Gli statali contro i tagli

La discesa in piazza di migliaia di dipendenti pubblici ticinesi, che il 12 novembre scorso hanno protestato a Bellinzona contro le misure di risparmio pianificate dal governo cantonale, ha prodotto una vasta eco in tutta la Svizzera. Ma non è stata l’unica manifestazione del genere nel nostro paese. Ormai quasi tutti i cantoni e le maggiori città accusano finanze in deficit ed hanno preso ad applicare la stessa politica: ridurre la pressione fiscale e tagliare la spesa pubblica. Con la conseguenza che ovunque, da Ginevra a San Gallo, da qualche tempo si va levando la voce di protesta di insegnanti, poliziotti, sanitari, impiegati e assistenti sociali, preoccupati sicuramente per i loro posti di lavoro ed i loro salari, ma anche per lo scadimento qualitativo e la riduzione complessiva dei servizi dello stato. Le proteste più recenti sono state quelle di duemila dipendenti cantonali di San Gallo, che sono scesi in piazza in diverse località del cantone; quelle del personale statale bernese, che con un’ora di astensione dal lavoro ha voluto lanciare un avvertimento ai politici; quelle dei dipendenti comunali di La Chaux-de-Fonds, che hanno dato vita ad una manifestazione; e quelle del personale sanitario dei due semicantoni di Basilea. Ma le proteste più forti si sono avute nel giugno scorso a Zurigo. Dapprima sono scese in piazza tra le 6 mila e le 7 mila persone. Appartenenti ad una quarantina di organizzazioni diverse aderenti al cartello sindacale cantonale, i dipendenti pubblici sfilarono il 2 giugno nel centro della città. Sulla Helvetiaplatz una serie di oratori si alternarono per denunciare la politica cantonale che punta a risparmiare 1,6 miliardi di franchi in tre anni, sopprimendo 1’230 posti di lavoro, il che non è uno scherzo neppure per un cantone economicamente solido come Zurigo. E non è uno scherzo soprattutto perché i tagli toccheranno duramente settori vitali come le scuole, la sanità, i trasporti pubblici. Sarà aumentato il numero degli allievi per ogni docente, e la qualità delle prestazioni ospedaliere diminuirà. Si arrivò così all’astensione dalle lezioni, il 20 giugno, in tutta la scuola zurighese. Lo sciopero era stato proclamato già a metà maggio, pochi giorni dopo che il governo cantonale annunciasse l’adozione di 144 pesanti misure di risparmio. La scuola dell’obbligo e quella medio-superiore venivano colpite per quasi 400 milioni di franchi. Dei posti di lavoro da sopprimere, oltre la metà, cioè 750, concernevano il settore dell’istruzione, di cui 500 nella scuola elementare e media. Di conseguenza, la media di allievi per classe salirebbe da 25 a 28-30 e gli insegnanti potranno dedicare meno tempo ai singoli scolari. Un quarto delle lezioni di lavoro manuale dovrà essere abolito, e verranno ridotte anche le ore di religione. La protesta s’indirizzava anche contro le minori indennità per anzianità di servizio e riqualificazione degli insegnanti, nonché contro la riduzione della compensazione del rincaro. Uno sciopero delle scuole nella Svizzera tedesca è un fatto più unico che raro; e la dice lunga sullo stato di tensione che regna in tutto il paese a causa delle misure di risparmio, spesso abbinate a profonde riforme, adottate nei diversi cantoni. Il malessere dei dipendenti pubblici in generale, e del personale della scuola in particolare, si è espresso apertamente negli ultimi anni soprattutto nei cantoni romandi. Anche nel canton Vaud, per esempio, nell’autunno del 2001 gli insegnanti erano arrivati a minacciare uno sciopero, poi sospeso, contro l’aumento dell’orario di lavoro. A Ginevra non cessa la mobilitazione dei docenti, che da tempo denunciano la «pressione populista sulla scuola». Ma anche a Friburgo, a Neuchâtel e nel Vallese il malessere serpeggia, collegato soprattutto agli aspetti salariali. A Zurigo il Pss chiede il dimezzamento del pacchetto di risparmio «totalmente squilibrato dal profilo della politica sociale». Per la sinistra questa battaglia poteva essere evitata, almeno in parte. Il motivo? Semplice: i milioni da risparmiare per risanare il bilancio potevano essere meno della metà, poco più di 600, se la maggioranza borghese non avesse approvato un taglio del 5 per cento delle imposte cantonali. La prova che i partiti borghesi non perseguono soltanto il risparmio, ma anche l’indebolimento e il parziale disimpegno dello Stato.

Pubblicato il

21.11.2003 01:30
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