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L’idea di famiglia è stata concepita sulla base di un processo di costruzione sociale: come dire, un assunto culturale, di matrice borghese, che per secoli ha assegnato ai padri determinati ruoli e alle madri altri.
Oggi l’istituzione della famiglia, con i diritti civili conquistati dalle coppie omosessuali, assume nuove connotazioni, sollevando questioni sull’uso dei termini per indicare i genitori e apre, anzi, scatena la discussione pubblica.
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In prima linea a difesa della legalità e dei valori “100% svizzeri”, il presidente dell’UDC Svizzera, Marco Chiesa, e quello dell’UDC Ticino, Piero Marchesi, hanno operato per oltre un anno ai margini della legge cantonale sui fiduciari. La loro fiduciaria, la Ticiconsult Sagl, è infatti stata per 14 mesi senza una persona iscritta all’apposito albo: così facendo non sarebbe stata rispettata l’apposita normativa sulla professione. I due politici si difendono affermando di essere sempre stati in regola grazie alla presenza in società di un avvocato. Tuttavia, il caso – di cui riferisce oggi anche il Tages Anzeiger – è stato segnalato all’Autorità di vigilanza sull'esercizio delle professioni di fiduciario. La quale conferma: per essere in regola, una società attiva nel ramo deve dotarsi di una struttura organizzativa «che comporta la presenza nel suo organico di un proprio fiduciario autorizzato». Ecco la cronistoria di una vicenda dagli innegabili risvolti politici.
È senz’altro una prima storica: i partiti e i candidati alle prossime elezioni nazionali hanno reso pubblici i loro budget e chi li finanzia. Le prossime elezioni federali del 22 ottobre saranno le prime a sottostare alle nuove disposizioni introdotte nel 2022 nella Legge sui diritti politici. Disposizioni che impongono di rendere pubblico il finanziamento dei partiti e delle campagne in vista di elezioni e votazioni e che sono in pratica il controprogetto del Parlamento all’iniziativa sulla trasparenza lanciata dalla sinistra e poi ritirata.
La (nuova) stangata è servita. I premi dell’assicurazione malattia saliranno mediamente dell’8,7% a livello nazionale, del 10,5% in Ticino, l’aumento più elevato tra i cantoni. Negli anni, i vari tentativi di ridurre i costi della sanità elvetica sono puntualmente naufragati in Parlamento. “Merito” dei veti incrociati di farmaceutica, casse malati, ordine dei medici e cliniche private, che possono contare su diversi parlamentari influenti a libro paga.
Non ci si aspettava davvero una partecipazione così alta e sentita. Eppure, oltre 1.200 persone, durante il caldo pomeriggio di lunedì 25 settembre, hanno deciso di recarsi a Berna per celebrare e difendere uno dei capisaldi della sicurezza sociale elvetica.
Si tratta ovviamente dell’Avs, il primo pilastro, il più equo, il più sociale, che restituisce di più rispetto ai contributi versati nel corso della vita a oltre il 90% della popolazione pensionata.
Si sentono come dei soldati al fronte o si paragonano a robot fagocitati in una catena di montaggio.
Sono i primi risultati dello studio lanciato da Supsi e Unia sulle condizioni del personale di cura e presentato nei giorni scorsi a Berna. Una situazione estremamente critica che si ripercuote sui dipendenti e, per riflesso, sul benessere dei residenti nelle case per anziani. Un problema che riguarda la società nel suo complesso, cui vanno trovate risposte urgenti: porre le persone al centro, finanziamenti equi e no a profitti speculativi. Unia si prepara alla mobilitazione.
Il colosso delle materie prime Glencore International AG ha pagato un risarcimento di 27 milioni di franchi al Ministero pubblico della Confederazione (MPC). È quanto emerge da un decreto d’abbandono parziale firmato lo scorso 15 maggio dalla procuratrice federale Yvonne Ramjoué Wicki di cui abbiamo ottenuto copia di recente.
«L’Accordo della libera circolazione delle persone ha portato benessere alla Confederazione». Lo dice la Seco, la Segreteria di Stato dell’economia, ma c’è chi non è completamente d’accordo con le conclusioni del rapporto. Sergio Rossi, dell’Università di Friborgo: «L’impatto sull’economia è stato a macchia di leopardo: ha certamente permesso di aumentare il Pil, ma dall’altra parte ha consentito alle imprese di esercitare una pressione al ribasso sui salari di molte persone residenti in Svizzera, che hanno perciò dovuto ridurre il loro tenore di vita».
Per Berna sembra andare tutto bene: il benessere della popolazione negli ultimi venti anni è aumentato. Punto, fine. Un benessere che, fra rincari, cassa malati e salari fermi al palo, non tutta la società percepisce. Abbiamo chiesto a Sergio Rossi, professore di macroeconomia ed economia monetaria all’Università di Friborgo la sua opinione: «No, l’aumento del benessere, è stato ad appannaggio della classe benestante, ma non certo del ceto medio il cui potere d’acquisto è fortemente toccato al ribasso. Anzi, non è mai stato così basso».Per questo l’Unione sindacale svizzera (Uss) sabato 16 settembre a Berna scenderà in piazza per un maggiore potere d’acquisto, ossia per una compensazione coerente del rincaro. Per un aumento dei salari e delle pensioni.
I ticinesi avrebbero un migliaio di validi motivi in più per partecipare alla manifestazione di domani a Berna promossa dall’Unione sindacale svizzera sulla perdita del potere d’acquisto e aumenti salariali. Per la precisione, 1.158 motivi. A tanti franchi corrisponde infatti la differenza tra il salario mediano ticinese e quello svizzero, ci insegna l’ultima Rilevazione svizzera della struttura dei salari del 2020. Se guadagni meno degli altri, l’impatto dell’aumento generalizzato dei prezzi sarà ancor più devastante.
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