«Gli svizzeri sono un popolo di illusi»

Genitori, figli e nonni, lavoratori dipendenti e autonomi, datori di lavoro, disoccupati studenti, laureati e persone senza alcuna formazione, politici, artisti e intellettuali, svizzeri e cittadini di altri paesi, cristiani, musulmani, buddisti, ebrei e atei, eterosessuali, omosessuali, bisessuali, poveri, benestanti e alcuni persino ricchi. Sono loro i protagonisti di "Occupy Paradeplatz", movimento nato lo scorso 15 ottobre a Zurigo sull'onda delle manifestazioni di "Indignati" che quel giorno occuparono strade e piazze di oltre mille città nel mondo. Un movimento dunque assai eterogeneo e che da allora fa sentire quotidianamente la sua voce per le vie della capitale finanziaria del paese attraverso azioni simboliche volte a far riflettere la gente «sul tipo di mondo in cui vuole vivere» nonché a renderla «attenta degli abusi che si consumano nella nostra società».

In particolare nell'ambito di un «sistema finanziario dominato dall'avidità dei banchieri attivi nell'investment banking». Non è un caso che il nome del movimento contenga l'esplicito richiamo alla Paradeplatz, la centralissima piazza zurighese (attraversata dalla celebre Bahnhofstrasse) su cui si affacciano le due grandi banche elvetiche Ubs e Credit Suisse, storicamente luogo simbolo del potere finanziario e del benessere della nazione.
Proprio qui due mesi fa, con un accampamento di tende fatto sgomberare dalla polizia dopo un paio di giorni, era iniziata la protesta degli indignati zurighesi, trasferitisi in seguito al Lindenhof (uno spiazzo della città vecchia che sovrasta il fiume Limmat da una parte e la Bahnhofstrasse dall'altra), che hanno dovuto però lasciare a metà novembre su ingiunzione dell'autorità comunale. Successivamente è stato loro offerto asilo presso la chiesa di St. Jakob dalla parrocchia riformata di Zurigo-Aussersihl, da dove però hanno deciso di andarsene spontaneamente negli scorsi giorni.
La decisione di smantellare l'accampamento (come ogni decisione del movimento) è stata presa dall'assemblea plenaria. Essenzialmente per due motivi: «da un lato la mancanza di spazio sufficiente a garantire il normale svolgersi delle attività dei numerosi gruppi di lavoro, vera e propria anima del movimento, e dall'altro la presenza, complice la vicinanza con un quartiere particolarmente problematico come quello della Langstrasse,  di persone che vivevano, mangiavano e bevevano nel campo, ma non avevano nulla a che spartire con noi», spiega un attivista. «Agli occhi dei passanti il campo si stava trasformando in un ammasso di ubriaconi». Di qui la decisione andarsene e di cercare «nuovi spazi di lavoro e di vita».
Nel frattempo Occupy Paradeplatz non ferma però la sua attività di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, in particolare attraverso le assemblee spontanee che si tengono ogni sabato sulla Paradeplatz, conferenze tematiche (il giovedì sera presso l'università), volantinaggi e azioni simboliche. Proprio in queste settimane dell'Avvento in città vengono organizzate quotidianamente delle iniziative a sorpresa per indurre i passanti a «riflettere, in questo periodo prenatalizio fortemente segnato dal consumismo, sul contributo che loro possono dare alla creazione di una società più giusta e democratica».
Certo, il numero di persone che abitualmente frequenta le manifestazioni organizzate dagli indignati non consente di parlare di un "movimento di massa" come forse si poteva sperare lo scorso 15 ottobre, quando a Zurigo i manifestanti erano più di mille.
«È un movimento in costruzione», ci spiega Raffael Wütrich, 26 anni, di professione giornalista, indignato della prima ora, che area ha voluto incontrare per tracciare un primo bilancio dell'esperienza. La prima per lui a livello politico: «Non ho mai militato né in partiti né in associazioni o altro. In questo movimento presente a livello planetario ho però visto una grande chance per lavorare a un mondo più giusto. Soprattutto perché in esso ci s'impegna a spiegare alla gente le distorsioni del sistema capitalista. Un sistema in cui possono esserci solo pochi vincitori e molti perdenti. Anche se si cerca sempre di far credere che tutti possono guadagnarci, la realtà dei fatti ci dice che gli interessi di pochi paesi occidentali procurano sofferenze immani a popoli interi. Spero dunque che il movimento riesca a farsi prendere sufficientemente sul serio da indurre finalmente il mondo a interrogarsi sui mali del capitalismo».
Le iniziative di Occupy Paradeplatz per ora non richiamano grandi folle. Qual è il suo bilancio?
«È troppo presto per fare bilanci. Certamente in questa fase è impensabile un coinvolgimento delle masse. I primi frutti del nostro lavoro si potranno cominciare a vedere solo la prossima primavera. Per ora si tratta di insistere nel lavoro d'informazione presso l'opinione pubblica, sia con i mezzi tradizionali sia attraverso internet, che si sta rilevando una piattaforma di dibattito molto utilizzata dai nostri simpatizzanti. È poi interessante osservare il sostegno finanziario che riceve il movimento: stiamo raccogliendo molti fondi.
Forse è normale che nel paese più ricco del mondo gli indignati non richiamino le masse come è stato in Spagna già a partire dall'anno scorso...
Certo. In Svizzera si sta ancora bene ed è ancora forte l'illusione di poter mantenere ancora a lungo questo benessere.
Perché parla di "illusione"?
In Grecia, Portogallo, Spagna, ma anche nei paesi a noi vicini come Italia, Francia e Germania la situazione è già degenerata da tempo. A mio avviso, è impensabile che in un mondo sempre più globalizzato, la Svizzera possa continuare a lungo ad essere un'isola felice.
Occupy Paradeplatz , che si definisce movimento apolitico, è  in realtà di sinistra?
Tra di noi ci sono molte persone collocabili a sinistra ma non siamo un'accozzaglia di sinistroidi. C'è gente di ogni tendenza politica (che vota partiti di sinistra, di centro e di destra o che non vota del tutto) che condivide però preoccupazioni comuni e  vuole contribuire alla soluzione dei problemi che vive nella sua quotidianità. Detto questo è chiaro che definirci "tendenzialmente di sinistra" non è del tutto sbagliato, visto che a questo campo appartengono le forze che con varie sfumature criticano il sistema capitalista.
Avete rapporti con altre realtà politiche extraparlamentari come per esempio il movimento, molto presente a Zurigo, Revolutionärer Aufbau?
Non abbiamo alcun rapporto con questo gruppo. Per ora abbiamo collaborato solo con Greenpeace e altre associazioni ambientaliste. Personalmente però sarei favorevole ad un avvicinamento ad altre realtà che da tempo hanno riconosciuto l'inadeguatezza del capitalismo.
Avete invece contatti con personaggi che negli anni Ottanta furono protagonisti del movimento giovanile zurighese che salì sulle barricate per ottenere un centro sociale autonomo e spazi per la cultura alternativa?
Nel movimento ci sono anche alcuni attivisti che furono protagonisti di quella stagione di lotte e di quella del sessantotto. La loro esperienza è sicuramente utile e benvenuta. Ma i nostri metodi e i nostri obiettivi sono abbastanza differenti. Occupy rifiuta in particolare ogni forma di violenza e di confronto violento con la polizia.
Visto che per esempio l'occupazione delle piazze avviene senza autorizzazione, vuol dire che accettate l'illegalità come strumento di lotta?
Dipende in quale misura. L'occupazione degli spazi pubblici da un lato deriva da diritti costituzionali quali la libertà di espressione e quella di riunione e dall'altro è subordinata ai regolamenti comunali che ne limitano l'uso. In questo caso noi diamo più valore ai grandi principi iscritti nella Costituzione e li difendiamo con la disubbidienza e la resistenza passiva, che possono essere strumenti utili alle nostre rivendicazioni.

Pubblicato il

09.12.2011 03:00
Claudio Carrer