La prima cosa che deve fare un governo che voglia instaurare uno Stato di polizia è individuare i nemici – del governo, non certo dello Stato e della democrazia – e la seconda è metterli in galera, o perlomeno neutralizzarli e renderli silenti. Per il governo Meloni i nemici sono tanti, i primi a essere colpiti pochi mesi fa con una legge apposita sono stati i ragazzi dei rave a cui è stato tolto il diritto a riunirsi, e se ci provano giù botte e galera.
Le seconde vittime sono gli studenti dalla prima media in su, che hanno meritato l’onore di una riforma varata in settimana che li colpirà con la reintroduzione a scuola del voto di condotta, e saranno guai per i discoli che non raggiungeranno la sufficienza. La repressione colpisce anche il diritto di cronaca e saranno guai per i giornalisti che fanno il loro mestiere, cioè che oseranno pubblicare notizie sempre più coperte dal segreto d’ufficio. Ma il grosso dei nemici il governo più di destra dell’Italia repubblicana li individua con il disegno di legge già approvato dalla Camera dei deputati e in discussione al Senato per il varo definitivo, almeno nell’intenzione del governo. L’elenco è lungo ed è sciorinato nel DDL 1660, insieme alle nuove norme liberticide. In testa tra i nemici, naturalmente gli operai, con la trasformazione da reati amministrativi a reati penali dei picchetti davanti alle aziende nel corso delle proteste sindacali, nonché dei blocchi stradali o ferroviari. Sono “delitti”, ha dichiarato il ministro degli interni Piantedosi, e come tali verranno trattati con la reclusione dai sei mesi ai due anni. La legge ce l’ha soprattutto con gli scioperi e le proteste nel settore della logistica dove opera in condizioni disumane il nuovo proletariato, e aggiunge il ministro di polizia che spesso le proteste sono organizzate da sindacati minori, tipo Cobas. È un attacco evidente al diritto di sciopero, ma parla anche ai giovani ambientalisti e alle loro forme di lotta, fino a prevedere la galera da 18 mesi a 5 anni per chi “danneggia beni in luogo pubblico”. Piantedosi non poteva dimenticarsi dei No Tav, No Ponte (di Messina), No Trivelle (in Adriatico). Per chi durante una manifestazione provoca lesioni a un pubblico ufficiale (magari per proteggersi dalle manganellate) c’è l’arresto in flagranza differita. Ed è la volta di chi (come l’europarlamentare Ilaria Salis, per intenderci) occupa un immobile che dovrà mettere in conto una condanna da 2 a 7 anni di carcere. I figli dei fiori non vengono risparmiati: la stretta è sulla cannabis light, equiparata alle droghe già illegali, una decisione insensata che peraltro mette a rischio una filiera che occupa più di 10mila persone. Nell’elenco dei nemici della “Nazione” non potevano mancare i migranti: a chi è in attesa del visto di soggiorno o dell’asilo è impedito l’acquisto di una SIM, in sostanza non potrà telefonare alla famiglia in Sudan o in Siria o in uno dei tanti paesi da cui è fuggito. Una norma iniqua, persecutoria, disumana. Né potrà protestare per le condizioni in cui è costretto a vivere in un CPR (centro per il rimpatrio) equiparato al carcere. Lo stesso divieto varrà infatti per tutti i detenuti con l’introduzione del reato di rivolta, persino in caso di resistenza passiva o disobbedienza. A questo si aggiunge il “reato di istigazione alla disobbedienza” che prevede l’aggravante in caso venga commesso in carcere o nei confronti di detenuti. È la risposta alla crescita abnorme dei suicidi e dei pestaggi da parte della guardie carcerarie in istituti di pena sovraffollati fino alla disumanizzazione dei detenuti. Il carcere è l’unica risposta del governo Meloni ai problemi spesso di natura sociale o a reati provocati da leggi indecenti come la Bossi-Fini per i migranti costretti alla clandestinità. Ce n’è anche per le donne in un articolo non a caso chiamato anti-rom: abolito l’obbligo per il giudice del rinvio della pena se la condannata è incinta o madre di un figlio con età inferiore a un anno. In galera, lei, il nascituro e il neonato. È infine prevista l’estensione ad libitum del DASPO, dai reati connessi delle tifoserie sportive ad altri reati. Concluso l’elenco dei cattivi colpiti da nuove norme o dall’aggravamento di quelle già esistenti, vanno segnalate invece le modifiche previste per le forze dell’ordine autorizzate a detenere e portare con sé una seconda arma, aggiuntiva a quella d’ordinanza scelta a piacere senza specifica licenza, anche fuori dal servizio. Inoltre, è prevista l’introduzione della bodycam a tutela dell’operato del poliziotto, mentre è escluso qualsivoglia elemento o numero identificativo dell’agente che nel caso di un reato da lui commesso rischierebbe di essere identificato dalla vittima. Dulcis in fundo, agli agenti “regolarmente” infiltrati in movimenti o gruppi sarà garantita l’immunità in caso di reati commessi in servizio. Da agenti infiltrati a provocatori, il passo è breve. “La sicurezza si realizza investendo sulla sanità, superando la precarietà, colpendo l’evasione fiscale. Non limitando la libertà delle persone”. Con queste parole Maurizio Landini, segretario generale del più forte sindacato italiano, ha commentato il DDL in discussione al Senato nel corso delle manifestazioni di protesta indette in tutt’Italia dalla CGIL e dalla UIL (ancora una volta assente la CISL) a cui hanno aderito i partiti di opposizione, le associazioni ambientaliste, antifasciste, studentesche, dall’ARCI all’ANPI a Legambiente. L’Italia che resiste, la stessa che in pochissimi giorni ha raccolto più di mezzo milione di firme per un referendum sulla cittadinanza a chi da anni vive e lavora in Italia o addirittura vi è nato, ma da genitori stranieri. |