Tutti i nostri media, di solito molto poco attenti a cosa capita a livello politico in tante parti del mondo, sono oramai strapieni di articoli e di analisi più o meno intelligenti sulla baraonda delle primarie americane, anche se nessuno si sofferma sull’aspetto fondamentale e cioè che la democrazia di stampo Usa è oramai ridotta a ben poca cosa, dato che a quelle latitudini a dominare a piacimento è oramai l’oligarchia finanziaria.
A me questo processo delle primarie interessa quasi esclusivamente come spia di cosa sta avvenendo all’interno della società statunitense. Molti qui si sono scandalizzati per le affermazioni fuori di testa di Donald Trump: noi però con i vari Blocher e Bignasca non è che stiamo molto meglio, anzi ultimamente pare addirittura che la nuova star dell’Udc Roger Köppel (direttore della Weltwoche) stia addirittura riabilitando almeno in parte a personaggi come Goebbels.


Il dato sociologicamente più importante e per molti sorprendente che sta consolidandosi negli Stati Uniti è però un chiaro spostamento a sinistra della gioventù, soprattutto nella fascia d’età 18-25 anni.
Nelle prime tornate delle primarie, all’incirca tre quarti di questi giovani hanno votato per Bill Sanders, l’unico membro del parlamento statunitense che si proclama apertamente socialista e che già con i suoi comizi aveva attirato folle di giovani come altrimenti si vedono solo ai concerti rock. Anche uno studio recentemente pubblicato dall’Università di Yale, una delle più quotate nel panorama accademico statunitense, dimostrava chiaramente questo spostamento a sinistra dei cosiddetti Millennials, cioè dei giovani nati dopo il 1990. In questo studio, mentre i genitori si esprimevano a maggioranza a favore del sistema capitalista, i figli si pronunciavano a maggioranza per il socialismo e contro il capitalismo, quale sistema politico ideale per la società del futuro.


Ora è pur vero che una rondine non fa primavera, ma è altrettanto consolidato il fatto che spesso i cambiamenti sociologici nella società statunitense precedono di un paio di anni quanto poi avviene in Europa. Era stato così anche per il Sessantotto, che era stato preceduto dai movimenti contestatari soprattutto nelle università californiane. E molte università statunitensi sono attualmente tutto un subbuglio, soprattutto a partire dalla questione del persistente razzismo contro gli afro-americani.
Recentemente Donald Tusk, il molto conservatore politico polacco presidente del Consiglio europeo, dichiarava a Le Monde con palese orrore che i tempi che corrono gli ricordavano i mesi precedenti il Sessantotto. Per una volta speriamo di tutto cuore che abbia ragione.

Pubblicato il 

17.02.16
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