I bambini che non esistono

In Svizzera vivono migliaia di minorenni che per la legge non esistono. Tra loro i figli dei sans-papiers, ma anche d'immigrati con regolare permesso, che si sono visti respingere la richiesta di ricongiungimento familiare.

La presenza di sans-papiers è un fenomeno difficilmente quantificabile: trattandosi di persone nascoste non esistono dati precisi su di loro. Il collettivo di sostegno ai sans-papiers stima che nel nostro paese ne risiedano tra  i 90 mila e i 250 mila. Persone attive soprattutto nei settori dell'agricoltura, della ristorazione, della costruzione e del lavoro domestico e cure a domicilio. Dei sans-papiers si sente spesso parlare nelle grandi città, come Ginevra, Zurigo Basilea o Losanna, dove vivere nell'anonimato è sicuramente più facile che in una realtà ristretta. Il fenomeno però non tocca più solo queste realtà urbane, ci sono anche zone agricole dove i sans-papiers lavorano e vivono in condizioni di miseria e isolamento.
Il Ticino non fa eccezione. Il Movimento dei senza voce stima a circa 2mila i sans-papiers presenti sul territorio, con flussi legati alle stagioni. «Non è vero che in Ticino il problema non esiste, noi siamo confrontati a diverse situazioni di questo tipo, che toccano anche i bambini», spiega Cyntia Salazar, del Movimento dei senza voce. Bambini clandestini che, non avendo un domicilio, non sono automaticamente iscritti in una scuola, anche se il diritto all'istruzione dovrebbe esser loro garantito. «Non è sempre facile riuscire a inserirli in una scuola o all'asilo,- prosegue Cyntia - spesso ci si trova di fronte ad ostacoli burocratici, come il fatto che domicilio e iscrizione a scuola sono strettamente legati».
La Legge ticinese prevede infatti che per essere iscritto a una determinata sede scolastica, l'allievo debba essere domiciliato nel comune dove si trova quella sede (o in uno dei comuni che ne fanno capo). Non essendo domiciliati da nessuna parte, i bambini sans-papiers non avrebbero quindi i requisiti per iscriversi a nessuna scuola pubblica ticinese. Fortunatamente alcuni comuni fanno prevalere il diritto all'istruzione sulle norme di polizia, come d'altronde vorrebbe anche la Convenzione Internazionale sui diritti dei bambini, che la Svizzera ha firmato. Non si tratta però della regola, come spiega Roberto Rippa, del Movimento dei senza voce: «purtroppo la situazione cambia molto da una sede scolastica all'altra. Non essendoci delle direttive cantonali chiare in merito, alcune direzioni probabilmente non se la sentono di assumersi il rischio di avere allievi clandestini e così i bambini restano in strada».
Il Direttore della divisione della scuola, Diego Erba è però chiaro su un punto: «nel caso di una richiesta di scolarizzazione, il diritto alla formazione prevale sulle norme di polizia». Delle direttive chiare in materia però non esistono, e lo stesso Erba ammette che «la decisione finale è demandata alle singole direzioni scolastiche e ai comuni interessati». Potremmo chiederci se sia giusto o meno lasciare una tale responsabilità decisionale al direttore di una scuola o a un comune.
Teoricamente, la scuola pubblica (almeno quella dell'obbligo) avrebbe il dovere di scolarizzare tutti i bambini che vivono in Svizzera, indipendentemente dal loro statuto di residenza, e quindi anche i bambini clandestini. In alcuni cantoni è così, e i giovani sans-papiers possono anche accedere alle scuole post-obbligatorie (altra storia per l'apprendistato, vedi area n°3 del 5 marzo 2010). «In Ticino il fenomeno non ha raggiunto l'ampiezza di Ginevra o Losanna, ma esiste e occorre prenderne atto se si vuole far valere il diritto di questi bambini ad andare a scuola», conclude Roberto.
Intanto qualcosa comincia a muoversi anche nel nostro Cantone, seppur lentamente. Inizia ad esserci la percezione, anche da parte di alcuni politici, che la formazione per i giovani sans-papiers si trovi spesso confrontata ad ostacoli di vario genere. È del mese di maggio, ad esempio, l'interrogazione di alcuni parlamentari (primo firmatario il gran consigliere socialista, Manuele Bertoli) riguardo alla posizione del Governo in merito alla formazione dei giovani senza statuto legale. Al Governo si chiedeva in particolare di chiarire: in che misura i bambini e i giovani senza statuto legale (anche maggiorenni) hanno accesso alle scuole ticinesi (scuole dell'obbligo e post-obbligatorie); in che misura e a quali condizioni possono avere accesso alla formazione professionale; e infine se è prevista una modifica delle attuali condizioni di accesso a queste istituzioni in futuro (e se sì quali).

Diritti calpestati

Nel 1997, la Svizzera ha rettificato la Convenzione internazionale dei diritti del bambino dell'Onu. Così facendo si è impegnata a rispettare un certo numero di diritti che riguardano i bambini. Diritti che sono però costantemente calpestati per i minori senza statuto legale. L'applicazione di alcuni articoli della Legge sugli stranieri (Lstr), infatti, non permette di rispettare gli impegni definiti dalla Convenzione sui diritti dei bambini nel caso in cui i loro genitori sono sans-papiers o richiedenti l'asilo respinti. Un esempio fra tanti, le misure coercitive previste dalla Lstr prevedono che, a partire dai 15 anni, un ragazzo possa essere internato per un massimo di un anno. E questo solamente perché privo di permesso di soggiorno o di passaporto, non perché abbia commesso un crimine o un delitto.
Per cercare di difendere anche i  diritti di questi minorenni e sensibilizzare la popolazione sulla difficile situazione che vivono quotidianamente, nel 2009 è nata la campagna "nessun bambino è illegale". Tra le principali rivendicazioni  c'è quella di una completa applicazione del diritto alla formazione, dall'asilo nido alle scuole superiori e all'apprendistato. Diritto che ancora troppo spesso non è garantito per molti giovani immigrati in Svizzera (vedi articolo a lato).
Il manifesto della campagna rivendica anche: un immediato stop della detenzione d'espulsione per i minori; una regolarizzazione agevolata per i bambini e le loro famiglie; e il rispetto della Convenzione internazionale dei diritti del bambino da parte delle autorità svizzere, anche nei confronti di quelli senza soggiorno regolarizzato. Questo manifesto è stato sottoscritto da oltre 10 mila persone e da 81 associazioni, ed è stato consegnato alle consigliere federali Doris Leuthard e Eveline Widmer-Schlumpf il 2 giugno di quest'anno.
Da questa campagna di sensibilizzazione è nata un'esposizione itinerante (approdata in Ticino negli scorsi giorni, dal 22 novembre al 3 dicembre alla Csia), nella quale sono esposti i lavori risultati da un concorso rivolto a tre categorie: adulti professionisti, bambini e adolescenti bambini e adolescenti sans-papiers.




Pubblicato il

03.12.2010 03:30
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