Il figlio con l'influenza

Mio figlio di 4 anni ha fatto l'influenza. Non poteva andare all'asilo e ho dovuto assentarmi per tre giorni dal lavoro per curarlo. Il mio contratto di lavoro prevede che per le assenze dovute alla necessità di curare dei famigliari malati lo stipendio viene versato al massimo per tre giorni in un anno. Il mio capo mi dice che se mio figlio si ammala di nuovo e non trovo subito qualcuno che se ne possa occupare, dovrò prendermi dei giorni di vacanza. È vero?

No. Secondo la Legge sul lavoro il suo datore di lavoro per la cura di figli malati le deve dare fino a tre giorni di libero per ogni caso di malattia. Per ottenerli lei deve presentare un certificato medico. Per quanto concerne il versamento del salario per questi tre giorni, la Legge sul lavoro non dice nulla. Ci si deve quindi riferire al suo contratto individuale di lavoro, all'eventuale contratto collettivo e al Codice delle obbligazioni (Co). Secondo l'art. 324a Co, il datore di lavoro le deve versare lo stipendio non solo quando lei stessa è ammalata, ma anche quando lei deve adempiere ad un suo obbligo legale e per questo non le è possibile fornire la sua prestazione lavorativa. Un obbligo legale non è solo il servizio militare o civile, ma anche la cura di un figlio ammalato (art. 276 cpv. 2 Cc). Il suo datore di lavoro deve dunque continuare a versarle il salario anche se suo figlio dovesse ammalarsi più volte durante l'anno. Questo obbligo tuttavia è limitato: nel primo anno di servizio esso è di tre settimane complessivamente, sommando cioè tutte le assenze maturate per adempiere ad un obbligo legale. Siccome a questa norma del Co non è possibile derogare, un contratto di lavoro individuale o collettivo possono prevedere soltanto soluzioni migliori ma non peggiori. Per questo la limitazione a tre giorni delle assenze pagate per la cura di un famigliare è inammissibile. Dovrebbe semmai essere di tre giorni per ogni caso di malattia.

Gli effetti dell'unione registrata

Il mio partner ed io formiamo una coppia omosessuale e stiamo pensando di far registrare la nostra unione. Questo avrebbe conseguenze anche dal punto di vista del diritto del lavoro?

Sì. La Legge sulle unioni registrate, entrata in vigore il 1. gennaio 2007, ha diverse conseguenze anche nel diritto del lavoro. Se per esempio lei vuole comperare un'abitazione e per questo intende ritirare il suo capitale di libero passaggio, ha bisogno per fare questo passo del consenso scritto del suo partner. Se l'unione registrata viene sciolta, si ha una divisione del capitale di libero passaggio che si è via via accumulato dal momento della registrazione della vostra unione fino a quello del suo scioglimento, esattamente come nel caso del divorzio in un matrimonio eterosessuale. Ma un'unione registrata sarebbe vantaggiosa anche nel caso in cui lei o il suo partner doveste morire: se un lavoratore o una lavoratrice deceduti lasciano un o una partner registrato/a, allora il datore di lavoro deve continuare a versare il salario per un mese a partire dal momento del decesso e, se la durata del servizio presso lo stesso datore di lavoro supera i cinque anni, per ulteriori due mesi.

Pubblicato il 

13.02.09

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