Gli impresari riaccendono la miccia

Ore 18 di giovedi 24 gennaio negli uffici di Unia a Manno. Poche ore prima, le agenzie di stampa hanno cominciato a battere la notizia che i delegati della Società svizzera degli impresari costruttori (Ssic) hanno rifiutato l'accordo sul Contratto nazionale mantello (Cnm) dell'edilizia raggiunto a fine dicembre nel corso della mediazione. I muratori arrivano alla spicciolata. Il funzionario sindacale Dario Cadenazzi comunica loro le ultime novità: «l'accordo è saltato, gli impresari lo hanno bocciato».  Stupiti, gli operai chiedono: «Mi stai prendendo in giro?» Dall'incredulità si passa rapidamente alla rabbia. Nella breve riunione sindacale che segue, Cadenazzi riassume le poche notizie finora avute sul cambiamento di posizione degli impresari, e l'inevitabile conseguente riapertura del conflitto nel settore. «È come ricevere all'improvviso un pugno sotto la cintura, un colpo basso. Ora però dobbiamo riprenderci e tornare a combattere» dice Cadenazzi.
Gli operai sono arrabbiati, molto arrabbiati. Si sentono offesi, insultati nella loro dignità. «Tutti i giorni ci alziamo e andiamo a fare il nostro dovere nei cantieri. Per carità, è normale. Ci pagano per questo, ma anche loro guadagnano dal nostro lavoro. Così facendo, gli impresari dimostrano di non aver nessun rispetto di noi», interviene uno dei presenti. C'è una gran voglia di rispondere all'atteggiamento padronale ripagandoli con la stessa moneta: sciopero ad oltranza finché non accettano.
La stessa aria si respira due giorni dopo a Berna, al parlamento degli edili di Unia chiamato a ratificare l'accordo frutto della mediazione. Un breve filmato ripercorre le varie fasi della lotta per il mantenimento del Cnm. Fischi e boati della platea quando sullo schermo appare il volto di Werner Messmer, il presidente della Ssic.  Sul palco la direzione di Unia al gran completo, invita i delegati edili ad approvare l'accordo trovato, malgrado sia stato rifiutato dal padronato. «Dimostriamo che siamo un'organizzazione seria, in grado di rispettare gli accordi presi» invita Hans Ueli Scheidegger, responsabile edilizia nazionale.
Qualche voce critica si alza nel corso dei numerosi interventi dei delegati operai. Critiche all'aumento salariale, giudicato insoddisfacente rispetto alla rivendicazione sindacale. Molti invece gli interventi negativi nei confronti degli impresari. Un delegato, citando Leonardo Sciascia, dice: «Ci sono gli uomini, gli omuncoli e i quaquaraquà. Gli impresari sono riusciti ad essere peggio dei quaquaraquà». Alle 12 e trenta il voto: sostegno unanime dei 220 delegati all'accordo. Tra i presenti anche Paul Rechsteiner, presidente dell'Unione sindacale svizzera, che interviene subito dopo il voto: «oggi sono qui per ascoltare. La posta in gioco è enorme, riguarda tutti i salariati di questo paese. Il mancato rispetto della parola data durante le trattative è una cosa inaudita, senza precedenti nella storia di questo paese».  La direzione di Unia presenta le mozioni che tracciano la strategia da adottare nell'immediato futuro. In sostanza, Unia non accetta di aprire nuovi negoziati. L'accordo può essere solo quello raggiunto durante la mediazione a fine dicembre. La Ssic viene dunque invitata a rivedere la propria posizione accettando il compromesso raggiunto entro il primo marzo. Non saranno possibili accordi locali ne aziendali. La spiegazione è che solo un accordo nazionale può garantire l'equità dei diritti dei lavoratori edili.
Infine, ai delegati la direzione presenta il piano di azione da attuare nel caso in cui il padronato non accetterà entro il primo marzo l'accordo come concluso nella mediazione. Nel mese di marzo scioperi regionali, seguiti da una prima ondata di scioperi nazionali ad aprile. Se sarà necessario, ulteriore ondata di scioperi nazionali a maggio. Se il padronato non cambierà posizione, la primavera che anticipa gli europei di calcio si annuncia molto, molto calda.


Ci si parla in Ticino

Martedì scorso c'è stata una riunione tra la sezione ticinese della Società svizzera degli impresari costruttori (Ssic) e i sindacati regionali Unia e Ocst. L'iniziativa è partita della Ssic Ticino che ha voluto esplorare le possibilità di un accordo cantonale dopo il rifiuto dell'assemblea nazionale degli impresari al Contratto nazionale mantello (Cnm) scaturito nell'ambito della mediazione.
Un accordo nazionale che i 5 delegati degli impresari ticinesi hanno contribuito ad affossare con quattro voti contrari e un astenuto. Consapevoli che l'assenza di un contratto mette in difficoltà le stesse imprese ticinesi, ora si cerca la via cantonale.
I sindacati hanno comunque accettato di incontrarsi con i rappresentanti padronali «perché siamo persone educate e sempre disponibili al confronto», spiega Matteo Pronzini, responsabile edilizia del sindacato Unia, aggiungendo: «La nostra posizione però non cambia. Solo un contratto nazionale può rispondere alle legittime esigenze dei lavoratori edili». La via da percorrere resta quella indicata dall'assemblea nazionale dei delegati edili del sindacato Unia tenutasi sabato scorso. Il padronato ha tempo fino al primo marzo per rivedere la sua posizione, accettando il risultato della mediazione, altrimenti un'ondata di scioperi sommergerà il paese.
Sia Unia che Syna-Ocst nelle loro rispettive assemblee di sabato hanno deciso che non c'è spazio per contratti regionali o aziendali. La soluzione deve essere nazionale, perché solo così si può garantire a tutti gli edili un argine al dumping salariale e delle condizioni di lavoro.
Cionondimeno, la Ssic Ticino ha voluto sottoporre ai sindacati una bozza di accordo cantonale. Sebbene i contenuti dell'accordo proposto restino top secret, Paolo Locatelli dell'Ocst li ha definiti «oggettivamente al di sotto dei contenuti concordati sul piano nazionale attraverso la mediazione di Nordmann» (La Regione, 30 gennaio 2008). A titolo di esempio, nella proposta di accordo cantonale l'aumento 2008 è inferiore ai 100 franchi pattuiti invece nell'accordo nazionale. Ricordiamo che gli aumenti concordati durante la mediazione non sono stati contestati dall'assemblea nazionale dei delegati Ssic. I punti sui quali gli impresari contestavano l'accordo riguardavano la flessibilità oraria e la gestione del fondo paritetico.
La soluzione cantonale appare dunque molto lontana, malgrado sia stata indetta un'altra riunione per il 18 febbraio. Una soluzione che sarebbe lontana nel tempo anche qualora i partner sociali dovessero trovare un'intesa. Per avere un accordo cantonale che abbia un valore vincolante, sarebbe necessario avviare la procedura di obbligatorietà cantonale attraverso un decreto del governo ticinese. Una procedura che prenderebbe necessariamente dei mesi prima di essere effettiva.
Quali dunque le reali ragioni dell'iniziativa di accordo cantonale della Ssic Ticino? Secondo Pronzini «sono essenzialmente due: cercare di affievolire la determinazione nella difesa del contratto degli edili in Ticino e rispondere alle critiche interne alla Ssic di molti impresari locali  insoddisfatti della scelta fatta a livello nazionale».
Sono molti infatti gli impresari che a microfono spento dichiarano la loro incomprensione per la scelta presa dai delegati padronali. Giganti del settore a livello nazionale come Implenia, Murer e Losinger lo fanno apertamente, tanto che alcuni commentatori parlano di una loro uscita dalla Ssic. Anche in Ticino gli impresari scontenti sono molti. Chissà se riusciranno, o vorrano, farsi sentire.

Pubblicato il

01.02.2008 02:30
Francesco Bonsaver