Non è facile raccapezzarsi fra fatti, analisi e discorsi politici in materia economica. Due esempi recenti. Il World Economic Forum (Wef) ha reso noto il suo ultimo "Rapporto sulla competitività globale", che mette a confronto 125 paesi. Uno studio complesso, da non sopravvalutare, ma neppure da liquidare se non collima con i propri pregiudizi. La Svizzera risulta il paese più competitivo al mondo! La Cina – spauracchio dell'economica mondiale, con il suo improbabile intreccio di stalinismo e capitalismo – è al 54esimo posto. Gli Stati Uniti, faro di tutti i liberisti, al sesto. I campioni dello statalismo europeo – Finlandia, Svezia e Danimarca – al secondo, terzo e quarto posto. Insomma, "non c'è più religione"… L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha pubblicato il confronto aggiornato delle "quote dello stato": prelievi fiscali e oneri della sicurezza sociale in percento del prodotto interno lordo. I dati confermano che i tre scandinavi supercompetitivi si trovano sempre fra i paesi dove lo stato "mette le mani nelle tasche dei cittadini" nel modo più sfacciato: "quota statale" della Svezia 51,1 per cento, della Danimarca 49,7 per cento, della Finlandia 44,5 per cento. La Svizzera è un'eccezione: 30 per cento. Il nostro primato mondiale di competitività ha qualcosa a che vedere con il nostro fisco leggero? A parte il fatto che ogni giorno sentiamo dire che nel nostro paese i prelievi statali sono pesanti e compromettono la competitività del paese (e sentiremo questo mantra nonostante la classifica del Wef), la risposta è no, per almeno tre motivi. Il primo lo abbiamo visto: la posizione di vertice degli scandinavi sia nella competitività, sia nel prelievo fiscale. Il secondo: dal 1990 ad oggi, la "quota dello Stato" svizzera è salita di 4 punti, eppure abbiamo conquistato il primato della competitività. Il terzo è la messa in evidenza, nello studio del Wef, dei fattori che determinano per la Svizzera e i paesi scandinavi il loro primato di competitività. Per la Svizzera: solidità delle istituzioni, eccellenza delle infrastrutture, ottima collaborazione fra centri di ricerca e industria, capacità d'innovazione, cultura imprenditoriale, efficienza dei mercati, flessibilità del mercato del lavoro… Per i paesi scandinavi: l'eccellenza delle istituzioni e la politica del bilancio pubblico che assicura, senza disavanzi, investimenti considerevoli nella formazione (dalla scuola elementare all'università), nelle infrastrutture e nei servizi sociali. Come ovvio, le infrastrutture, la ricerca, la formazione, i servizi sociali e le buone istituzioni pubbliche costano e, per mantenere il debito pubblico a livelli modesti, occorrono importanti entrate fiscali. Se tutto ciò, come dice il Wef, contribuisce in modo decisivo alla competitività si smetta almeno, quando si chiedono meno imposte, di prendere la scusa che non lo si chiede per sé, ma per assicurare la competitività del paese…
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