Tre uomini in abito elegante, occhiali da sole e camicia insanguinata danzano su una mappa dell’America latina, dell’Africa e della Palestina cosparse di carbone. Al loro fianco attiviste svizzere e militanti sindacali venuti da varie parti del mondo, dalla Colombia al Sudafrica, dal Canada al Perù. Sono loro a guidare l’azione di protesta fuori dal casino-teatro di Zugo, dove si tiene l’assemblea annuale degli azionisti di Glencore. La multinazionale svizzera, attiva nell’estrazione e nel commercio di materie prime, è da anni nell’occhio del ciclone per vicende di corruzione e per il mancato rispetto dei diritti umani e delle norme ambientali nei suoi impianti e nelle sue miniere sparse nei quattro angoli del pianeta. L’assemblea degli azionisti è un’occasione importante per i movimenti sindacali e per le organizzazioni della società civile per fare sentire la propria voce e rivolgersi direttamente ai dirigenti e al consiglio di amministrazione dell’azienda: «Siamo arrivati in Svizzera per discutere con altri investitori che condividono le nostre preoccupazioni riguardo alle scarse prestazioni di Glencore in materia di ambiente, governance e sviluppo. Insieme, intendiamo chiedere alla multinazionale di rendere conto del proprio impatto sui lavoratori, sulle comunità locali e sull'ambiente» ci dice Glen Mpufane, responsabile della sezione miniere d’IndustriALL, una federazione mondiale di sindacati basata a Ginevra. Pensionati e fondi d’investimento Quest’anno area ha potuto assistere all’assemblea. L’iscrizione è stata più facile di quanti si potesse pensare: la nostra richiesta, giunta all’ultimo, è stata accettata e dopo alcune brevi formalità eccoci un po' spaesati dentro alla sala tutta roccocò del teatro municipale di Zugo, il più noto paradiso fiscale svizzero. Dai cornicioni del teatro alcuni agenti di sicurezza sorvegliano dall’alto il centinaio di azionisti presenti. L’ambiente non è il classico evento di colletti bianchi. Vi sono pensionate svizzeri, piccoli azionisti in camicia a quadretti che pensavano di guadagnare acquistando qualche azione di una delle più potenti società del Paese: peccato che nell’ultimo anno l’azione di Glencore sia scesa di quasi il 50%. Al loro fianco vi è sicuramente qualche rappresentante di azionisti più istituzionali, come i vari fondi d’investimento che detengono quote della multinazionale, come Qatar Holding (8.60%) e Blackrock (7,35%). Non vi è traccia invece di colui che resta il più grande azionista del gruppo: Ivan Glasenberg (9,96%), l’ex CEO sudafricano della società. Azionariato critico Il maestro di cerimonia è l’indiano Kalidas Madhavpeddi, dal 2021 presidente del consiglio di amministrazione. Al suo fianco siede l’attuale amministratore delegato, Gary Nagle, sudafricano come il suo predecessore Glasenberg. Dopo una breve presentazione del board e la proiezione di un filmato che avrebbe potuto intitolarsi “Il meraviglioso mondo di Glencore”, è il turno delle domande. È il momento per diversi rappresentanti delle società civile di farsi avanti. Grazie all’acquisto di qualche azione hanno infatti il diritto di esprimersi in assemblea. Comincia quindi una sorta di giro del mondo virtuale con la quale si chiede conto dell’impatto di Glencore sull’ambiente, i lavoratori e le comunità locali: si affronta l’inquinamento da metalli pesanti in Perù, i licenziamenti in Sudafrica, le emissioni tossiche in Quebec, le cause giudiziarie e l’uscita dal carbone in Colombia. Ad ogni domanda, Kalidas Medhvpeddi e Gary Neagle rispondono cordialmente, ringraziando, ma senza dire nulla di sostanziale: «Tutte le domande, comprese le nostre hanno ricevuto una risposta, ma non in modo soddisfacente» ci dice Glen Mpufane, rappresentante di IndustriALL. Tra gli azionisti istituzionali, nessuno ha preso la parola. Soltanto un cittadino di Zugo, pensionato, ha criticato l’inazione della dirigenza per contrastare il crollo del valore delle azioni. Una diminuzione, ha risposto il CEO Gary Nagle, dovuta al grande deprezzamento dei prezzi del carbone avvenuto nell’ultimo anno. Nel 2024, il Gruppo ha visto una perdita di 1,6 miliardi di dollari, rispetto ad un utile di 4,3 miliardi nel 2023. Sindacati, carbone e Israele
Quando sembrava procedere tutto tranquillamente verso la fine dell’assemblea, l’intervento di un attivista ha risvegliato il torpore della sala. Un giovane uomo è salito sul palco gridando slogan contro società e il suo ruolo in varie crisi, tra cui il genocidio in corso in Palestina. Il ragazzo è stato fermato a fatica da quattro agenti di sicurezza, portato fuori dalla sala e consegnato alla polizia. Il tema della Palestina è stato soggetto di discussione anche a margine dell’assemblea. In causa vi sono le forniture del carbone di Glencore a Israele, dove viene utilizzato per alimentare la struttura militare complice del massacro in corso nella striscia di Gaza oppure per produrre elettricità destinata alle colonie illegali in Cisgiordania. Lo scorso mese di agosto, il presidente della Colombia Gustavo Petro aveva firmato un decreto per vietare l’esportazione verso Israele del carbone colombiano, buona parte del quale gestito da Glencore: «Abbiamo sostenuto questa scelta del governo nazionale perché non siamo d’accordo che il nostro lavoro sia utilizzato per vendere materie prime ad uno Stato implicato in un genocidio» ci dice Juan Carlos Solano, segretario del sindacato colombiano Sintracarbon, presente anch’egli all’assemblea. Le esportazioni di carbone estratto da Glencore verso Israele continuano, soprattutto dal Sudafrica, paese che aveva per primo accusato lo Stato ebraico di genocidio. Anche in questo caso i sindacati sono in prima fila per chiedere uno stop alle esportazioni: «Abbiamo chiesto a Glencore e a tutte le imprese riflettere sulle implicazioni del proseguimento delle loro attività commerciali con Israele, alla luce delle uccisioni di massa e delle vittime civili, per lo più donne e bambini, causate dalle operazioni dell'esercito israeliano a Gaza» ci spiega fuori dal teatro di Zugo Donald Makofane, segretario del National Union of Mineworkers in Sudafrica. La richiesta resta per ora vana. Quello che conta, lo abbiamo capito ancora una volta, è il business. In serata Glencore ha comunicato che la delibera di approvazione del bilancio della società, insieme alle relazioni degli amministratori, alla loro rielezione e alla loro retribuzione è stata approvata a larga maggioranza: oltre 99% degli azionisti ha approvato la linea aziendale. Delle altre questioni non si fa accenno. La strada dell'azionariato critico verso un mondo migliore è ancora in salita. |