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I folgorati sulla via dell’Europa e il potere della memoria

Domenica, a Balerna, attivisti di Como Senza Frontiere e alcuni cittadini hanno ricordato i due migranti morti lungo il confine tra Italia e Svizzera nel 2017 e 2018. Ricordare le storie di Youssouf Diakite, ucciso da una scarica elettrica sul tetto di un treno, e di Mohammed Kouji, investito da un convoglio, diventa così strumento di lotta civile e politica

Era quella di Damasco la via lungo la quale si era avventurato San Paolo, diretto a stanare e perseguitare i cristiani da lui tanto detestati; la stessa via sulla quale gli parlò Gesù, folgorandolo fino a renderlo cieco e portandolo così a convertirsi. Da qui il detto ‘folgorato sulla via di Damasco’, ossia di chi, in seguito a un evento e in modo improvviso e radicale, cambia pensiero o opinione in merito a qualcosa. Fuor di metafora, non serve però arrivare fino a Damasco per rimanere folgorati: per passare a miglior vita mentre si cerca una vita migliore, spesso, è sufficiente infatti intraprendere la via dell’Europa, lungo la quale senza posa si contano i migranti che restano vittime di incidenti e tragedie.


Eventi simili si sono verificati anche in Ticino. Nel 2017, a perdere la vita fu Youssouf Diakite, un ventenne del Mali partito da Como e che nei pressi di Balerna era rimasto folgorato dalla linea elettrica sul tetto del treno dove era nascosto, nel suo viaggio clandestino verso il Nord intrapreso dopo essere stato respinto al confine di Ventimiglia, tra Italia e Francia. La scorsa domenica – quest’anno per l’ottava volta – la sua morte è stata ricordata con un presidio commemorativo organizzato dalla rete Como Senza Frontiere (CSF), dal significativo nome “Folgorati dall’Europa”, per mantenere vivo il dibattito pubblico e politico e per ricordare le vite dei migranti vittime di incidenti o i cui viaggi sono rimasti senza meta; oltre a Youssouf, infatti, un altro migrante ha perso la vita in modalità simili lungo la frontiera tra Italia e Ticino: Mohammed Kouji, marocchino travolto da un treno a Chiasso nel 2018 e sepolto nel cimitero di Balerna, non distante da Youssouf, dove la manifestazione si è conclusa dopo essere partita, in mattinata, dalla stazione di Como San Giovanni.


Ricordare chi ha perso in questo modo la vita, per CSF, ha anche e soprattutto lo scopo di fare pressione sulla politica e sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo dinamiche che restano tutt’altro che risolte. ‘Nel deserto, nel Mediterraneo, sulla rotta balcanica, nei lager in Libia, nei CPR e nei campi, a poca distanza da noi – recitava il volantino dell’azione –, con l’indifferenza della gente e con la complicità degli Stati, le frontiere della fortezza Europa continuano a uccidere’.


Il ritrovo, partecipato anche da realtà locali come Mendrisiotto Regione Aperta, diventa dunque anche occasione per fare rete e per coordinare azioni congiunte tra le varie istanze impegnate su questo fronte: “Quest’anno, l’impegno di memoria che Como senza frontiere cerca di portare avanti è stato anche l’occasione di un incontro transfrontaliero tra realtà italiane e ticinesi che si occupano dei diritti delle persone migranti – riporta CSF sul proprio blog online –, e la commemorazione intensa e commossa si è trasformata in una sorta di breve assemblea per valutare come proseguire l’azione comune”. L’intento è dunque quello di continuare a perorare la causa dei migranti e di cercare di ottenere soluzioni che pongano fine all’incessante sequela di morti e vittime di incidenti, l’ultimo dei quali risale al 2021, quando un altro migrante, all’altezza di Chiasso, rimase folgorato sempre dalla linea elettrica ferroviaria mentre si trovava sul tetto di un treno: È il modo giusto di vivere la memoria come opportunità di operare nel concreto. Le diverse associazioni presenti si sono ripromesse di incontrarsi nelle prossime settimane per affrontare le problematiche delle migrazioni e delle frontiere”.


La dura realtà delle vite e delle morti dei migranti sulla via dell’Europa ha quindi finito per convertire molti attivisti e comuni cittadini all’azione civile e politica, il cui spirito resta consacrato, come scriveva CSF all’indomani della morte di Youssouf Diakite, “all’impegno politico di lotta per i diritti da entrambe le parti della frontiera assassina”.

Pubblicato il

05.03.2025 13:16
Federica Bassi
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