Controlli ingiustificati e trattamenti umilianti da parte della polizia, discriminazioni razziali a scuola, episodi di razzismo persino da parte di un anziano residente in casa di riposo; minacce razziste dal superiore sul posto di lavoro e, poi, discriminazioni da parte di un’agenzia immobiliare, di un vicino di casa, del pronto soccorso. Sono solo alcuni esempi tratti dalle 1.211 segnalazioni che, in un anno, sono state inoltrate ai consultori della Rete di consulenza per le vittime di razzismo, poi riassunte in un monitoraggio annuale. Quello del 2024 è inesorabile: i casi segnalati sono aumentati del 40% rispetto al 2023, raddoppiati rispetto al 2021. Le discriminazioni a sfondo razzista si concretizzano, più spesso, in disparità di trattamento, esternazioni moleste e ingiurie, e nella stragrande maggioranza dei casi sono mosse da xenofobia, razzismo contro persone nere e razzismo anti-musulmano. L’ambito in cui le discriminazioni avvengono più sovente è quello della formazione – soprattutto nella scuola dell’obbligo –, seguito dal luogo di lavoro. Numeri allarmanti, questi, che impongono una riflessione urgente: noi ci siamo rivolti alla presidente della Commissione federale contro il razzismo Ursula Schneider Schüttel. Signora Schneider Schüttel, in Svizzera, gli episodi di razzismo sono esplosi. Come leggere questa tendenza? È aumentata la consapevolezza delle vittime e la disponibilità a denunciare, o la causa è l’aumento dell’intolleranza e del razzismo tra la popolazione? Diversi fattori devono essere presi in considerazione. Da un lato, la società è diventata più consapevole del problema del razzismo, il che significa che le persone interessate, così come anche i testimoni, sono più propensi a denunciare. Inoltre, i servizi offerti dai consultori hanno ottenuto, nel corso degli anni, più visibilità. Oltre a ciò, la situazione geopolitica e quella sociale influenzano a loro volta il problema del razzismo. Abbiamo osservato, in più, che il dibattito politico ultimamente si è fatto molto più polarizzato, e che i commenti razzisti o xenofobi sono sempre più comuni. Ci sono anche partiti politici, sia all’estero che in Svizzera, che conducono strategicamente campagne xenofobe. Lo studio è esaustivo per quanto riguarda la reale portata del razzismo in Svizzera o ci sono fenomeni di razzismo difficili da individuare? No, lo studio non è esaustivo. Ogni anno, nei nostri monitoraggi, ripetiamo che i dati raccolti mostrano solamente la punta dell’iceberg. Ci sono infatti molti casi che ancora non ci vengono segnalati. Rendere visibile il razzismo strutturale è una grande sfida, perché quest’ultimo è spesso inconscio e quindi difficile da dimostrare. Gli ambiti della vita in cui il razzismo si manifesta più sovente sono quelli dell’istruzione e del posto di lavoro. Perché? Questo dato non ci sorprende perché, rispetto ad altri ambiti della vita, le persone trascorrono gran parte del loro tempo al lavoro o a scuola. Si tratta, inoltre, di ambiti della vita che accomunano molte persone. Il razzismo, in Svizzera, è un problema strutturale? Se sì, è possibile individuarne delle cause storiche e culturali? Il razzismo ha sempre un aspetto strutturale, e questo non vale solo per la Svizzera. Il razzismo strutturale è un meccanismo di discriminazione o di esclusione di gruppi di persone, meccanismo che affonda le sue radici nella nostra società e che si manifesta in valori, azioni e rappresentazioni normative che si sono sviluppate nel corso della storia. Un esempio di questo è il colonialismo. Spesso si associa il razzismo all’ascesa dei partiti di destra e di estrema destra sulla scena politica, come se questi ne fossero in qualche modo la causa. Questa interpretazione è corretta oppure ci sono dei fenomeni sociali che contribuiscono all’aumento del razzismo? Guardando alle ragioni che stanno causando l’aumento degli episodi di razzismo, notiamo che il dibattito politico è diventato fortemente polarizzato. Il rafforzamento dei partiti di destra e di estrema destra contribuisce senza dubbio all’aumento dei casi segnalati ai consultori della Rete di consulenza per le vittime del razzismo. Un’altra causa può essere rilevata anche nei social network, che sono degli strumenti molto polarizzanti: è infatti molto più facile agire in modo discriminatorio o addirittura razzista se non si ha nessuno davanti e se si può agire nell’anonimato. Lo vediamo nei messaggi che riceviamo sulla nostra piattaforma online per la segnalazione di discorsi di odio razzista su Internet, “reportonlineracisme.ch”: di recente, come si vede nel rapporto 2024, il numero di segnalazioni è aumentato notevolmente. I servizi offerti dalla Rete rispondono alle legittime esigenze delle vittime di razzismo, fornendo cioè servizi di consulenza, di informazione e supporto. Ma cosa si fa per le persone accusate di razzismo? In generale, come intervenire a livello di prevenzione e come integrare queste persone in un processo di sensibilizzazione? In linea di principio, anche le persone accusate di razzismo potrebbero rivolgersi ai centri di consulenza. E questo, anche se non di frequente, a volte accade. Si può sempre fare di più per sensibilizzare l’opinione pubblica, e per farlo si deve cominciare dalla scuola, che è il luogo dove possiamo raggiungere maggiormente le persone poco consapevoli del problema del razzismo. Oltre a ciò, è difficile cambiare una persona apertamente razzista. Fortunatamente si tratta di una piccola parte della popolazione, anche se a volte sembra molto rumorosa. In generale, quindi, possiamo dire che una parte importante della prevenzione sta nell’educazione e nella veicolazione di informazioni e di riferimenti. Pensa che la repressione del razzismo dovrebbe essere più incisiva? Ciò che manca è in particolar modo una protezione efficace nel diritto civile, soprattutto nei settori dell’occupazione e dell’alloggio. In questo ambito, gli strumenti giuridici dovrebbero essere rafforzati, come da tempo chiede la nostra Commissione federale contro il razzismo. |