Guardare al centro

Sembrerebbe una scelta scontata in Europa (e in Svizzera) per una sinistra che vuole essere maggioranza o componente determinante della maggioranza per governare questa fase delicata di grandi cambiamenti nella organizzazione della produzione e nei rapporti internazionali. Una fase che potrebbe sfociare in un salto di civiltà a livello planetario, ma che potrebbe anche produrre maggiori ingiustizie, sofferenze, disordine. A volte la sinistra sembra invece tentata dal contendere all’estrema destra quella parte di elettorato che si lascia incantare dalle sirene del populismo e della demagogia con il rischio di scivolare pure lei nelle semplificazioni e nelle promesse senza costrutto. Sarebbe una scelta sbagliata strategicamente e eticamente perché semina vento. Sarebbe una scelta sbagliata tatticamente perché il populismo e la demagogica raccolgono successi significativi solo se, in qualche modo, servono al potere economico-finanziario. Come dimostrano al Sud delle Alpi i casi della Lega di Bossi e della Lega di Bignasca. Ma cosa significa oggi “guardare al centro”? Il momento che stiamo attraversando appare caratterizzato da una delusione diffusa sia verso la scelta liberista, che sta trafugando nella liberalizzazione e nella globalizzazione selvagge soprattutto gli interessi dei più ricchi dei paesi ricchi (Stati Uniti in testa), sia verso la scelta statalista o vetero-marxista che, in fondo, nega, alla globalizzazione, al mercato e alla concorrenza la possibilità di svolgere un ruolo fondamentale nel tentativo di creare un mondo più giusto. Le condizioni sono quindi propizie per far apprezzare un comportamento politico che mantenga ben saldi gli orientamenti e gli obiettivi di fondo della sinistra per poi «valutare i problemi in maniera spassionata, mettendo da parte le ideologie e considerando gli elementi a nostra disposizione. L’intellettuale francese Pierre Bourdieu ha scritto che i politici dovrebbero dare al loro lavoro una impostazione di tipo accademico, impegnandosi in un dibattito scientifico basato su prove e fatti concreti» (citazione da J.E. Stiglitz: “La globalizzazione e i suoi oppositori”, prefazione). Personalmente sono convinto che un atteggiamento coerente di questo tipo da parte di un Partito politico e dei suoi rappresentanti in Governo e in Parlamento alla fine sarebbe premiato da un elettorato non schierato, laico, sensibile e che crede nell’onestà intellettuale. Un elettorato che magari oggi vota liberale più per rassegnazione che per convinzione. Tanto più che i partiti cosi detti “di centro”, nel tentativo di controllare l’estrema destra, diventano sempre di più “ideologici”. A livello nazionale penso al recente voto del Nazionale contro la revisione della LAMal o al neo ministro dell’Interno che ritiene che non sia compito del Consiglio Federale annunciare i premi di una assicurazione obbligatoria dove il governo ha il compito di controllare i conti e di informare gli assicurati. In Ticino penso al lamento ripetuto come una cantilena da quasi 10 anni per una mai precisata “revisione dei compiti dello Stato” mentre ci si disinteressa o spesso si denigra il tentativo in atto di modernizzazione dell’Amministrazione, oppure penso a come i partiti borghesi tendano a considerare gli sgravi fiscali una variabile indipendente rispetto ai compiti dello Stato, ritenuti utili per rilanciare i consumi che invece non decollano per uno stato di generale incertezza del futuro. Lo spazio per una politica seria, realista, concreta sul modello di quanto auspicato da Stiglitz e Bourdieu si sta allargando anche da noi. I socialisti potrebbero occuparlo.

Pubblicato il

10.01.2003 14:00
Pietro Martinelli