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Leggere, calcolare e risolvere problemi quotidiani, in Svizzera, sono capacità non acquisite da molte persone, con i rischi in termini di processi democratici che ne derivano. Il futuro dei giovani dipende sempre più dal ceto sociale, facendo sollevare interrogativi sul ruolo che la scuola dovrebbe esercitare. Intervista al docente e scrittore Tommaso Soldini
C’è un mondo reale in cui ci si ammala di lavoro, si cancellano impieghi, si soffre la precarietà e le retribuzioni sono talvolta offensive e spesso insufficienti, in cui le salariate e i salariati, dissanguati dal rincaro delle pigioni e dalla spesa per l’assicurazione malattie, fanno sempre più fatica a tirare la fine del mese. Un mondo in cui la qualità della vita è intaccata anche da ritmi e da un’organizzazione del lavoro incompatibili con le risorse mentali e fisiche delle persone e con il loro naturale bisogno di una dimensione familiare e privata.
C’è poi una realtà, quella della politica e in particolare del Parlamento, che a queste problematiche dovrebbe cercare di dare soluzioni, in cui si va nella direzione esattamente opposta: quella di aggravare ulteriormente la situazione.
Viaggio nel sud-ovest della Sardegna, terra di fabbriche che chiudono e lotte operaie, dove il vuoto politico dà campo libero a multinazionali e speculatori. Anche quelli con sede in Svizzera
(Tutte le foto sono di Alberto Campi)
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