I cineresistenti

Cineforum, piccole oasi fluttuanti che tenacemente resistono ai marosi della cinematografia da cassetta. Se nelle sale la longa mano delle majors americane detta legge decretando la sopravvivenza o la morte di un film a seconda del suo successo commerciale, i circoli del cinema rimangono una delle rare ancore di salvezza della cinematografia di qualità. In particolare in Ticino, l’esperienza sta attraversando un momento favorevole. Lavorando in stretta collaborazione, i circoli del cinema del Cantone (Bellinzona, Locarno, Lugano e Chiasso) continuano ad avere un seguito fedele. Quasi nessuno però conosce cosa comporta organizzare una rassegna di questi tempi. Dietro le quinte dell’allestimento di un ciclo si celano difficoltà inimmaginabili: copie di pellicole celeberrime quasi impossibili da reperire, costosi diritti da pagare. Senza contare che queste preziose esperienze si reggono grazie al lavoro volontario di un gruppo di cinefili che, caparbiamente, lavorano per offrire al proprio pubblico percorsi di storia del cinema da scoprire o riscoprire. Tra questi troviamo il docente e critico cinematografico Michele Dell’Ambrogio, da 25 anni una delle colonne portanti del Circolo del cinema di Bellinzona. Con lui abbiamo cercato di capire quali sono le difficoltà in cui si imbattono i cineforum oggi e se sono tali da minacciarne l’esistenza. Che cosa rappresenta il cineforum oggi? Rappresenta la possibilità di mostrare ciò che le sale non mostrano. Ossia, da una parte la storia del cinema, i film del passato, i classici; e, dall’altra, quei film recenti — e non sono pochi — molto interessanti ma che sono ignorati dalla distribuzione o dagli esercenti che seguono una politica commerciale in materia. In particolare, il Circolo del cinema di Bellinzona (le cui rassegne hanno luogo a Giubiasco) viene ad assumere un’importanza particolare proprio in questi tempi in cui la città si trova ad essere sguarnita di sale cinematografiche (il Forum è chiuso per ristrutturazione e riaprirà solo fra un paio d’anni, ndr). Rispetto al circuito ufficiale — che mostra solo la punta dell’iceberg di quello che viene prodotto annualmente e che in genere corrisponde a ciò che si decide di far passare dopo aver sondato i gusti del pubblico — i cineclub lavorano affinché sia data voce al cinema di qualità. Ma l’esperienza del cineforum è ancora viva in Svizzera? La diffusione dei cineforum in tutto il territorio elvetico — sia nelle grandi città sia nelle località di provincia — sembrerebbe proprio confermarlo. Per noi, poi, è di grande incoraggiamento sapere che, secondo una statistica fatta qualche anno fa da Cinélibre (l’associazione che raggruppa tutti i cineclub svizzeri) sull’affluenza di pubblico nei cineclub, Bellinzona ha i risultati migliori di tutta la Svizzera. Naturalmente il successo di affluenza varia da proposta a proposta. È chiaro che il modello di cineforum classico inteso come circolo riservato ai membri che, puntualmente, una volta la settimana presenta il cosiddetto "buon film" è ormai in crisi da vent’anni e per noi non è più proponibile. In genere ciò che i cineforum offrono oggi sono rassegne organiche che permettono di rileggere l’opera completa di un regista, o di farsi un’idea di qualche cinematografia nazionale. Noi in Ticino puntiamo su rassegne su un regista, su un attore, su una cinematografia emergente, oppure su temi che ci permettono di collaborare con altre associazioni che non necessariamente si occupano di cinema. È vero che i cineclub hanno grosse difficoltà a trovare pellicole di autori anche celeberrimi? Il problema della reperibilità delle copie esiste veramente. Con difficoltà di diverso grado. Se i film sono recenti — e buona parte della nostra attività verte sulla produzione recente — il nostro lavoro fila liscio. Infatti ci sono parecchi film in distribuzione in Svizzera che, pur non arrivando in Ticino (angolo del paese dimenticato per motivi linguistici e politico-culturali), possono essere richiesti al distributore. E se non li troviamo nel nostro Paese, possiamo ricercarli in Francia o in Italia. Le difficoltà sorgono quando si vuole offrire un ciclo di film del passato, quando si opera sul versante della storia del cinema. E questo perché? I distributori, dopo aver sfruttato commercialmente una pellicola per quattro/cinque anni, smettono di utilizzarla. Le copie esistenti vengono mandate al macero e solo poche — per una sorta di accordo non scritto — viene salvata e depositata, nel nostro paese, presso la Cineteca di Losanna. Quest’ultima, una delle più importanti d’Europa, possiede un patrimonio ricchissimo di film, ma non esiste un catalogo pubblico, quindi nessuno sa esattamente che cosa si trova al suo interno. Inoltre l’attuale direttore Hervé Dumont porta avanti una politica essenzialmente di conservazione e restauro delle pellicole e non — come avveniva prima con Freddy Buache — di diffusione del patrimonio posseduto. In pratica, se la Cineteca ha una sola copia di un film, non lo dà in prestito, fatta eccezione per eventi molto particolari. In pratica, cosa comporta organizzare una rassegna cinematografica? Le persone pensano che per mettere in piedi una rassegna basti sfogliare un catalogo, fare un paio di telefonate e un po’ di pubblicità. Di fatto, non è così. Quando i film diventano introvabili da noi (Cineteca compresa), dobbiamo cercarli all’estero, in Italia e in Francia soprattutto, ma con nessuna garanzia di successo. Tale ricerca è molto faticosa, dal momento che mancano cataloghi aggiornati e attendibili della distribuzione a livello nazionale. Inoltre, quando si crede di essere su una buona pista, sorgono altri problemi: spesso i diritti di un film sono scaduti e per averlo bisogna comprarli a caro prezzo; oppure alcune pellicole che figurano sulla carta di un certo distributore sono sparite o passate ad un altro. Insomma, un lavoro estenuante. Dedicare una rassegna a registi celebri, quali Scorsese o Hitchcock, vi avrà facilitato il lavoro... Sorprenderà sapere che anche per il ciclo dedicato a Scorsese — un contemporaneo, non un classico degli anni Trenta! — abbiamo dovuto sudare per due mesi. La ricerca si è svolta — tra la Svizzera, l’Italia e la Francia — in un ginepraio di cineteche, distributori, diritti scaduti. E tutto per tentativi, prendendo contatto con persone che poi ci rimandavano ad altre che a loro volta ci indirizzavano ad altre ancora. Per ritrovarsi spesso con nulla fra le mani. Altro caso particolare è stato quello della retrospettiva dedicata a Hitchcock, questa volta un vero classico. La cosa sembrava inizialmente facile, poiché ci risultava che un distributore svizzero fosse in possesso di tutta una serie di titoli. Purtroppo i diritti di sfruttamento di questi film erano scaduti, quindi siamo stati costretti a comperarli noi stessi presso la Hollywood Classic di Londra, che solitamente non li cede per meno di 500 dollari a film e a proiezione. Come fate allora a contenere i prezzi dei biglietti d’entrata? Dopo anni di esperienza si impara a muoversi su questo terreno minato e a ottenere condizioni relativamente favorevoli. Ma non bisogna dimenticare che tutte le nostre rassegne, nonostante l’ottima affluenza di pubblico, sono sempre in deficit e che possiamo continuare a proporle solo grazie alle annuali campagne di tesseramento (a Bellinzona i soci sono ben 300, ndr.) e al contributo del Cantone. Le difficoltà, i problemi che i circoli del cinema ticinesi si trovano ad affrontare sono comuni anche ad altre realtà svizzere o internazionali? È un problema di tutti. Ma bisogna ricordare che siamo in un’epoca di transizione. Fra pochi anni (in alcuni posti è già realtà) le sale si adegueranno alle nuove tecnologie digitali, le pizze saranno sostituite dai dischetti e non ci sarà più il problema delle copie rovinate per l’usura, né quello dei trasporti. Anche se sarà tutto da affrontare l’aspetto legislativo. E nel frattempo? Nel frattempo ci troviamo nel mezzo di questa fase in cui è sempre più difficile attingere al patrimonio cinematografico su supporto classico, la pellicola, e non si ha ancora la possibilità di ricorrere al Dvd. Non c’è il rischio dunque che gli organizzatori si scoraggino e che l’esperienza del cineforum si spenga? Finché ci sono la volontà e l’entusiasmo qualcosa si riesce sempre a fare. È chiaro che bisogna adattare i propri progetti alla realtà, il che significa magari rinunciare ad un autore (poiché i suoi film non sono al momento reperibili) e proporne un altro. Ma sono convinto che la memoria storica e culturale affidata al film non morirà, anche grazie, appunto, alle nuove tecnologie. La rassegna su Jarmush è finita: avete già dei progetti per il prossimo anno? Stiamo lavorando su una retrospettiva dedicata a Buñuel da proporre sull’arco di due anni: i problemi sono enormi, ancora maggiori di quelli riscontrati per Hitchcock, ma a settembre si partirà, come partirà una rassegna sul tema del deserto, che si iscrive in un progetto multimediale voluto da diverse persone attive in campi diversi da quello del cinema.

Pubblicato il

15.06.2001 04:30
Maria Pirisi