I francobolli, i treni e il sindacato

«Le tariffe postali non sono trasparenti. Non è ammissibile che per spedire una lettera poniamo da Monte Carasso ad Arbedo ci vogliano 90 centesimi come da Bellinzona a Sciaffusa. Dovremmo esigere, per la corrispondenza all’interno del cantone, tariffe che rispecchino il costo reale dell’invio. Pensandoci bene, anche i prezzi dei trasporti pubblici sono a dir poco opachi: per un dato percorso, i viaggiatori pagano tutti la stessa tariffa nonostante il peso diverso, evidentemente in nome di un’assurda ideologia egualitaristica. Invece bisognerebbe fare in modo che chi pesa di più paghi di più...» A simili stupidaggini capiterà prima o poi di venir pubblicate su qualche settimanale festivo cantonale. Dopo alcuni giorni, “area” aprirebbe con un fondo intitolato «Ma si può?!» con il punto interrogativo seguito dall’esclamativo. Sulla “Regione” apparirebbe un commento intelligente firmato da una di quelle persone di buon senso che per fortuna esistono ancora in questo cantone. L’Associazione delle consumatrici invece pubblicherebbe un’analisi nella quale sarebbero messi in rilievo i vantaggi per i consumatori di tali misure rispettose delle leggi del mercato. Insomma, dopo un po’ di tempo le misure, come dire?, “trasparenti” verrebbero messe in atto. Il “Corriere del Ticino” troverebbe il modo di inserire all’interno di una cronaca spiritosa del primo giorno di applicazione delle nuove norme questa frase: «…fra i distratti-autolesionisti che hanno continuato ad affrancare le loro lettere con un francobollo da 90 centesimi vi sono alcuni conservatori ancora tenacemente attaccati a un egualitarismo ormai sorpassato…». Il brutto sogno potrebbe anche avere un finale meno tragico: un’Associazione per la difesa della posta e dei trasporti pubblici riuscirebbe a promuovere un referendum abrogativo, che vincerebbe con un discreto margine di voti. Resta il fatto che l’idea sarà stata oggetto di discussione, sarà entrata nel senso comune; la stupidaggine sarà divenuta cosa seria, la sfrontatezza e l’indecenza idee politiche al pari di altre che invece sono costate sangue per acquisire il diritto di cittadinanza. Il segreto del successo di tali idee, successo che è sotto i nostri occhi ogni giorno, risiede in una loro caratteristica formidabile: il far parte di un progetto perfettamente logico, l’essere elementi di una proposta politica chiara, fondata dal punto di vista teorico e comprensibile nelle sue conseguenze; insomma, la coerenza. Coloro che si propongono di ridurre o addirittura azzerare i diritti dei lavoratori posseggono un progetto politico. Al contrario, il mondo del lavoro salariato è capace di dare risposte puntuali basate sul buon senso, ma è privo di qualsiasi progettualità, tanto che l’assenza di un progetto di società sembra ormai essere l’elemento caratterizzante delle organizzazioni dei lavoratori. Come è potuto accadere? È ciò che si cercherà di indagare, seppure maldestramente e in maniera dilettantesca, in questo appuntamento mensile.

Pubblicato il

30.08.2002 13:30
Giuseppe Dunghi