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Guerra, pace e immagine

di

Martino Rossi
Calmy-Rey picchia i pugni sul tavolo per incontrare Powell a Davos: come se un ministro degli esteri avrebbe potuto rifiutare di bere un caffè con la sua collega del paese che lo ospita… L’incontro è scontato, la proposta un po’ meno; la nostra “Dimitri con le mèches” ha una idea generosa e geniale: che Bush (o chi per esso) incontri in Svizzera Saddam (o chi per esso). Più o meno come chiedere al sindaco di New York di incontrare a Ginevra Bin Laden (i cui famigliari, del resto, sono di casa sul Lemano). Il no è ovvio, ma “Crudelia” non demorde. Dà per scontata la guerra e convoca quindi una “conferenza umanitaria” invitando chi si appresta a distruggere l’Iraq a discutere costruttivamente, con le sue vittime designate, di bende, cerotti, plasma sanguigno, razioni alimentari e tende per i profughi, ma non di politica. Tuttavia gli aggressori mettono condizioni: che a Ginevra non vi siano gli aggrediti, ma solo gli alleati e chi è disposto a pagare i disastri delle loro 8 mila bombe “intelligenti” lanciate sin dal primo giorno. Calmy-Rey pensa che non hanno tutti i torti e, “per non politicizzare l’incontro”, cancella l’invito al ladrone di Baghdad, ma mantiene quello al pistolero texano: notoriamente, fuori casa gli americani non fanno politica ma solo buone azioni. Gli americani, però, non ci stanno ugualmente: vogliono evitare quelli della “vecchia Europa”, ancora più irritanti della intraprendente Micheline, che propongono ora di inviare in Iraq il triplo di ispettori accompagnati dai caschi blu dell’Onu (preferibilmente franco-germanici), anziché le squadriglie e le divisioni corazzate anglo-americane. Per far cosa? Per disarmare Saddam, of course, non è questo che vuole il Presidente? Ma lui, ovviamente incapace di riflettere prima di parlare, dice subito di no: qualche giorno di pazienza e il no sarebbe venuto da Saddam, impossibilitato ad accettare per il suo paese le condizioni accessorie (tra cui l’inasprimento delle sanzioni) che i francesi e i tedeschi hanno infilato nel loro “piano di pace”. I maligni pensano che proprio questo volessero Chirac e Schröder: un bel no del dittatore sanguinario per poter dire finalmente sì a una bella guerra – naturalmente benedetta dalle Nazioni Unite – così da potersi poi sedere al tavolo dei vincitori a spartirsi il bottino… A pensare male si fa peccato ma ci si azzecca quasi sempre, come ci ricorda Andreotti… Conclusioni? Tre. Calmy-Rey imposta la politica estera del nostro paese con il suo consulente all’immagine, anziché con gli esperti (se ne ha) di strategia e politica internazionale. Tutti (salvo Bush) hanno assimilato la lezione di Machiavelli: il Principe che vuole mantenere o accrescere il suo potere tramite la guerra, la faccia pure, ma moltiplicando però gli appelli alla pace. “Tutti americani”, come dopo l’11 settembre? No, tutti fiorentini…

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Venerdì 21 Febbraio 2003

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