Guerre telegeniche e guerre sporche

Nel 1992 Bertrand Tavernier realizzò un bellissimo documentario dall’enigmatico titolo di La guerre sans nom, dedicato a quella che tutti chiamavano “la guerra d’Algeria”, tutti meno lo stato francese! Secondo la costituzione francese infatti una guerra, per essere tale, deve essere dichiarata dal governo e approvata dal parlamento, e il parlamento francese non avrebbe mai potuto dichiarare guerra all’Algeria che, in quanto colonia, era parte integrante della Francia stessa! Ma in questa non-guerra i coscritti francesi morivano come nelle guerre vere… E sempre a proposito di Algeria, c’è un altro bellissimo documentario realizzato nel 2002 da Mohamed Soudani, Guerre sans images, in cui il regista cerca di ritrovare uomini e donne ritratti 10 anni prima in un libro fotografico. Molti però sono scomparsi, forse morti, cancellati da questa guerra che pochi vogliono ricordare perché, appunto, una guerra senza immagini. Guerra nel pieno senso della parola invece, e dispensatrice a piene mani di immagini, quella in Iraq: le televisioni di tutto il mondo ci hanno fatto vivere, frame by frame, ogni momento di questo assurdo e devastante momento di follia, tanto da farla sembrare un gigantesco e modernissimo video-gioco, un video-Risiko con in palio 100 fantastilioni di barili di petrolio… Tra le ore e ore di immagini viste in queste settimane ce ne sono due che mi hanno particolarmente colpito, anzi tre. Cominciamo da una delle più famose, quei volti di prigionieri americani fatti vedere da Al Jazeera, e ripresi da poche televisioni occidentali (tra cui – evidentemente- il Tg-barzelletta di Fede), che hanno fatto gridare all’orrore e allo scandalo i buoni benpensanti: mancanza di rispetto, convenzione di Ginevra, barbarie, e così via. Pochi però hanno notato che le stesse televisioni occidentali avevano fatto veder prima, e hanno continuato a far vedere dopo, decine di immagini di prigionieri iracheni, alcuni sdraiati per terra con le mani dietro la nuca, altri con le mani legate, o bambini piangenti che uscivano dalle case sotto le urla di marines con i mitra puntati. E la convenzione di Ginevra, dove la mettiamo? Un’altra immagine, forse ancor più significativa: dopo l’occupazione di Baghdad, tutte le televisioni si sono affrettate a far vedere i saccheggi compiuti dal popolo inferocito contro i simboli del potere, i palazzi del Rais e gli edifici governativi, tirando un po’ le orecchie agli invasori perché non si erano preoccupati di mantenere l’ordine pubblico e di evitare almeno il saccheggio di edifici culturalmente importantissimi come il Museo Nazionale. Non tutti gli edifici pubblici sono stati devastati, uno almeno è stato subito circondato e protetto dai marines, e nessuna banda inferocita ha potuto toccarlo. Le immagini televisive ci hanno mostrato chiaramente l’insegna: Ministry of Oil, il ministero del petrolio. Magari potevano andar bruciate o distrutte le mappe dei pozzi: ma allora la guerra che senso avrebbe avuto?

Pubblicato il

01.05.2003 16:00
Mariano Morace