I rapporti difficili con Christiane Brunner, le preoccupazioni per una linea politica troppo orientata al centro, le ambizioni politiche e professionali. Ad una settimana dalle dimissioni da capogruppo socialista alle Camere federali, Franco Cavalli racconta ad «area» alcuni retroscena della sua esperienza ai vertici del Partito socialista. Un partito al quale lui ha dato moltissimo negli ultimi anni, sino a diventarne uno dei rappresentanti più carismatici e influenti a livello nazionale. Sul cammino ha però incontrato molti ostacoli che via via gli hanno reso sempre più difficile lo svolgimento del lavoro di capogruppo, che lascerà ufficialmente a fine maggio.
In questa intervista Cavalli esprime dure critiche alla conduzione politica di Christiane Brunner e alle sue spinte centriste, svelando i calcoli tattici fatti dalla senatrice ginevrina in vista dei possibili sconvolgimenti in seno al governo dopo le elezioni del 2003. Cavalli parla però anche del suo futuro di politico e di medico ricercatore, lasciando chiaramente intendere di avere ancora molto da dire e da fare, su entrambi i fronti.
Dottor Cavalli, in che misura hanno pesato sulla sua decisione di dimettersi da capogruppo le difficoltà di convivenza con Christiane Brunner?
Anche se è vero che la ragione principale delle mie dimissioni è l’aumento di impegni professionali nei prossimi dodici-diciotto mesi, è evidente che non è stato fatto nulla per facilitarmi lo svolgimento del compito. Se proprio mi avesse voluto come capogruppo mi sarebbe venuta incontro, invece ha fatto il contrario. Da un lato ha eliminato l’ufficio presidenziale (organo non statutario di cui facevano parte il presidente, il segretario e il capogruppo), negandomi così l’accesso ad una serie di informazioni. E dall’altro non mi ha concesso un aiuto personale (anche a tempo parziale), che mi avrebbe potuto aiutare nel coordinare il lavoro delle varie commissioni e a tenere sotto controllo i vari dossier. La combinazione di un aumentato fabbisogno di tempo per la professione e di un aumentato fabbisogno di tempo per fare il capogruppo aveva insomma reso la situazione insopportabile.
Cosa la divide da Christiane Brunner?
Ci dividono diverse cose. Il modo di lavorare innanzitutto: Christiane Brunner è molto individualista, vuol decidere tutto lei in modo anche poco trasparente. Inoltre io le davo fastidio perchè sono, con lei e qualche altro, una delle poche personalità del partito conosciuta in tutta la Svizzera. E poi abbiamo anche delle posizioni politiche differenti: lei è molto più pronta a fare moltissimi compromessi e porta avanti (anche se non dichiaratamente) una politica di accordo tacito con una parte importante del partito radicale. Su tutti i dossier scottanti in cui questo si è visto (Swissair, Expo 02, fondazione Svizzera solidale) io avrei affrontato i radicali in modo più duro. Nel caso Swissair per esempio è stato un errore cedere sulla partecipazione maggioritaria della Confederazione e non obbligare i radicali a varare un piano sociale. In fondo si trattava di due obiettivi minimi e possibili, vista la situazione disperata in cui era il Prd.
Nel 1997, quando circolava il nome di Christiane Brunner quale possibile successore di Peter Bodenmann, lei contrastò apertamente la candidatura. Disse in modo chiaro: Brunner non rappresenta le donne ma la destra del partito. Perchè quando si è trattato di sostituire Ursula Koch ha avallato la candidatura Brunner?
Sono stato uno dei primi a proporla, perchè in quella situazione estremamente convulsa, al limite del disfacimento del partito, ho avuto l’impressione che solo due persone avrebbero potuto fare il presidente: una ero io, ma non ero disposto a farlo perchè avrei dovuto rinunciare al mio lavoro, e l’altra era appunto Christiane Brunner, che dal 1993 si porta addosso l’aureola di icona della sinistra e che è abbastanza abile nel mettere tutti d’accordo. Dopo l’esperienza con la scostante e scontrosa, Brunner mi era sembrata la scelta ideale per far ripartire un normale dibattito politico. Ed effettivamente nel frattempo la situazione dal punto di vista delle diatribe personali si è calmata e il confronto politico è ripreso.
È stato un errore sostenere Brunner?
Forse si sarebbe potuto scegliere un volto nuovo e ripartire da zero. Ma per me è molto difficile dirlo ora.
Tempo fa lei manifestò preoccupazione per un appiattimento su posizioni centriste del suo partito. Questa preoccupazione ce l’ha ancora?
Indubbiamente. All’interno del partito socialista ci sono tre aree fondamentalmente: quella di sinistra (“capeggiata” da Pierre-Yves Maillard), quella legata all’ex presidente Bodenmann (favorevole a riforme di struttura ma ad alto contenuto sociale) e l’ala destra, di cui fanno parte conservatori come Rudolf Strahm e liberali come Simonetta Sommaruga. Io sono convinto che all’interno del partito, se c’è dibattito, la maggioranza è di centro-sinistra e non sicuramente di destra. Il pericolo dell’appiattimento su posizioni centriste è dato essenzialmente dai tentativi di far passare dei messaggi politici all’insaputa della base, come successo all’ultima assemblea dei delegati con un documento sulla politica economica.
Che insegnamenti dovrebbe trarre il Ps svizzero dalle sconfitte delle forze socialdemocratiche europee?
L’insegnamento è chiaro: tutte le sconfitte dei socialisti europei negli ultimi anni, dalla Norvegia, alla Danimarca, all’Olanda, al Portogallo, all’Italia e alla Francia, sono avvenute in un’epoca in cui i partiti portavano avanti politiche centriste.
Anche in Svizzera alla sinistra del Ps ci si sta organizzando. Presto nascerà ufficialmente il Movimento per il socialismo, che esprime dure critiche al Ps. Lei come si pone di fronte a questa realtà in fermento?
Ritengo molto sano che nascano movimenti alla sinistra del Ps. Il fenomeno spiega per esempio la ragione per cui il Ps in Romandia sia su posizioni più a sinistra che nella Svizzera tedesca, dove la concorrenza è solo a destra.
Che scenari prevede per le elezioni federali del 2003?
La mia impressione è che l’Udc guadagnerà, ma non molto. Noi avanzeremo un po’, i radicali perderanno qualcosa e il Pdc perderà.
La formula magica verrà messa in gioco?
La presidenza radicale è molto in dubbio se sia meglio negare il secondo seggio all’Udc, ammazzando di fatto la formula magica, o estromettere noi socialisti. Anche per questa ragione Christiane Brunner teme lo spostamento a sinistra.
Per lei non sarebbe negativa l’estromissione dal governo?
Il fatto di essere fuori dal Consiglio federale non vuol dire non più riuscire a fare politica. Secondo me tutto dipende da un calcolo costi-benefici: se noi siamo capaci di ricavare il massimo da una politica di doppio binario (cioè sia al governo che con i movimenti sociali) mi va bene, ma se alla fine si sta solo col governo non ci sto.
Le sue dimissioni da capogruppo sono un primo passo verso l’abbandono della politica attiva?
No. Sicuramente no.
A lei non interessa il Consiglio federale?
Qualsiasi svizzero ci penserebbe. Se ci fosse l’occasione e avessi la possibilità di fare qualcosa di positivo, non sarei contro. Io non sarò però mai quello che per farsi eleggere non dice quello che pensa. Non sono disposto a modificare le mie posizioni politiche.
Sarà difficile ottenere una maggioranza parlamentare...
Sicuramente, non mi faccio illusioni.
Una parte della sinistra ticinese la vedrebbe bene al posto di Patrizia Pesenti. L’idea non la stuzzica?
Avrei potuto farlo con l’uscita di scena di Pietro Martinelli, ma la cosa non mi è mai interessata molto. Secondo me il Consigliere di Stato è più un amministratore che un politico. In questo senso è meglio fare il Consigliere federale.
Nel frattempo Cavalli si dedicherà anima e corpo alla sua professione di medico e di ricercatore. La priorità dei prossimi dodici-diciotto mesi si chiama Istituto oncologico della Svizzera italiana (Iosi), di cui Cavalli è direttore. «Siamo in una fase di crescita e di sviluppo – spiega Cavalli – Nel marzo 2003 inaugureremo il nuovo istituto, che comprenderà un piano di ricerca per il quale devo ancora raccogliere una parte dei finanziamenti. Siccome la nuova struttura porterà a fusioni di reparti e una serie di sconvolgimenti all’interno dell’organizzazione, mi attende un grande lavoro di discussione e di preparazione» conclude Cavalli.
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