Gli occhi dietro le sbarre

Grazie alla sua vasta esperienza nel campo dei diritti umani acquisita nel corso della sua vita professionale, l'avvocato Marco Mona è stato nominato vicepresidente della Commissione nazionale della prevenzione della tortura (Cnpt). In questa veste ha visitato numerosi centri di reclusione in Svizzera, ticinesi compresi. area ha voluto incontrarlo per parlare dello stato dei penitenziari ticinesi e più in generale dello stato di salute del sistema carcerario elvetico.
Avvocato Marco Mona, entriamo subito nel vivo delle critiche più pesanti da noi raccolte. Alcuni detenuti ci hanno descritto il regime preventivo carcerario della Farera di 23 ore in una cella individuale senza attività alcuna, simile alla tortura psicologica.
Non credo si possa parlare di tortura, piuttosto di una misura inumana e degradante.
Eppure nel vostro rapporto la definite inaccettabile se applicata oltre il breve periodo. Può specificare che cosa intendete per breve?
Dovremo certamente precisare questi termini ed è in corso attualmente un grande lavoro della Commissione per definire le linee direttive; spero che alla fine di questi lavori avremo risposte a questa e altre domande. Personalmente penso che, in questo contesto, "breve" significa due o tre settimane al massimo. Due mesi non sono sicuramente accettabili. Desidero però sottolineare che la direzione del penitenziario e la magistratura s'impegnano nel trasferire prima possibile le persone dalla Farera alla Stampa.
Oltre ad accorciare i tempi, in che modo sarebbe possibile allentare il regime della Farera?
Una soluzione potrebbe essere l'accesso a un'attività occupazionale in cella se c'è il pericolo di collusione o fuori dalla cella quando esiste solo il pericolo di fuga o di reiterazione del reato. Ovviamente l'occupazione dei detenuti è complicata da risolvere. Ma è necessario che la struttura si assuma la complicazione cercando una soluzione.
Alcuni detenuti ci hanno riferito che questo isolamento di 23 ore su 24 per lungo tempo è un mezzo usato dalla magistratura per farti confessare, anche cose non esatte, pur di essere trasferito alla Stampa in condizioni migliori…
Questa è un'accusa pesante. Nei nostri colloqui con i detenuti non è stata sollevata da nessuno e dunque non abbiamo avuto ragione e modo di verificare e non mi posso esprimere al proposito.
Il governo imputa le difficoltà nell'organizzare l'ora d'aria ai detenuti della Farera al gran via vai di detenuti dall'istituto. Il problema si ripropone in altre strutture simili in Svizzera?
Non lo riscontriamo dappertutto ma in diversi, vedi molti, penitenziari. Eppure è molto importante garantire uno spazio adeguato affinché le persone, spesso giovani uomini, possano sfogarsi fisicamente per un'ora in questi spazi. Alla Farera, e come detto in molti altri penitenziari elvetici, questo non è possibile. Ancor più drammatica è la situazione di alcuni carceri amministrativi per stranieri senza permesso. In alcuni penitenziari simili alla Farera hanno organizzato l'ora d'aria regolandola per piani. È vero che alla Farera esiste un grande via vai di detenuti che impegna notevolmente le forze degli agenti di sicurezza. Un modo per ovviare al problema, potrebbe essere la detenzione di breve durata in altri luoghi, quali potrebbero essere le celle nei posti di polizia di Lugano. Il governo ha risposto che condivide l'idea e sta studiando come applicarla. Una soluzione che sgraverebbe la Farera dalle difficoltà oggettive a cui devono far fronte oggi, facilitando l'organizzazione del diritto all'ora d'aria.
Quale membro della Cnpt lei ha potuto visitare diverse strutture di detenzione del paese. Come valuta lo stato del sistema penitenziario elvetico?
Ottimo dal punto di vista umano, dove ho constatato sul piano generale da parte dei dipendenti e dei quadri un grande impegno e professionalità. La carenza sta invece nei mezzi. Certo, se paragonata a strutture di altri paesi che ho visitato, non si può certo dire che sia pessima. Ma il caso del carcere ginevrino di Champ Dollon dove vi è un'occupazione del 200 per cento, non è ammissibile. È chiaro che la sola buona volontà di chi vi lavora non è sufficiente per ovviare agli oggettivi problemi logistici. Oltre ad essere una pentola a pressione che può esplodere da un momento all'altro, crea delle situazioni degradanti per l'essere umano, mentre la Costituzione dice chiaramente che delinquente o no, a ogni persona devono essere garantiti i diritti umani. La legge autorizza unicamente la privazione della libertà. Per il resto, dentro o fuori il carcere, tutti devono avere gli stessi diritti. Non solo, la legge ci impone anche di cercare costantemente di migliorare le condizioni di vita dei detenuti. Un obbligo legale equivalente al rico
noscimento del principio dei diritti umani universali.
Nel sistema svizzero prevale la punizione e l'isolamento dalla società di chi ha commesso un reato o il tentativo di reinserimento sociale del detenuto?
Prevale sicuramente il principio del reinserimento; anche il Codice penale è chiaro a questo proposito. Il problema è che questo comporta dei mezzi necessari che implicano dei costi. E forse non si è ancora ben compreso che questi costi sono in realtà degli investimenti che evitano costi ben maggiori causati dalla recidività nel delinquere di una persona. Senza dimenticare i danni psicologici delle vittime del reato commesso da un ex detenuto recidivo. In altre parole, investendo nel reinserimento sociale dell'ex detenuto, la società risparmia più soldi rispetto a una sua nuova incarcerazione e evitiamo il dolore alle vittime del reato.
Due priorità per migliorare il sistema elvetico?
Una priorità è creare dei posti adeguati per i detenuti amministrativi previsti dalla legge sugli stranieri. Il loro numero è in aumento e si trovano in condizioni di detenzione più pesanti di un carcere. Ed è inaccettabile. Inoltre, risolvendo questo specifico problema, liberiamo posti nelle strutture carcerarie, permettendo alle stesse di occuparsi al meglio dei detenuti penali.
Un'altra priorità riguarda le persone condannate da un giudice a misure terapeutiche. Le sentenze di questo tipo sono in aumento, ma mancano le strutture per applicarle. Se una persona è condannata a una terapia e non la riceve, lo Stato è inadempiente. E questo avviene in molte strutture carcerarie del paese. In altri cantoni dove invece la possibilità esiste, ci sono liste di attesa molto lunghe prima di poterne usufruire. È un problema che va preso sul serio e risolto.

Vizi e virtù dei penitenziari ticinesi

Il rapporto della commissione competente sugli istituti di reclusione nazionali. La sintesi

La Commissione nazionale della prevenzione della tortura (Cnpt), l'ente autorizzato a entrare nei luoghi di reclusione elvetici, ha pubblicato il rapporto sui penitenziari ticinesi dopo averli visitati lo scorso novembre. Parallelamente sono state pubblicate le osservazioni al rapporto formulate dal governo cantonale.
Nel loro complesso, i penitenziari ticinesi sono giudicati positivamente dalla Cnpt. Anche se non mancano  punti critici. Incominciamo con gli aspetti positivi. L'atteggiamento del personale è giudicato buono dagli stessi detenuti, tanto che in molti hanno «espresso gratitudine nei confronti degli agenti e gli altri impiegati». La nota dolente riguarda il clima di lavoro del personale, emerso difficile già nel rapporto Nuofer del 2007. Poiché la mole di lavoro normale è diventata rara, spesso i dipendenti accusano un carico eccessivo da svolgere, oltre a una certa disparità tra nuovi e vecchi impiegati. Stando alla risposta del Consiglio di Stato, alcuni miglioramenti sono già stati introdotti dalla direzione, mentre il governo sta valutando la possibilità di affidarsi a un consulente esterno per migliorare l'ambiente lavorativo.
La struttura della Stampa è valutata positivamente per le celle e gli spazi di esercizio fisico o attività lavorative. Le note critiche riguardano principalmente l'assenza di una rete strutturata in grado di offrire psicoterapie adeguate ai detenuti. Il cantone, conscio del problema, ha promesso entro il 30 settembre delle soluzioni concrete in questo senso. Su un punto concordano direzione e autorità cantonale con la Cnpt, ossia l'assenza nel cantone di strutture contenitive per casi con problemi psichiatrici seguiti da personale specializzato. Il carcere, insomma, non è il posto adeguato per una certo tipo di detenuti.
Il penitenziario della Farera, di recente costruzione, presenta alcuni aspetti critici. Il problema principale, a detta della commissione, è il mancato rispetto di alcuni diritti fondamentali dei prevenuti. La causa sarebbe l'ingolfamento della struttura dovuto alle numerose tipologie di detenuti presenti. Si va dai detenuti in carcerazione preventiva, da quelli soggetti a un fermo di polizia, agli stranieri per reati amministrativi legati ai documenti. Gli agenti sono spesso impegnati nel gestire le partenze e le uscite, tralasciando per mancanza di forze alcuni aspetti. Tra questi, la mala organizzazione delle ore d'aria o di attività sia fisiche sia occupazionali dei detenuti a regime preventivo. La soluzione indicata dalla Cnpt è il ripristino della celle del posto di polizia di Lugano per le detenzioni inferiori ai quattro giorni, fermo restando che sia risolta la questione dello spazio dell'ora d'aria. Una soluzione condivisa dal governo, che si sta adoperando in tal senso.    

Pubblicato il

31.08.2012 02:00
Francesco Bonsaver