I compiti dello Stato

All’inizio degli anni ottanta lo slogan di moda in Ticino era “né più Stato né meno Stato, ma migliore Stato”. Credo che a lanciarlo fosse stato Fulvio Caccia. Poi, grazie a qualche razionalizzazione, a qualche freno e, soprattutto, alla ripresa economica, in un clima di migliore trasparenza le finanze del Cantone tornarono floride. Il debito pubblico scese sotto i 400 milioni (1991) mentre il capitale proprio salì quasi a 800 milioni (1995). Le finanze tornarono tuttavia a preoccupare nel 1996 (fino al 1998) con disavanzi di esercizio corrente superiori ai 100 milioni di franchi all’anno. Fu allora, nel dicembre del 1996, durante la discussione sul Preventivo 97, che il capogruppo liberale in Gran Consiglio Giorgio Pellanda e quello popolare democratico Fulvio Pezzati lanciarono la richiesta-slogan della “revisione dei compiti dello Stato”. Come ha dichiarato Marina Masoni a il Caffè prima del ritiro di Villa Castagnola, a seguito di quella richiesta nel 1997 «la revisione dei compiti dello Stato fu oggetto di un lavoro approfondito sfociato nei documenti preparatori per una tavola rotonda nel 1999. Allora erano stati censiti 153 compiti dello Stato e il Governo ne aveva scelti 53 per la tavola rotonda. L’esercizio non riuscì perché era troppo a ridosso delle elezioni…». Può darsi che la ragione contingente sia stata quella indicata dal ministro delle finanze, ma sta di fatto che l’esercizio non venne ripreso neppure dopo le elezioni e questo per un’altra ragione: nel frattempo le finanze erano tornate sane, dal 1999 al 2001 la gestione corrente chiuse in attivo, il debito pubblico tornò ad abbassarsi e il capitale proprio ad alzarsi. Quindi nessuno sentì più l’urgenza di “rivedere i compiti dello Stato” anche perché il “lavoro approfondito” del 1997 aveva dimostrato che i margini di una “revisione” erano ristretti se non si volevano tagliare compiti nella socialità, nella formazione, nella difesa dell’ambiente, nelle istituzioni, nelle infrastrutture, nel sostegno all’economia, che un certo tipo di sviluppo stava rendendo sempre più necessari. Perché la qualità dei servizi pubblici, la giustizia e la pace sociali, la qualità del paesaggio, la qualità della formazione, l’ammodernamento delle infrastrutture, anche se sempre perfettibili, restano ancora le nostre armi migliori nel clima di accresciuta concorrenzialità dell’era della globalizzazione, della libera circolazione, delle delocalizzazioni. Il ritornello della “revisione dei compiti dello Stato” restò ancora in sottofondo, ma più per onore di bandiera che per convinzione. Le revisioni più importanti cui si faceva accenno riguardavano la ginnastica correttiva, le cure dentarie, la… ricerca sul pesce bianco. Poi ci fu un tentativo importante, di sostanza, con l’iniziativa popolare e il relativo controprogetto approvato dal Gran Consiglio per il finanziamento pubblico della scuola privata. Con quella iniziativa per la prima volta non si voleva risolvere un problema di natura finanziaria, ma si mirava a rimettere in discussione i compiti dello Stato nel settore della formazione così come erano stati definiti e voluti dai tempi di Stefano Franscini. Se funzionava il resto sarebbe seguito. La risposta popolare che nel 2001 bocciò quel progetto con un perentorio 3-1 indicò anche ai più fanatici che quella era una strada chiusa. Dal 2002 i conti dello Stato sono tornati in rosso, dapprima in modo contenuto, poi in modo devastante. La riforma dell’amministrazione (A2000) è stata snobbata dai politici e guardata con comprensibile diffidenza dall’Amministrazione, la spesa è aumentata in media come negli anni precedenti, ma non sono più aumentate parallelamente le entrate a causa degli sgravi fiscali e della mancata ripresa economica sulla quale i sostenitori degli sgravi avevano fatto affidamento. Ecco quindi che oggi si ritorna a parlare di “revisione dei compiti dello Stato”, ancora una volta in modo improprio. In realtà quelli che si vogliono ottenere, di cui si ha bisogno, sono dei risparmi. Altrimenti, se si è incapaci a razionalizzare e se non ci sarà un mini boom economico, bisognerà far marcia indietro sugli sgravi fiscali, in particolare per le persone fisiche. È possibile, tuttavia, che non capiti né una cosa né l’altra. Per alcuni anni forse si continuerà con dei ritocchi (magari irrazionali), in un contesto finanziario che ha perso la trasparenza degli anni ottanta, sperando che la fortuna aiuti.

Pubblicato il

28.01.2005 15:00
Pietro Martinelli