I francesi non ci stanno

Sarkozy ha fatto della riforma delle pensioni e della politica securitaria i due pilastri della parte finale del suo quinquennato. Su entrambi i fronti, l'incomprensione si è stabilita con i cittadini francesi: secondo gi ultimi sondaggi, solo il 32 per cento approva la politica del presidente.

La repressione e le espulsioni dei rom preoccupano il 71 per cento dei francesi, che osservano un degrado dell'immagine del loro paese nel mondo. Un'analoga percentuale rifiuta la riforma delle pensioni. Sulla sostanza e sulla forma.
Sarkozy è accusato di aver voluto imporre con la forza, senza concertazione, una riforma ingiusta. Ieri, giovedì 23 settembre, i sindacati hanno organizzato una nuova giornata di proteste, scioperi e manifestazioni, che ha fatto seguito ai grossi cortei del 7 settembre, che avevano riunito tra 1,1 milioni (secondo la polizia) e 2,7 milioni di persone (secondo la Cgt) nelle piazze delle città francesi. «Siamo noi ad essere in una posizione di forza», analizza Bernard Thibault, segretario della Cgt. E mette in guardia, pensando a dei precedenti, come il grande sciopero del '95 o la lotta contro il Cpe nel 2006 (il contratto di primo impiego per i giovani), che i governi del momento avevano dovuto ritirare dopo aver perso il braccio di ferro con le proteste della popolazione: «se ci vorranno tre settimane per vincere – dice Thibault – allora ci metteremo tre settimane». Una minaccia di paralizzare la Francia, anche se oggi è più difficile che nel passato, perché Sarkozy ha fatto approvare una legge che impone il "servizio minimo" nei trasporti pubblici in caso di sciopero, che dovrebbe evitare la paralisi del paese come nel '95.
Sarkozy ha fatto del punto centrale della riforma delle pensioni – l'innalzamento dell'età minima pensionabile da 60 a 62 anni e il passaggio da 65 a 67 anni per averla a tasso pieno – il simbolo della sua volontà di "rottura". Il discorso presidenziale era ben rodato: i francesi vivono più a lungo, nel 2020 ci vogliono 45 miliardi per pagare le pensioni a causa di un crescente squilibrio generazionale tra attivi e pensionati, quindi bisogna intervenire sull'età minima, annullando la conquista dei 60 anni decisa da Mitterrand nell'82.
I francesi accettano l'idea di una riforma. Anche l'opposizione e i sindacati sono d'accordo. Ma si oppongono a quella voluta da Sarkozy. I tre quarti della popolazione la considera "ingiusta". Difatti, l'innalzamento a 62 e a 67 anni, realizzato con una rapidità unica in Europa, colpirà i lavoratori più deboli: chi ha cominciato a lavorare giovanissimo (che dovrà accumulare 43-44 anni di contributi, molto di più del numero legale, che è oggi di 40,4 anni e sarà ai 41,5 anni nel 2020), chi ha carriere a singhiozzo, come molte donne (che dovranno aspettare i 67 anni per avere una pensione piena e non una pensione da fame, decurtata). I sindacati hanno per il momento ottenuto un piccolo miglioramento per i "lavori usuranti", ma il governo rifiuta la definizione collettiva e impone l'analisi "caso per caso": sarà il lavoratore a dover dimostrare di avere degli handicap dipendenti dal lavoro svolto. Il Ps ha promesso, se tornerà al potere, di riportare i 60 anni. Anche se ammette che ormai il futuro sarà la "pensione à la carte": già oggi, l'età della pensione reale è intorno ai 61-62 anni. Con il problema, a causa della crisi, di una forte disoccupazione tra le persone con più di 55 anni. Con la riforma, i lavoratori più anziani rischiano di trovarsi con i minimi sociali, in attesa di avere 67 anni per una pensione completa.  
Un altro fattore ha contribuito ad esacerbare la protesta: il ministro del lavoro, Eric Woerth, è coinvolto in un grosso scandalo politico-finanziario. Quando era ministro del tesoro e al tempo stesso tesoriere dell'Ump (il partito di Sarkozy) – carica da cui si è dovuto dimettere di recente – aveva chiuso tutti e due gli occhi di fronte alla frode fiscale di Liliane Bettancourt, la miliardaria erede dell'impero L'Oréal. Il ministro ne aveva avuto vantaggi personali – l'assunzione della moglie da parte del gestore di patrimonio della Bettencourt, al quale Woerth aveva anche fatto avere la Légion d'honneur – e per il partito – un consistente finanziamento illegale alla campagna delle presidenziali del 2007. Lo scandalo Woerth è diventato il simbolo dell'intreccio scandaloso tra potere e denaro, mentre lo scudo fiscale continua a proteggere i più ricchi. Cosa che contrasta con la volontà di far pagare ai lavoratori più deboli il costo aggiuntivo delle pensioni, dovuto alla ratio demografica (4 attivi per un pensionato nel 1960, 1,5 attivi per un pensionato nel 2020).
La riforma è già passata all'Assemblea, in un  clima surriscaldato. L'opposizione ha chieso le dimissioni del presiente, Bernard Accoyer, perché ha troncato il dibattito. La legge passa al Senato all'inizio di ottobre. I sindacati sperano, al minimo, di ottenere dei sostanziali miglioramenti (sulle carriere lunghe e su quelle a singhiozzo, sui lavori usuranti), e, al massimo, un ritiro della riforma per poter aprire una discussione e far diventare le pensioni l'argomento della futura campagna presidenziale del 2012.

Pubblicato il

24.09.2010 03:00
Anna-Maria Merlo
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