Lo scorso 13 giugno Israele ha attaccato l’Iran con una serie di raid che hanno provocato la risposta di Teheran. Sono oltre 400 le vittime in Iran, secondo il Guardian, inclusa la guida delle milizie al-Quds, Esmail Qaani, il consigliere della guida suprema, Ali Shamkhani, il capo dell’Intelligence iraniana, Mohammad Kazemi, e 14 ingegneri impegnati nel programma nucleare iraniano. I raid hanno colpito le centrali nucleari di Natanz, Isfahan, Fordow, oltre a caserme, basi militari e missilistiche. In quattro giorni di attacchi reciproci, sono almeno 19 i morti israeliani e decine di feriti nei raid iraniani e delle milizie Houthi in Yemen su Haifa, Gerusalemme e Tel Aviv. Una guerra di Trump e Netanyahu Il presidente USA, Donald Trump, inizialmente ha sostenuto di essere stato a conoscenza del piano israeliano di attaccare il programma nucleare iraniano. I raid israeliani sarebbero dovuti avvenire già lo scorso aprile ma in quella fase è stato avviato il tavolo negoziale tra Stati Uniti e Iran per arrivare a un accordo sul nucleare con la mediazione dell’Oman. Qualsiasi tentativo di negoziato, che prevedeva l’azzeramento dell’arricchimento dell’uranio da parte iraniana, è stato ora accantonato in seguito all’aggravarsi del conflitto tra Israele e Iran. Attacchi reciproci tra i due paesi c’erano già stati lo scorso anno ad aprile e ottobre con le accuse mosse da Tel Aviv al sostegno assicurato alla causa palestinese dagli ayatollah, come parte del così detto Asse della Resistenza che include Hamas, il movimento sciita libanese Hezbollah e gli Houthi in Yemen. Dopo la prima ondata di attacchi, Trump ha definito “eccellenti” i raid israeliani e ha sostenuto che gli USA potrebbero unirsi a Tel Aviv nella guerra all’Iran. Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha rivelato di avere già le prove del coinvolgimento USA negli attacchi. Per esempio, secondo fonti di Washington, gli Stati Uniti hanno modificato gli F-35 usati da Israele per attaccare l’Iran per evitare che avessero bisogno di rifornimento. Il Mossad ha infiltrato l’Iran Non solo, questi attacchi hanno dimostrato una volta di più fino a che punto il territorio iraniano è stato infiltrato dall’Intelligence israeliana negli ultimi anni. La polizia di Alborz ha annunciato l’arresto di due individui a Savojbolagh, accusati di collaborare con il Mossad israeliano. “I sospetti facevano parte di un gruppo che fabbricava bombe, esplosivo e equipaggiamento elettronico”, si legge in una nota della polizia iraniana. E poi tre persone sospettate di legami con l’Intelligence israeliana sono state condannate a morte nelle ultime settimane in Iran. E così prima che Tel Aviv lanciasse le sue ondate di attacchi in Iran, le spie israeliane erano già in territorio iraniano. Il Mossad è stato capace di far entrare armi in Iran che sono state usate per colpire il sistema di difesa. Non solo, Israele avrebbe costruito una base per lanciare droni anche all’interno dell’Iran per colpire le basi missilistiche di Teheran. Armi di precisione sarebbero entrate clandestinamente in territorio iraniano grazie alla rete di sostegno ottenuta dall’Intelligence israeliana sul modello delle infiltrazioni che nello scorso autunno hanno portato prima alle esplosioni dei cercapersone e poi all’uccisione dei principali leader del movimento sciita libanese Hezbollah, incluso Hassan Nasrallah. E così le informazioni raccolte dal Mossad in Iran hanno dato a Israele la capacità di colpire con grande precisione comandanti dei pasdaran e scienziati iraniani. In alcuni video del Mossad si vedono addirittura droni che colpiscono lanciatori di missili. L'obiettivo è Khamenei A questo punto appare sempre più possibile che l’obiettivo israeliano non sia solo fermare il programma nucleare iraniano. Secondo il report dell’Agenzia internazionale per l’Energia atomica (AIEA), pubblicato alla vigilia dei raid israeliani, l’Iran è arrivato a livelli di arricchimento dell’uranio molto vicini a quelli necessari per avere un’arma atomica. Ma lo scopo di Tel Aviv potrebbe essere il cambiamento di regime. In questo caso sarebbe la stessa guida suprema, Ali Khamenei, l’obiettivo di Netanyahu, come ha spesso dichiarato in varie occasioni. Secondo alcune fonti, il presidente USA, Donald Trump, avrebbe però posto il suo veto contro l’uccisione del leader iraniano e dei vertici politici del paese. Secondo Trump, un accordo tra Israele e Iran sarebbe ancora possibile anche con la mediazione del presidente russo, Vladimir Putin. Questa eventualità è stata duramente osteggiata dal suo omologo francese, Emmanuel Macron. “Il regime non deve finire per mano di Israele” Più in generale, anche se alcuni tra i giovani iraniani che hanno sostenuto il movimento “Donna, vita, libertà”, innescato nel 2022 dall’uccisione della giovane curda, Mahsa Amini, per mano della polizia morale, auspicano la fine del regime degli ayatollah, non vogliono che questo avvenga per mano di Israele. Tra le vittime dei raid di Tel Aviv in Iran ci sono tante donne e bambini, inclusa la nota artista Mansoureh Alikhani. “Non è così che deve cadere il regime”, ci ha spiegato l’attivista iraniana Shirin. Non solo, se anche Khamenei dovesse essere ucciso dai raid israeliani, questo non implicherebbe la fine automatica del sistema della Repubblica islamica così come gli attacchi ai siti nucleari di per sé non significano la fine del programma nucleare iraniano. E così, come uccidere Nasrallah non ha chiuso la stagione politica di Hezbollah ma ha solo indebolito temporaneamente il partito libanese, la stessa cosa potrebbe avvenire con la fine di Khamenei. In altre parole, il leader iraniano non è come il presidente siriano, Bashar al-Assad, che ha visto implodere il suo potere dopo aver lasciato il paese, ma ha dietro di sé un sistema rivoluzionario ultraquarantennale che può andare avanti, a meno di ampie manifestazioni popolari antiregime. A Gaza si continua a morire Tutto questo avviene mentre a Gaza continua il genocidio. Così come le autorità israeliane hanno bloccato ed espulso i 12 componenti dell'equipaggio della Freedom Flotilla, inclusa Greta Thunberg, che tentavano di arrivare sulle coste di Gaza la scorsa settimana, le autorità egiziane stanno fermando, arrestando e deportando centinaia di attivisti della Global March to Gaza che avrebbe dovuto portare migliaia di persone da tutto il mondo fino al valico di Rafah nei prossimi giorni. “Le autorità egiziane ci hanno bloccato a Ismailia sulla strada per Rafah”, ci ha spiegato uno degli organizzatori, Iasonas Apostopulos di Mediterranea Saving. “Abbiamo protestato a Ismailia. La polizia ci ha disperso e ci ha fatto entrare con violenza in un van per riportarci al Cairo. Uno tra noi è stato deportato”, ha aggiunto l’attivista. “La polizia ha iniziato ad essere violenta con i manifestanti”, ci ha confermato anche l’avvocato egiziano per i diritti umani, Mahienour el-Masri. Come se non bastasse, il premier, Benjamin Netanyahu, ha confermato che le autorità israeliane stanno finanziando gruppi jihadisti, affiliati allo Stato islamico, in funzione anti-Hamas a Gaza. Netanyahu, che continua a fronteggiare una seria opposizione interna e rischi di crisi di governo, ha inviato armi a Yasser Abu Shabab mettendo in pericolo anche la sicurezza israeliana. Infine, mentre proseguono le mobilitazioni in tutto il mondo per chiudere la drammatica pagina della guerra a Gaza, il governo inglese ha sanzionato i politici israeliani di estrema destra Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, per i loro discorsi di odio che hanno innescato violenze in Cisgiordania. Con la guerra contro l’Iran, Israele vuole colpire l’ultimo e il più importante tassello della rete regionale che gli ayatollah hanno costruito negli ultimi anni. Il lavoro è iniziato con l’uccisione a Baghdad del capo delle milizie al-Quds, Qassem Soleimani, nel 2020, è andato avanti con i raid che hanno azzerato la leadership di Hamas, da Ismail Haniyeh a Yahya Sinwar, fino agli attacchi nel Sud di Beirut che hanno ucciso il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, lo scorso anno. E così dopo la fine del regime di Bashar al-Assad in Siria non resta a Tel Aviv che liberarsi della guida suprema iraniana, Ali Khamenei. Il conflitto iniziato il 13 giugno però è molto pericoloso per le sorti del Medio Oriente e sono ancora davvero incerti gli effetti della guerra israeliana contro l’Iran. Di sicuro, questo conflitto non può oscurare il genocidio e la gravissima crisi umanitaria in corso a Gaza. Solo un cessate il fuoco nella Striscia e la soluzione del conflitto israelo-palestinese può riportare la pace in Medio Oriente.
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