Gli autisti svizzeri verso il contratto

Roland Schiesser da oltre un mese percorre le strade e autostrade della Svizzera tedesca. Il segretario del Sindacato edilizia e industria (Sei) di Berna, assieme al collega Hans Baumgartner della Fcta, sta infatti incontrando in queste settimane centinaia di camionisti impiegati in Svizzera per distribuire loro un volantino di sensibilizzazione e per discutere delle loro condizioni di lavoro. Il tutto nell’ambito di una campagna per l’introduzione di un contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccl) nel settore degli autotrasporti, campagna lanciata congiuntamente da Sei e Fcta e che, dal prossimo autunno, verrà raccolta dal nascente sindacato Unia. «Le reazioni dei camionisti sono quasi sempre positive, spesso molto positive», ci dice Schiesser, «alcuni addirittura si offrono spontaneamente per distribuire il volantino ai colleghi». Il volantino riporta le principali rivendicazioni che i sindacati intendono concretizzare con il Ccl: riduzione dell’orario di lavoro settimanale e 5 settimane di vacanza (6 a partire dai 45 anni), salari minimi e tredicesima mensilità per tutti. Il prepensionamento sarà oggetto di trattative successive. L’obiettivo della campagna è espresso chiaramente dal volantino: «le condizioni di lavoro degli autisti devono corrispondere alla loro grossa responsabilità quotidiana. Oggi non è il caso: devono migliorare». Molti degli autisti incontrati da Schiesser si dicono contenti che finalmente qualcuno si interessi seriamente dei loro problemi. E sono soddisfatti che sia un sindacato a farlo. Ma quali sono gli argomenti che più li preoccupano? «Sono sostanzialmente tre di ordine materiale: l’orario di lavoro troppo carico, la garanzia di un minimo salariale e la tredicesima mensilità, che molti non hanno. E tutti ci parlano dello stress, nettamente cresciuto negli ultimi tempi: gli autisti si sentono enormemente sotto pressione», dice Schiesser. Quando però si tratta di discutere di come passare dalle parole ai fatti emergono i primi timori: «molti autisti hanno paura del loro datore di lavoro e temono di perdere il posto se aderiscono a qualche azione sindacale». Ma c’è anche chi ha paura del Sei: «sì, molti associano al nostro sindacato la parola sciopero, temono che li vogliamo trascinare subito in azioni conflittuali che avrebbero come effetto un ulteriore indurimento delle posizioni padronali. Per questo ora stiamo solo tentando di capire a quali azioni sono disposti i camionisti svizzeri per difendere i loro interessi. D’altro canto però cerchiamo di far loro comprendere che adesso si tratta di mettersi in moto, di decidersi e di agire, perché altrimenti i loro diritti saranno sempre calpestati», spiega Schiesser. Nel corso della primavera verranno organizzate delle assemblee regionali per capire gli umori e i bisogni dei camionisti e discutere assieme della strategia per arrivare ad un contratto collettivo nazionale. La prima assemblea è già in programma venerdì prossimo a Berna. Un’assemblea nazionale dovrebbe invece tenersi entro l’estate, mentre le trattative con l’associazione padronale Astag non verranno intavolate prima dell’autunno. In questa prima fase di sensibilizzazione non sono coinvolti i padroncini, ossia gli autisti formalmente proprietari del loro veicolo, che sono circa il 40 per cento dei camionisti svizzeri: «il lavoro con loro è ancora più difficile», spiega Schiesser, «e i loro problemi sono specifici. Ma certamente non stanno meglio dei dipendenti, anzi: loro lo stress lo avvertono molto di più, anche perché spesso si sono indebitati o hanno ritirato la pensione per comprare il camion, e dunque devono farlo fruttare a tutti i costi».

Pubblicato il

26.03.2004 02:30
Gianfranco Helbling