La mobilitazione

Se i vertici padronali si aspettavano delle risposte dagli operai, queste sono arrivate convincenti. Quasi un muratore su due in Ticino ha manifestato a Bellinzona lo scorso lunedì. A Ginevra, l’astensione dal lavoro iniziata martedì si è protratta fino a mercoledì per migliaia di attivi nell’edilizia. Domenica invece, nel Canton Vaud, 1.300 operai in assemblea hanno già deciso che la protesta in novembre durerà due giorni. Presto altre mobilitazioni seguiranno nella Svizzera tedesca.

 

La necessità di aggiungere altre 300 ore di lavoro sui cantieri, a discrezione aziendale, nel già pesante carico annuale degli operai, è stata rimandata al mittente con un secco rifiuto. «Non ha alcun senso aver conquistato il prepensionamento se poi vogliono farci arrivare morti di fatica a 60 anni» commenta Adriano, uno dei tanti edili in piazza a Bellinzona. Insieme a lui, almeno 3.500 colleghi tra muratori, pavimentatori, ferraioli e casseratori. Un corteo imponente, tenuto conto che quasi uno su due degli ottomila attivi nel ramo nel cantone vi ha preso parte.
Il giorno seguente è la volta di Ginevra, dove 2.500 edili sfilano con altrettanta determinazione dei colleghi ticinesi. E il giorno dopo, concedono il bis, incrociando nuovamente le braccia. Due giornate di protesta le hanno invece già decise la scorsa domenica i loro colleghi vodesi, presenziando in massa (1.300) all’assemblea preparatoria. L’onda della mobilitazione degli edili per il rinnovo contrattuale nazionale varcherà la Sarine i prossimi giorni per estendersi alla Svizzera tedesca (si veda a pagina 27).
Se i vertici dell’associazione nazionale degli impresari (Ssic) manterranno la loro posizione alla prossima trattativa del 9 novembre, il conflitto non potrà che acuirsi ulteriormente.
I nodi da sciogliere sono ancora diversi, tant’è che il padronato insiste nel vincolare le sue proposte in un unico pacchetto “da prendere o lasciare”.
Primo fra tutti, la questione del prepensionamento.
La Ssic vorrebbe introdurre un diritto alla rendita graduale, ossia spostare l’attuale rendita dai 60 ai 62 anni, decurtando fino al 30% quella di chi andrebbe in pensione a 60 anni. Lo chiamano pensionamento flessibile.
Il termine flessibilità ritorna nella richiesta padronale d’introdurre 300 ore supplementari nel calendario annuale, da utilizzare a piacimento dell’azienda per far lavorare l’operaio oppure lasciarlo a casa non retribuito quando il lavoro cala o le condizioni climatiche lo impediscono. Questo potrebbe significare che l’operaio potrebbe trovarsi giornate di 12 ore da marzo a ottobre.
«È un esigenza della nuova imprenditoria» ha dichiarato alla stampa Nicola Bagnovini, direttore della Ssic-Ticino. La nuova esigenza è in realtà quella dettata dai committenti, che impongono tempi disumani di consegna alle imprese. Queste ultime, invece di opporsi, magari facendo fronte comune coi sindacati, preferiscono scaricare sulla schiena degli operai la pressione degli immobiliaristi. Per inciso, la categoria degli immobiliaristi sta realizzando profitti stellari da diversi anni.
Gli operai, non disposti a spaccarsi la schiena lavorando fino allo sfinimento per i guadagni di altri, hanno espresso nelle mobilitazioni il loro no categorico a questa “nuova esigenza”.
Sul tavolo delle trattative vi è poi la questione degli aumenti salariali. Negli ultimi quattro anni di boom della costruzione in Svizzera, gli stipendi dei muratori non sono mai stati alzati. Ora la Ssic propone un aumento di 150 franchi limitato al prossimo anno. A prima vista potrebbe apparire un’offerta generosa, se non fosse, sottoli-
neano i sindacati, che l’aumento coprirebbe l’innalzamento del prelievo sulle paghe degli operai per finanziare le temporanee problematiche dei fondi del prepensionamento. Detto altrimenti, quei 150 franchi d’aumento sarebbero “mangiati” negli anni successivi dai maggiori contributi per il prepensionamento. I sindacati chiedono quindi un aumento che tenga conto di questo aspetto.
Un’altra proposta del pacchetto padronale, è l’introduzione di stage di quattro mesi senza rispetto dei vincoli salariali minimi. «Ciò spalancherebbe le porte al dumping salariale e sarebbe una catastrofe per tutte le imprese edili svizzere» spiega il sindacato in una nota.
I vertici nazionali Ssic propongono pure l’abolizione del mantenimento della categoria professionale in caso l’operaio cambiasse ditta. Il riconoscimento delle competenze acquisite in decenni di esperienza sarebbe così cancellato con un colpo di spugna.
Infine, nel pacchetto da “prendere o lasciare”, il padronato chiede di abolire la clausola contrattuale che prevede la possibilità d’interrompere dei lavori in caso di intemperie che pregiudicano la salute.
Stando a Gianluca Lardi, presidente nazionale della Ssic, questa serie di proposte consentirebbe di avere un contratto «moderno, al passo coi tempi».
Sul concetto di “modernità”, le visioni possono essere diametralmente opposte. Citiamo a questo proposito la parte conclusiva della lettera aperta indirizzata ai granconsiglieri (si veda riquadro a lato), consegnata alla presidente del parlamento ticinese Pelin Kandemir dal corteo operaio: «I lavoratori edili del Canton Ticino, riunitisi oggi in assemblea generale a Bellinzona sottolineano per concludere che le lavoratrici e i lavoratori lavorano per vivere e non vivono per lavorare, aspetto questo non scontato e spesso banalizzato con argomentazioni riguardanti la modernità, la globalizzazione e la necessità di essere disponibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7».
Riprendendo le parole di Enrico Borelli di Unia al corteo: «Con il vostro esempio, voi muratori siete la locomotiva dei diritti di tutti».

 

 

 

A Zurigo ci si prepara

 

La squadra della regione Zurigo-Sciaffusa, che si occupa del settore edile, lavora alacremente da mesi sui cantieri per sostenere i lavoratori edili e organizzare la loro lotta. Dal momento che le trattative per il mantenimento della pensione a 60 anni e per il rinnovo del Cnm sono diventate difficili, a causa dell’intransigenza padronale, gli sforzi del team, diretto da Marudit Tagliaferri, sono rivolti ora all’organizzazione della grande azione di protesta del 6 novembre.

Se si osserva la città di Zurigo da uno dei tanti rilievi che la circondano, è difficile non notare l’incredibile quantità di gru disseminate nel tessuto urbano. Il settore edilizio della città sulla Limmat non sembra conoscere crisi, eppure qui la guerra padronale nei confronti dei diritti acquisiti e dell’attività sindacale è persino più aspra che altrove: repressione, militarizzazione dei cantieri, intimidazioni di ogni tipo sono ormai diventate la normalità sui cantieri. La squadra che si occupa del settore edile non si lascia certo scoraggiare e appare davvero motivata e combattiva sin dalle prime ore del mattino.

Le lingue di Zurigo
La giornata inizia presto per i sindacalisti del settore edile di Zurigo. Occorre infatti sfruttare le prime pause mattutine per riuscire a informare al meglio i lavoratori, ma soprattutto per instaurare con loro un rapporto di fiducia. Sin dal primo cantiere ci si accorge infatti di quanto i rapporti personali siano importanti nel lavoro sindacale: ai lavoratori interessa essere aggiornati sullo stato delle trattative, sulla lotta, ma vogliono essere anche ascoltati. Non è difficile infatti che i lavoratori stessi si aprano rispetto alle difficoltà che stanno vivendo in ambito familiare o nella vita privata. Per curare tali rapporti il tedesco o lo svizzero-tedesco non bastano: il team di Unia conosce il portoghese, la lingua più parlata sui cantieri, l’albanese, il serbo-croato, lo spagnolo e l’italiano, un tempo lingua franca dei cantieri.

Costruire la protesta
L’obiettivo principale della giornata è quello di reclutare lavoratori per le assemblee sindacali delle due principali imprese edili della zona, Marti e Implenia, e per quella dedicata ai lavoratori impegnati in un grande progetto edilizio a ridosso dell’aeroporto di Kloten. È infatti importante coinvolgere attivamente gli edili nella preparazione della lotta. Non è semplice: alcuni lavoratori vivono lontano dai cantieri, altri lavorano in notturna e altri ancora sono troppo stanchi a causa delle molte ore di straordinario effettuate. Eppure i sindacalisti di Unia riescono a convincerne molti a partecipare all’assemblea. Marudit Tagliaferri arringa così gli indecisi: «Durante l’assemblea cercheremo di smontare alcune notizie false messe in circolazione dagli impresari per farvi perdere la fiducia: il fondo della pensione anticipata, ad esempio, è un sistema che funziona, ha un bilancio positivo, l’unico problema sarà coprire i prepensionamenti dei prossimi 5 anni. Il volume d’affari del settore è in questo momento a livelli altissimi. Senza contare poi che le aziende risparmieranno dall’anno prossimo una quantità ingente di denaro grazie alla diminuzione dei contributi dovuti alla Suva. I soldi per gli aumenti ci sono».

La parola ai lavoratori
I lavoratori più anziani sono anche quelli più combattivi e consapevoli. La loro preoccupazione maggiore è la messa in sicurezza della pensione a 60 anni. Un lavoratore italiano dichiara: «A 62 anni una persona non può lavorare. Io ho cominciato a 14 anni. Prima in Italia, poi in Svizzera dal ’79. Prima non era dura, adesso c’è molta pressione e tanto stress. È troppo». A preoccupare, inoltre, è l’erosione del potere d’acquisto, come dichiara un lavoratore spagnolo:  «È da sei anni che lavoro nella mia ditta e non ho avuto un centesimo d’aumento. Aumenta solo la cassa malati. Alla fine del mese sono con l’acqua alla gola. Cosa dobbiamo fare noi? Fare altri lavori la sera?». Nel nostro tour tra i cantieri abbiamo anche il piacere di incontrare una giovane lavoratrice svizzera dell’edilizia, piuttosto arrabbiata: «Quello che vogliono i costruttori è davvero ingiusto nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici»; a cui fa eco un lavoratore portoghese: «I costruttori da una parte ci offrono 150 Chf di aumento e dall’altra ci sottraggono il 25% di salario aggiuntivo degli straordinari». Per lui e altri suoi colleghi è chiaro: «Il 6 novembre fermeremo il cantiere».

Le assemblee
La prima assemblea, tenutasi alla Volkshaus martedì 16 ottobre e riservata ai lavoratori della Marti, è un successo: circa 100 lavoratori vi prendono parte. I sindacalisti di Unia spiegano nel dettaglio cosa sta succedendo sul fronte delle trattative: dopo 17 tornate di negoziati il padronato non vuole cedere ed è pronto a mantenere la pensione a 60 anni soltanto a fronte di uno smantellamento inaccettabile del Cnm. Durante l’assemblea i lavoratori presenti non tardano a prendere la parola. Per loro è chiaro che ciò che chiedono i costruttori è assurdo: più flessibilità senza dare nulla in cambio o addirittura togliendo la maggiorazione salariale dovuta per gli straordinari. «È un ricatto bello e buono nel momento in cui occorre mettere in sicurezza la pensione a 60 anni», ha dichiarato Marudit Tagliaferri.
Intanto le notizie che giungono da altre parti della Svizzera sono più che confortanti: in Ticino i cantieri sono rimasti silenti e ben 3.000 lavoratori si sono riversati nelle strade. Anche a Ginevra la protesta ha avuto successo: 2.500 lavoratori hanno manifestato e hanno deciso, seguendo l’esempio del Canton Vaud, di estendere la protesta di un giorno. Tutto lascia ben sperare insomma per una buona riuscita della lotta anche a Zurigo, uno dei centri più importanti dell’edilizia elvetica.

Pubblicato il 

18.10.18
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