Non si muove foglia nella società italiana senza che ci sia lo zampino dei metalmeccanici della Fiom. Da sempre i rapporti di forza del più importante sindacato industriale determinano orientamenti politici e sociali, potremmo dire che rappresentano un robusto elemento di instabilità rispetto allo stato di cose esistenti. Anche oggi, alla vigilia delle elezioni di aprile, è la Fiom-Cgil che dice le cose più nette alle forze del centrosinistra che si preparano a riscattare le redini di un governo rimasto prigioniero per cinque anni nelle mani di Berlusconi.
Di fronte alle incertezze e alle divisioni dell’Unione sulle questioni del lavoro, la Fiom chiede sic et simpliciter quel che è nell’animo di tutti i lavoratori italiani: la legge 30 che sregola i rapporti di produzione riducendo il lavoro a merce, precarizzandolo attraverso una cinquantina di forme contrattuali diverse, dev’essere abolita. Ormai la maggioranza delle assunzioni in Italia avviene attraverso forme atipiche, a termine e in affitto, spesso nascondendo sotto la voce “lavoro autonomo” rapporti tipicamente dipendenti. La stessa coerenza e radicalità è applicata dalla Fiom su tutte le peggiori svolte dell’era berlusconiana: dalla “privatizzazione” di una scuola sempre più di classe e confessionale, alla legge razzista Bossi-Fini contro gli immigrati, alla guerra come variante ormai quotidiana del liberismo economico, anzi sua forma di espressione data. Infine, per tornare ai rapporti di produzione, la Fiom chiede all’Unione – nonché alla “madre” Cgil, a Cisl e Uil – una legge che regoli la rappresentanza sindacale e garantisca la democrazia nei posti di lavoro da cui è rimasta finora esclusa. Una testa un voto, è il principio fondativo di questo ragionamento che si completa con il diritto dei legittimi titolari degli accordi e dei contratti (i lavoratori) a poter decidere attraverso il voto, mediante referendum.
La Fiom è arrivata al suo 24esimo congresso nazionale in corso di svolgimento a Montesilvano, forte di un risultato straordinario quanto inaspettato: la firma di un buon contratto, siglato unitariamente con Fim e Uilm, che chiude una terribile stagione di contratti separati tra i padroni e i sindacati metalmeccanici di Cisl e Uil. Il risultato – 100 euro di aumento e 130 per chi non ha la contrattazione di secondo livello, difesa del principio che conserva alle Rappresentanze sindacali unitarie (Rsu) il diritto di trattare con le controparti eventuali modifiche dell’orario e gli straordinari – è ancor più importante in quanto si è realizzato in presenza di una durissima offensiva padronale, con la pretesa di Federmeccanica di cancellare la contrattazione nei posti di lavoro riprendendo l’intero comando sulla prestazione lavorativa. Il territorio dei metalmeccanici, ancora una volta, è stato il luogo si sperimentazione di un conflitto che riguarda l’intero mondo sindacale e lavorativo: se fosse passata Federmeccanica, Confindustria avrebbe poi riscritto le regole del gioco cancellando di fatto i contratti nazionali. L’operazione è stata fermata dai meccanici, ma la partita non è chiusa e toccherà probabilmente al centrosinistra il ruolo di arbitro, sperando che non si comporti come quegli arbitri che stanno aiutando la Juventus a vincere il campionato di calcio.
La Fiom, dunque, può ora permettersi di tenere aperto un confronto anche dentro la Cgil, grazie alle legittimazioni raccolte nei conflitti sociali. In fabbrica, come è successo alla Fiat di Melfi, e nei movimenti che si battono contro la guerra e il liberismo. Si può dire che in più occasioni i metalmeccanici hanno salvato la faccia di una timida Cgil (merita considerare che mentre la Cgil compie i suoi primi cent’anni, la Fiom di anni ne ha 105 e ha contribuito a fondare la confederazione di cui è parte). Nel ’99 la Fiom era l’unico sindacato schierato contro la “guerra umanitaria” in Kosovo, quella del centrosinistra; nel 2001 era a Genova a fare da schermo durante gli scontri del G8 e la sua presenza impedì che la generazione che crede in un altro mondo possibile restasse sola di fronte al mondo dato e alle sue forze armate; persino nella lotta degli abitanti della Val di Susa contro l’Alta velocità e in tutti i movimenti che si battono in difesa dei beni comuni, la Fiom è in prima fila con i suoi militanti. Militanti che rappresentano la punta avanzata dei quasi due milioni di metalmeccanici italiani. Sarebbe bene che la Cgil cominciasse a vedere nella Fiom la sua principale risorsa, e non più un problema. Assumendone le parole d’ordine: autonomia, democrazia, pacifismo.
L’Italia “infestata dai comunisti”
Nella vecchia Europa c’è un paese infestato dai comunisti. Li trovi alla guida dei giornali e delle tv, si nascondono nei caveaux delle banche, hanno espugnato i palazzi di giustizia. Insomma, i comunisti hanno il potere assoluto e tra poche settimane potrebbero mettere le loro rosse mani sull’ultima roccaforte della Casa delle Libertà: il governo. Italiani, fermateli prima che sia troppo tardi.
Questa è l’Italia raccontata quotidianamente da Silvio Berlusconi con una tenacia degna di miglior causa, al cui confronto l’oratoria di Fidel Castro impallidisce. Lo ripete sulle sue tv, quelle Mediaset, e su quelle pubbliche, la Rai che è anche sua. È un’ossessione, Berlusconi, lascia indietro di molte lunghezze persino i comici che lo sfottono dai teatrini di provincia, essendo stati espulsi dalle reti pubbliche. La strategia di sua Sua Emittenza per sconfiggere “i comunisti” e concentrare su Forza Italia i voti raccolti dai suoi alleati non prevede pause né zone franche. E siccome tutti i sondaggisti danno in vantaggio le forze dell’Unione, ecco che anche le società che interrogano i cittadini sulle intenzioni di voto vengono accusate d’essere al soldo dei comunisti, al punto che il povero Berlusconi è stato costretto a dare l’incarico di prevedere il futuro a una ditta americana, dunque obiettiva.
A chi gli dice: è difficile vendere l’immagine di un Prodi assetato di sangue a cavallo del suo destriero cosacco, intento a conquistare Palazzo Chigi per poi espugnare piazza San Pietro, brandendo la falce e il martello e cantando Bandiera rossa. Non siate ingenui, risponde Lui, Prodi è un uomo di facciata: qualora le sinistre vincessero a capo del governo metterebbero D’Alema, che non possono candidare direttamente in quanto è un ex comunista. Ma un ex comunista che cos’è, se non un comunista camuffato? In quel che scriviamo non c’è alcuna esagerazione, ma la sbobinatura di un qualsivoglia intervento del Cavaliere. Provate a pensare che incubo, ascoltarlo ogni volta che si accende la tv, o la radio, o si apre un giornale. Attenti però: il presidente uscente è sì ossessionato, ma non matto. O, se è matto, è pericoloso e va preso sul serio. Negli ultimi mesi della legislatura ha varato più leggi ad personam e ad partitum di quante non sia riuscito a farne nei precedenti 4 anni e mezzo. Ha persino cambiato a colpi di maggioranza la legge elettorale, introducendo un proporzionale taroccato, falsato da incredibili premi di maggioranza, nel tentativo se non di ribaltare il risultato delle urne, almeno di ridimensionare la sconfitta. Ha regalato il mezzo proporzionale ai nervosi centristi dell’Udc e ai leghisti la ferita alla Costituzione attraverso la devolution. Ha fatto condoni, rinviato la par condicio sine die aprendo un pericoloso conflitto istituzionale con il presidente Ciampi che continua a rinviare alle camere leggi che poi regolarmente vengono imposte dalla Casa delle libertà. Dunque, attenzione a vendere la pelle dell’orso prima di averlo liquidato.
L’armata Brancaleone che lavora alla sconfitta di Berlusconi è unita su un solo punto: sconfiggere Berlusconi, obiettivo che nonostante le tv è ancora condiviso dalla maggioranza degli italiani. Di tutto il resto, meglio non parlare. Ds, Margherita, Rifondazione, Verdi, Pdci, Udeur, Radicali e socialisti dello Sdi pensano cose diverse sulla guerra, sul lavoro, sull’immigrazione, sull’ingerenza vaticana su salute, diritti, aborto, pacs, sulla scuola. Quel che prevale è la moderazione, evitare gli scossoni e fare un po’ meno peggio di Berlusconi. Obiettivo tutt’altro che difficile. Il programma dell’Unione, non essendo chiaro, è composto di oltre 400 pagine. Ma di questo e del balletto aperto sulle cariche istituzionali in caso di vittoria (Presidenza della Camera e del Senato e, soprattutto, Presidenza della Repubblica) avremo occasione di parlare più approfonditamente avvicinandoci alla data del voto. |