Habemus Palace

Habemus Palace. "Guardatevi in giro e vedrete che cosa abbiamo evitato alla città di Lugano". Così, tra il serio e il faceto, l’architetto Mario Botta, ha invitato la stampa a curiosare fra i 122 progetti presentati al concorso internazionale indetto dalla Città di Lugano ed esposti al Padiglione Conza. E non sappiamo se alludesse all’ideazione di taluni lavori che a volte prevaricano la realtà in cui dovrebbero inserirsi. Dei progetti, tutti presentati anonimamente, dopo due selezioni effettuate da un’apposita giuria (presieduta da Botta e che vedeva, fra le sue fila, anche il sindaco luganese Giorgio Giudici), quattro sono risultati i "vincitori". Progetti candidati che sono stati illustrati alla stampa lo scorso martedì a Lugano. Al di là delle varie soluzioni di recupero del Palace proposte, una cosa è certa: Lugano è scampato al rischio dell’ennesimo scempio che fino a qualche anno fa sembrava prospettarsi. Ossia la falciatura di un complesso architettonico considerato un "unicum nazionale" (così lo definì, Käthy Riklin, presidende zurighese della Commissione federale dei monumenti storici che si è battuta per la sua salvaguardia). Certo ci vorrà ancora del tempo prima che il Grand Hôtel luganese possa rinascere a vita nuova. Ma sembra quasi un miracolo che uno dei monumenti storici di Lugano, fino a qualche anno fa destinato all’eutanasia, ora abbia riacquistato la sua centralità culturale. Il complesso monumentale ospiterà spazi espositivi, una sala teatrale, degli spazi abitativi e dei parcheggi: il tutto in un contesto dove la funzionalità del nuovo si dovrà coniugare armonicamente alla memoria e fascino dell’antico. Il Municipio di Lugano, tornato alla ragione, aveva lanciato due anni fa un concorso internazionale per il recupero del Palace e istituito una giuria per la valutazione del progetti presentati. Dopo due selezioni, dei 122 lavori, la giuria si è risolta con la premiazione di quattro lavori e l’acquisto di sette (premiati per le idee ritenute interessanti, anche se non rispondenti appieno alle indicazioni del concorso). "Nell’aprire le buste — ha spiegato Botta — contenenti l’identità degli autori abbiamo avuto la lieta sorpresa di scoprire che tutti e quattro i progetti erano stati realizzati da gruppi di architetti ticinesi". Un elemento che, si è ribadito, denota una profonda conoscenza del tessuto architettonico e ambientale del proprio territorio. Una sorpresa doppiamente lieta se si ricorda che uno degli autori del progetto premiato al 1° rango (e lodato dalla giuria per la "grande semplicità dell’impianto") è proprio l’architetto Tita Carloni che a lungo si è battuto per la salvaguardia del Palace. Particolare la modalità di premiazione della giuria che ha rinunciato a designare un unico vincitore, in quanto i requisiti richiesti dal Municipio committente si riscontrano nei quattro progetti, ognuno dei quali risolve al meglio un aspetto piuttosto che un altro. "Dalla valutazione dei lavori — ha affermato Botta — abbiamo tratto una preziosa riflessione che ci porta a rendere attenti i committenti (il Municipio di Lugano, ndr) sulla necessità di un recupero del monumento che non si limiti solo alla "crosta esterna", alla facciata ma che gli dia profondità di contenuto". "Con il concorso — concorda l’architetto Tita Carloni — è stato lanciato un segnale che vede in primo piano il rispetto della città. Questo è l’elemento cardine di cui tener conto. Altro punto interessante è la giuria abbia ribadito l’importanza di un intervento che non sia solo "di facciata". Purtroppo, infatti, a Lugano molti lavori hanno avuto la funzione di "mascherare" degli edifici, con soluzioni che hanno tutta l’aria di ridursi a stampelle". E anche Nadir Sutter della Stan (Società ticinese per l’arte e la natura), ribadisce l’importanza di allargare lo sguardo a tutto il contesto cittadino: "Guardiamo Piazza della Riforma — dice — la piazza più importante di Lugano: possibile che nessuno si preoccupi di tutta quella serie di gazebi (di esercizi commerciali, ndr) che la deturpano?". E la piazza resta uno degli elementi ricorrenti nei vari progetti prescelti per l’ex-Palace. La piazza quale anello di raccordo fra il palazzo ottocentesco (ma ricordiamo che le mura del Palace nascondo quelle di un antico monastero del XV secolo) e il resto del tessuto urbanistico della città. "Non è stato facile — ha detto l’architetto Michele Arnaboli, premiato con i suoi collaboratori, per il suo progetto — rispondere ai requisiti del concorso, anche perché ponevano dei limiti ben chiari. Ora per poter andare avanti si dovrà capire in che direzione il Municipio vorrà continuare e solo allora, qualora ci verrà chiesto, potremo ripensare quegli elementi del nostro progetto che vanno ripensati". E ora che l’iter della disamina è finito e sono stati indicati i vincitori del concorso, la giuria suggerisce al Municipio di proseguire con un mandato di studio e con le consultazioni che veda coinvolti i progettisti prescelti. Tocca al sindaco Giorgio Giudici — smesse le vesti di membro della giuria e indossate quelle del municipale — spiegare quando finalmente il progetto comincerà a tradursi in un effettivo inizio dei lavori. Le previsioni sono per la fine del 2001 e l’inizio del 2002. Nel frattempo, un gruppo d’accompagnamento designato dal Municipio continuerà ad interloquire con i quattro gruppi di architetti al fine di trovare una soluzione che soddisfi tutte le parti. E assicura che il parere della giuria continuerà ad essere un punto di riferimento nell’ambito di un lavoro di concerto che — garantisce Giudici —porterà fino alla realizzazione del progetto. "Bisogna dare atto — ha commentato l’architetto Carloni — che la giuria ha dato prova di grande serietà, ora spetta al Municipio fare altrettanto".

Pubblicato il

18.05.2001 05:00
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