sono a pigione moderata e con il ricavato finanziare la costruzione di alloggi popolari. Come valuta questa proposta?
Credo che Lugano abbia sufficienti mezzi finanziari per costruire alloggi popolari senza dover ricorrere alla vendita dei suoi stabili. Anzi, come evidenzia lo studio Venturelli, l'ente pubblico è proprietario di un numero insignificante di stabili abitativi rispetto al totale (32 su 5'628, ndr). Per questo motivo credo che l'autorità comunale debba piuttosto investire negli alloggi a pigione moderata. Sono anche convinta che l'ente pubblico possa farlo dando il buon esempio, utilizzando tutti quei criteri di costruzioni ecologiche.

Pubblicato il

11.04.2008 03:00
Francesco Bonsaver
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