Grillo sull’onda dei controsensi italiani

Non sarà un linguaggio raffinato quello di Beppe Grillo. Del resto, di raffinato nel linguaggio come nella prassi della politica italiana c'è rimasto ben poco. In uno scenario decrepito da fine della repubblica si è inserito l'attacco del comico genovese promosso al rango di Napoleone dal popolo umiliato e offeso dalla politica dei partiti. Un popolo che non è plebe, è colto e naviga in rete senza tregua, si sente non rappresentato, intende la democrazia come rovesciamento dello stato di cose esistenti ma al tempo stesso è disposto a farsi guidare in questa "rivoluzione" da chi manda tutti i politici e i giornalisti affanculo perché tanto "sono tutti uguali". Il marchio d'origine della protesta che troppo sommariamente viene liquidata come "antipolitica" è infatti il V-day, leggasi vaffanculo day.

Sciogliere i partiti nell'acido, urla Grillo, e con questa parola d'ordine riempie le piazze, da Bologna al resto d'Italia, con i delusi dal centrosinistra. Fin qui la pars destruens, sulla base di accuse in gran parte sacrosante, all'esplosione dei costi della politica, alla corruzione diffusa, ai privilegi odiosi dei parlamentari, alla subalternità dell'informazione ai poteri. Pazienza – almeno per i grillini – se tutti vengono messi sullo stesso piano, i parlamentari condannati collusi con la mafia e chi è stato condannato per una manifestazione sindacale o antifascista, i giornali di Berlusconi che rapinano il danaro pubblico grazie ai sussidi previsti per i giornali "no profit", cooperativi e, ahinoi, di partito dalla legge per l'editoria, con testate come "il manifesto" che profitti non ne ha mai fatti in 36 anni di vita senza padroni. Ma la storia va sempre così, quando arriva l'ora della spallata va giù tutto.
I problemi nascono con la pars construens di Beppe Grillo che si scatena contro l'indulto che ha fatto uscire da carceri piene come uova alcune decine di migliaia di detenuti, non solo tossicodipendenti, poveracci o immigrati colpevoli di ben miseri reati ma anche mafiosi e corrotti. Tutti sullo stesso piano, come nella degradata cultura politica che Grillo dice di voler combattere e che in nome della legalità e del pubblico decoro se la prende più con i lavavetri che con i palazzinari abusivi, più con il migrante irregolare che con l'evasore fiscale. Chi ha subito due gradi di condanna – in Italia ne sono previsti, per fortuna, tre – non deve entrare in parlamento dove, peraltro, l'eletto non può stare per più di due legislature. Cioè a dire, cancelliamo questa casta politica, Previti come Bertinotti, Mastella come Mussi, mandiamoli tutti vaffanculo, e una nuova classe politica nascerà come d'incanto. Infine, Grillo rivendica, giustamente, la modifica di una legge elettorale infame (quante volte l'abbiamo scritto anche su questo giornale?) che delega ogni scelta alle segreterie dei partiti, e chiede il ripristino del voto di preferenza.
Non si può non capire la ragione del successo di Grillo, se si pensa al fatto che mentre nel silenzio di tutti, i parlamentari si sono aumentati di altri 200 euro al mese i loro stipendi indecenti, quasi nove milioni di lavoratori italiani aspettano da tempo il rinnovo del contratto, e quando strappano 100 euro di aumenti per compensare l'inflazione vengono accusati di mandare in malora i conti pubblici.  Scrive un maestro della satira come Alessandro Robecchi: «Non sono per niente un sostenitore dell'antipolitica, eppure confesso di aver pensato con un certo malanimo ai 500.000 euro spesi dalla Camera per comprare carta igienica. Ci ho pensato mentre portavo mio figlio alla scuola pubblica con la sua dotazione di quattro rotoli, più il sapone, espressamente richiesti dalla direzione didattica». E aggiunge Robecchi, non sarebbe male se dopo aver fatto il contropelo alla casta politica si cominciasse a fare lo stesso con la casta degli imprenditori.
L'annuncio della presentazione di liste civiche che avranno il marchio di qualità del comico genovese (segnaliamo una brillante vignetta del disegnatore Vauro che fa dire al suo omino "sta a vedere che adesso prima di mandare qualcuno vaffanculo devo chiedere l'autorizzazione a Grillo") divide il popolo dei grillino, in massima parte proveniente dalle fila del centrosinistra. Basti pensare al successo ottenuto dal V-day non solo a Bologna, ma addirittura alla festa dell'Unità. Grillo non è il solo Savonarola della politica italiana, con lui spesso si accompagnano Marco Travaglio che aumenta il tasso di giustizialismo del movimento e altri personaggi della satira politica, come Sabina Guzzanti che pure, nel suo ultimo film "Le ragioni dell'aragosta", indica la possibilità di uscire da crisi e sconfitte senza delegare ai presunti salvatori della patria col microfono, ma cercando strade comuni, soluzioni condivise che passano attraverso la lotta e la partecipazione diretta dei cittadini – che siano operai di Mirafiori, pescatori sardi o comici diventati scomodi per il potere politico e dunque espulsi dalla televisione. A proposito del ritorno in tv dei castigatori di costumi, Michele Santoro con "Anno zero" ha giustamente offerto un megafono alla denuncia di Grillo. E' scorretto ricordare, però, che grazie alla censura di Berlusconi Santoro è stato eletto a furor di popolo girotondino all'europarlamento, da cui se n'è andato anticipatamente quando ha potuto ricomparire in video, e vaffanculo chi l'ha eletto?
Sono queste le contraddizioni italiane che parlano soprattutto alle forze politiche e sociali di sinistra. Gridare alla lesa maestà, all'antipolitica di Grillo è un gioco meschino e ingannevole per rimuovere lo stato della (loro) crisi di rappresentanza. Meglio sarebbe lavorare alla ricerca di una rifondazione della politica basata sulla partecipazione diretta dei cittadini e dei soggetti sociali, una politica condivisa, impegni rispettati, trasparenza, decenza amministrativa, priorità, verifica politica e sociale permanente, ricambio dei quadri e delle agende, che si parli di lavoro o di ambiente, di legalità o di solidarietà. È necessario ma non basta mettere insieme chi si muove a sinistra del Partito democratico in una federazione, se la federazione non si regge sulle gambe della società e dei movimenti. Se non si percorre questa strada, non resta che il vaffanculo di Beppe Grillo.

Pubblicato il

28.09.2007 03:00
Loris Campetti