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Il 7 giugno la Corte d’Assise di Novara emetterà la sentenza del processo relativo alla morte per mesotelioma pleurico di 392 persone di Casale Monferrato (Alessandria) a causa dell’amianto immesso negli ambienti di lavoro e di vita dalla Eternit. Alla sbarra l'ex proprietario, il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, che è accusato di omicidio volontario. In vista di questo importante verdetto, abbiamo raccolto le testimonianze di alcune vittime dell’amianto. Tra loro c’è Daniela, una donna malata ma solare e combattiva, che ci racconta della sua malattia e del suo stato d’animo e che esprime il desiderio di parlare con l’imputato.
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Vi sono luoghi del mondo all’apparenza lontani, ma uniti da relazioni pressoché invisibili. È impercettibile, ad esempio, il filo che unisce il Ticino e il Sudan. Un cantone svizzero da un lato e, dall’altro, un paese africano, teatro da oltre un mese di sanguinosi scontri: niente sembra unire queste due terre. Eppure, in filigrana, un sottile filo d’oro lega inesorabilmente una raffineria ticinese ad uno dei protagonisti di questa nuova guerra africana: il generale Mohamed Hamdan Dagalo, meglio noto come Hemeti. Certo, il legame non è diretto. I sentieri dell’oro sudanese sono tortuosi e, prima di arrivare in Svizzera, fanno sponda a Dubai, centro nevralgico di questo commercio opaco. Una triangolazione volta a far perdere le tracce, come fanno dalla notte dei tempi gli abitanti del deserto. Nell’era della globalizzazione, però, non tutto può essere cancellato.
La testimonianza di una venditrice in conflitto con il suo diretto superiore per una questione di genere: «Non piace la mia sicurezza e, per paradosso, la mia professionalità invece di essere valorizzata è punita».
Alessandro Speziali è all'origine delle modifiche alla nuova legge vendita cantonale sulle quali si voterà il 18 giugno in Ticino. Il raddoppio del limite di superficie per aprire sette giorni su sette quasi tutto l'anno, è una delle modifiche proposte dalla mozione Speziali. Quasi la totalità delle filiali Denner (gruppo Migros) rientra in quei limiti, così come diverse filiali di Coop e Migros. Speziali dovrebbe saperlo, siedendo nel Consiglio di cooperativa di Migros Ticino. Gruppo che da molti anni non firma il ccl con dei sindacati realmente rappresentativi del personale. Non esattamente un modello di partenariato sociale, invocato proprio recentemente dallo stesso Speziali.
«Le scrivo per capire meglio le circostanze del trasferimento dei fondi della “famiglia” dal Credit Suisse alla PKB e sul rispetto da parte di PKB del proprio accordo di non perseguibilità con il Dipartimento di Giustizia». Con queste parole, il senatore democratico Ron Wyden, presidente della Commissione delle Finanze del Senato americano, si è rivolto a Luca Venturini, Ceo della banca ticinese PKB Privat Bank. La lettera, inviata lo scorso 18 maggio, intende chiarire le circostanze che hanno portato al presunto trasferimento in PKB di diversi milioni di dollari non dichiarati da parte di una non meglio precisata «famiglia con doppia cittadinanza statunitense e latinoamericana».
Sarà un 14 giugno carico di significati collettivi e personali, come ogniqualvolta la storia assume forma e fa da spartiacque fra un prima e un dopo. Non esistono battaglie isolate e serve proprio a ricordare questo principio uno sciopero che vogliamo chiamare femminista, perché i problemi delle donne nascono da un sistema culturale dominatore nei loro confronti. Più salario, dunque, ma anche più rispetto.
In Ticino, ha fatto discutere soprattutto per il grossolano errore nel titolo: “lungo di lavoro” anziché “luogo di lavoro”. Il volantino arrivato in tutte le case per propagare il No alla legge sul clima – in votazione il prossimo 18 giugno – è un inedito condensato di notizie false sul cambiamento climatico. Trenta righe di pura follia complottista. Nel testo si legge, ad esempio, che «il graduale riscaldamento in atto da circa duecento anni, dopo cinquecento anni di freddo», favorirebbe «la crescita delle piante e la produzione di cibo» e non rappresenterebbe «alcuna minaccia». Che lo dicano agli abitanti della Romagna, per citare solo l’esempio più vicino e recente della distruzione generata dalle antropiche bizze del clima.
Erredipi. Di questa associazione ne avrete sentito parlare. Il suo acronimo significa Rete per la difesa delle pensioni. Da un anno si sta battendo contro la decurtazione del 20% delle pensioni degli affiliati all’Istituto di previdenza del Canton Ticino (Ipct). Una diminuzione che, sommata alla precedente di una decina d’anni fa, porterebbe a un taglio complessivo del 40%. Gli affiliati attivi sono circa 17mila, mentre sono 9mila le persone già in pensione. Gli attivi corrispondono al 7% della forza lavoro in Ticino. Non proprio una bazzecola.
Mercoledì 17 maggio. Al teatro di Basilea è di scena Coppélia, un balletto ispirato a L’uomo della sabbia di Hoffmann con un automa come personaggio femminile protagonista. In sala, come al solito, c’è tanto pubblico. Sul palco però non compare nessuno all’ora stabilita. Il balletto è in ritardo e ad annunciarlo, ai lati della platea, è Marie-Fee Natonek, segretaria sindacale della regione Unia della Svizzera Nordoccidentale. Alle sue spalle c’è anche tutto il corpo di ballo, unito e compatto, senza costumi di scena. Le ragioni del ritardo sono presto chiarite dalla segretaria sindacale: le paghe del corpo di ballo di Basilea sono significativamente inferiori ai salari di riferimento nazionali e sono considerate dal personale artistico come umilianti e irrispettose. Stiamo parlando di cifre, secondo il sindacato, di poco superiori al salario minimo, quindi poco sopra i 4000 franchi. Una paga che è la più bassa rispetto a tutte le altre categorie professionali del teatro di Basilea. Ma non solo: la paga è nettamente inferiore anche a quella dei corpi di ballo di Zurigo e Ginevra che percepiscono salari molto più alti e adeguati agli enormi sforzi formativi e di allenamento a cui sono sottoposti per anni i ballerini. Il pubblico ha reagito praticamente all’unanimità con un grande applauso, mostrando solidarietà e comprensione nei confronti di persone che sacrificano tanto per un’arte antica quanto l’essere umano.
«Volete aprire più a lungo? Va bene, ma create una situazione accettabile per noi. Qualcosa che possa chiamarsi lavoro, non lavori forzati». Anna, la nostra interlocutrice forzatamente anonima poiché la libertà di licenziare è superiore alla libertà di parola, racconta la sua giornata tipo per far conoscere le condizioni di lavoro nella vendita al dettaglio in Ticino, dove il prossimo 18 giugno si voterà sulla modifica della Legge sull’apertura dei negozi.
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