Lunedì scorso la riunione di Piattaforma si è svolta come di consueto, solo al suo termine i rappresentanti del personale e le parti sindacali Sev, Transfair e Unia hanno scoperto che sarebbe però stata l’ultima. In presenza anche dei due consiglieri di Stato ticinesi Claudio Zali e Christian Vitta, le FFS hanno infatti dato disdetta dal consesso creato dopo lo sciopero del 2008 e nato ufficialmente nel 2014 per affrontare le sfide riguardanti il futuro delle Officine. A pochi mesi dalla posa della prima pietra del nuovo comparto a Castione, le Ferrovie hanno dichiarato di considerare raggiunti gli obiettivi fissati dalla Piattaforma, strumento di cui hanno – ora come allora – a più riprese riconosciuto il valore. Tempistiche e modalità di questa decisione unilaterale hanno destato più di un dubbio alla Commissione allargata composta da sindacati e Commissione del personale Officine di Bellinzona (CoPe-OBe), che teme una riduzione dei 360 posti di lavoro garantiti dalle FFS nel futuro nuovo stabilimento. Timori condivisi anche dagli operai, in 200 riuniti venerdì mattina all’assemblea del personale dove all’unanimità è stata votata una risoluzione che chiede alle FFS di cambiare idea e rientrare nella Piattaforma. «Non capiamo il motivo per il quale si ritirino a cinque minuti dalla fine della gara – afferma il vicepresidente della CoPe Mauro Beretta –. Tra gli operai, ora, predomina la preoccupazione. Si chiedono il perché di questa decisione unilaterale e sono preoccupati per il fatto che così mancherà un organo di discussione, vigilanza e confronto». Le tempistiche alimentano i dubbi Le FFS hanno comunicato la disdetta dalla Piattaforma di dialogo sostenendo che gli obiettivi che si erano preposte erano tutti stati raggiunti, «noi abbiamo fatto notare che tra gli obiettivi c’era anche la salvaguardia dei posti di lavoro e dei volumi della nuova Officina», prosegue però Beretta. «Attualmente, infatti, abbiamo 510 posti di lavoro mentre le FFS, per il nuovo comparto di Castione, propongono di mantenerne 360 (più 80 apprendisti, ndr). Noi chiediamo che la Piattaforma venga mantenuta, soprattutto in questo delicato momento di transizione». I lavori che porteranno alla nascita del nuovo Quartiere Officine inizieranno infatti a settembre di quest’anno, avviando così una fase molto delicata per i lavoratori, già preoccupati dalle prospettive occupazionali al ribasso e ora ancor di più per via della decisione delle FFS di ritirarsi da un importante gruppo di dialogo. «Anche se le Ferrovie dicono di garantire 360 posti di lavoro, comportandosi così fanno in modo che si creino dei dubbi: perché rinunciare alla Piattaforma, se si è sicuri degli impegni presi? Cosa costa portarla avanti fino al completamento della nuova Officina?», si chiedono Beretta e gli operai, che invieranno la loro risoluzione alla Direzione FFS, al Consiglio di Stato e al Municipio di Bellinzona. In gioco ci sono posti di lavoro di grande importanza «Malgrado venga presentata come la più moderna d’Europa, ci siamo resi conto che in questa nuova Officina mancherà dello spazio. La nostra richiesta, anche a livello politico, è che in questo caso si trovino altri spazi per mantenere i volumi di lavoro nel nostro Cantone», continua Mauro Beretta. Cantone che, secondo il vicepresidente della CoPe, era a conoscenza della decisione imminente delle Ferrovie e che avrebbe dunque giocato un ruolo poco chiaro in questi avvicendamenti, sottraendosi a un gioco di squadra che avrebbe favorito il mantenimento di posti di lavoro in Ticino e aprendo gli orizzonti a delle prospettive che ora risultano incerte: «Tenendo aperta la piattaforma c'era un dialogo. Chiudendola si possono innescare delle reazioni, perché ci sono in gioco questioni di giustizia sociale. Da parte nostra un po’ di ottimismo c’è, ma tutto dipenderà dalla reazione a livello politico e da parte delle FFS». Secondo il presidente della CoPe Romeo Ruggiero, malgrado i volumi di lavoro ridotti che si prospettano per le nuove Officine di Castione il lavoro, in Ticino, c’è: «Anche per questo vorremmo intervenisse la politica – sostiene Ruggiero –, le FFS danno già lavoro a clienti terzi e in Germania, e non capiamo perché. Il lavoro può benissimo rimanere qui in Ticino, sono posti estremamente pregiati che è un peccato non si vogliano tenere o addirittura aumentare». |