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Le lavoratrici e i lavoratori, le famiglie e i pensionati di questo paese fanno sempre più fatica a far fronte alle spese correnti mensili, perché il costo della vita aumenta continuamente mentre i salari sono fermi al palo, anzi diminuiscono in termini reali. Complice l’attitudine di un padronato che usa i suoi profitti per ingrassare manager e azionisti ma non per aumentare i salari e adeguarli al rincaro. Tra un paio di settimane ci verrà comunicata una nuova, ennesima stangata sui premi per l’assicurazione malattie, che nel 2024 si prevede aumentino di un altro 10 per cento: una situazione sempre più insostenibile, ma di cui la politica se ne lava semplicemente le mani rifiutando ogni misura tesa ad alleggerire questo pesante fardello sulle spalle dei cittadini. Sono due considerazioni ormai quasi banali perché descrivono una situazione che ciascuno può misurare sulla propria pelle, ma che vanno ribadite. Perché non ci si può rassegnare. E tutto questo non può durare in un paese con i mezzi e la ricchezza della Svizzera. C’è urgenza di agire.
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Si sentono come dei soldati al fronte o si paragonano a robot fagocitati in una catena di montaggio.
Sono i primi risultati dello studio lanciato da Supsi e Unia sulle condizioni del personale di cura e presentato nei giorni scorsi a Berna. Una situazione estremamente critica che si ripercuote sui dipendenti e, per riflesso, sul benessere dei residenti nelle case per anziani. Un problema che riguarda la società nel suo complesso, cui vanno trovate risposte urgenti: porre le persone al centro, finanziamenti equi e no a profitti speculativi. Unia si prepara alla mobilitazione.
Il colosso delle materie prime Glencore International AG ha pagato un risarcimento di 27 milioni di franchi al Ministero pubblico della Confederazione (MPC). È quanto emerge da un decreto d’abbandono parziale firmato lo scorso 15 maggio dalla procuratrice federale Yvonne Ramjoué Wicki di cui abbiamo ottenuto copia di recente.
«L’Accordo della libera circolazione delle persone ha portato benessere alla Confederazione». Lo dice la Seco, la Segreteria di Stato dell’economia, ma c’è chi non è completamente d’accordo con le conclusioni del rapporto. Sergio Rossi, dell’Università di Friborgo: «L’impatto sull’economia è stato a macchia di leopardo: ha certamente permesso di aumentare il Pil, ma dall’altra parte ha consentito alle imprese di esercitare una pressione al ribasso sui salari di molte persone residenti in Svizzera, che hanno perciò dovuto ridurre il loro tenore di vita».
Per Berna sembra andare tutto bene: il benessere della popolazione negli ultimi venti anni è aumentato. Punto, fine. Un benessere che, fra rincari, cassa malati e salari fermi al palo, non tutta la società percepisce. Abbiamo chiesto a Sergio Rossi, professore di macroeconomia ed economia monetaria all’Università di Friborgo la sua opinione: «No, l’aumento del benessere, è stato ad appannaggio della classe benestante, ma non certo del ceto medio il cui potere d’acquisto è fortemente toccato al ribasso. Anzi, non è mai stato così basso».Per questo l’Unione sindacale svizzera (Uss) sabato 16 settembre a Berna scenderà in piazza per un maggiore potere d’acquisto, ossia per una compensazione coerente del rincaro. Per un aumento dei salari e delle pensioni.
I ticinesi avrebbero un migliaio di validi motivi in più per partecipare alla manifestazione di domani a Berna promossa dall’Unione sindacale svizzera sulla perdita del potere d’acquisto e aumenti salariali. Per la precisione, 1.158 motivi. A tanti franchi corrisponde infatti la differenza tra il salario mediano ticinese e quello svizzero, ci insegna l’ultima Rilevazione svizzera della struttura dei salari del 2020. Se guadagni meno degli altri, l’impatto dell’aumento generalizzato dei prezzi sarà ancor più devastante.
Nell’ultimo ventennio la Lombardia ha trasformato parte del suo tessuto produttivo diventando uno dei più importanti centri logistici europei. Un fenomeno che ha trasformato il paesaggio e il territorio. A margine dei grandi assi autostradali, laddove c’erano le industrie o i campi agricoli, sono spuntati come funghi giganteschi capannoni. Tutto ciò ha generato una serie di problemi: traffico, peggioramento della qualità dell’aria, consumo di suolo. Tra i protagonisti di questo boom vi è anche Akno, leader sul mercato dell’immobiliare logistico nel Nord Italia, la cui casa madre si trova a Lugano. Di recente, il gruppo ha espresso la propria volontà di costruire un nuovo gigantesco “business park” all’interno di un parco agricolo protetto a sud di Milano. Un progetto controverso, che sta suscitando grande dibattito e preoccupazione. Per saperne di più siamo andati a vedere sul posto.
Il film, nella versione italiana, s’intitola Manodopera. Mentre Interdit aux chiens et aux Italiens (Vietato ai cani e agli italiani) è il titolo originale tratto dalle famigerate scritte presenti all’esterno dei locali in diversi paesi europei, compresa la Svizzera. Alain Ughetto, cineasta francese pluripremiato, ha scelto di raccontare la storia della propria famiglia attraverso il cinema d’animazione e la tecnica dello stop motion. La narrazione si svolge come un dialogo tra lui, in carne ed ossa, e il pupazzo della nonna Cecile, morta quando il nipote aveva 12 anni. È proprio la nonna a raccontare al nipote il percorso che ha portato gli Ughetto dalle montagne del Piemonte, sotto il Monviso, fino alla Francia, passando per il Canton Vallese. Il film debutta il 20 settembre nelle sale svizzere.
“Se dico treno buttatevi da quella parte”. Eccolo, il salvifico sistema di sicurezza per proteggere la vita dei manutentori delle ferrovie, gli operai che lavorano sui binari. Peccato che quel treno che movimentava vagoni andasse a 160 chilometri orari, troppo veloce perché il delegato di Rfi (Rete ferroviaria italiana) potesse avere il tempo di gridare ‘treno’ ai cinque operai che stavano mettendo in sicurezza sette metri di rotaia.
Quella mattina andai da lui a La Moneda per chiedergli un’arma, perché ero malvista e mi sentivo minacciata nel quartiere della borghesia capitolina dove vivevo; non avevo alcuna intenzione di fare la fine di una pollastra. Mi rispose che non ne aveva e che sarebbe stato forse meglio che tornassi a stare da loro. Non l’avevo mai visto così: teso, emaciato, tremendamente solo...».
Un approccio critico per capire le cifre e la reale posta in gioco sul futuro pensionistico di migliaia di ticinesi. Fedele al suo ruolo primario di informare, l’associazione Erredipi (Rete per la difesa delle pensioni) ha voluto illustrare mezzo stampa ai 17mila dipendenti pubblici cantonali e comunali affiliati all’Istituto di previdenza del Canton Ticino (Ipct) quanto stiano decidendo sulle loro pensioni. E lo fanno rivelando cifre «mai state svelate al grande pubblico».
Ancora increduli, rattristati e indignati per la decisione del Consiglio di Stato ticinese di negare al nostro fratello e compagno Arlind Lokaj il diritto di continuare a vivere nel paese dove è nato, dove ha la sua mamma, la sua ragazza e i suoi amici più fraterni e dove tra pochi mesi potrebbe incominciare un apprendistato, gli “Amici di Arlind” lanciano un accorato appello a tutta la popolazione ticinese affinché si mobiliti in favore di questo bravo ragazzo di soli 17 anni che non ha mai fatto del male a nessuno ma che il nostro Governo vorrebbe espellere dalla Svizzera e rispedire in Kosovo, nel suo paese di origine dove però non ha più alcun punto di riferimento.
Perché non dare ad Arlind la possibilità di vivere una vita normale in Ticino invece di cacciarlo in un tunnel di cui non si vede l'uscita? Solo perché secondo la legge la domanda per il ricongiungimento familiare è stata presentata tardivamente? Chiediamo umilmente ai cittadini ticinesi di rispondere a queste domande e di provare anche solo per qualche minuto a calarsi nei panni di un Arlind o in quelli del genitore di un Arlind. Tutti coloro che proveranno un sentimento d'indignazione per la decisione del Consiglio di Stato, sono invitati/e a partecipare ad una
Manifestazione di protesta
ARLIND È UNO DI NOI E CON NOI DEVE RESTARE!
martedì 15 aprile alle 17.30
a Bellinzona -Piazzale della Posta-
Abbonarsi alla versione cartacea di area costa solo 60 franchi!