Gli apprendisti e il ruolo del sindacato

Apprendisti e sindacati: un rapporto complesso. Se infatti gli apprendisti vengono considerate persone  inserite nel mondo del lavoro ma ancora e totalmente in formazione, è logico pensare che il rapporto con il sindacato sia assolutamente marginale. Se invece gli apprendisti vengono considerati dei lavoratori in formazione ma confrontati quotidianamente con il mondo del lavoro, sarebbe logico aspettarsi una maggior presenza sindacale non tanto di servizio (sono altre le figure deputate a difendere i diritti e ricordare i doveri degli apprendisti), quanto piuttosto di informazione e formazione.
Sta di fatto che, se non ci sono indicazioni esplicite in tal senso, il contratto collettivo di lavoro (Ccl), quando esiste, non si applica agli apprendisti, cosa che farebbe pensare che gli apprendisti abbiano condizioni di lavoro più garantiste rispetto a tutti gli altri. Nella realtà non è proprio e sempre così. Esistono infatti vincoli precisi sulle ore massime di lavoro concesse, sui limiti di età per lavori pericolosi e/o notturni, ma tolto ciò, per gli apprendisti manca a volte la chiarezza delle norme contenute nel Ccl, collocandoli così in zone grigie dove ogni tanto trova posto un'interpretazione soggettiva delle norme.
Resta comunque un dato di fatto certo e cioè che questi giovani diventeranno operai qualificati, magari destinati poi a continuare e a far crescere la loro formazione.
C'è allora da chiedersi e da chiedere al sindacato, se non possa e debba essere un suo compito quello di preparare questi giovani al domani, offrendo loro una traccia iniziale di formazione specifica per renderli consapevoli dei propri diritti ma anche dei propri doveri di lavoratori. In un mondo del lavoro sempre più sfilacciato e immateriale, perché non pensare che possa essere arrivato il tempo per ripensare e (perché no) ricostruire quelle scuole di formazione operaia che erano state così importanti nei primi anni del secolo XX? Quelle scuole che permettevano ai lavoratori di crescere e diventare loro stessi veicoli di diffusione della cultura operaia. Certo, parlare oggi di cultura operaia appare anacronistico. Parliamo allora di cultura del lavoro, di cultura della produzione, di cultura dell'economia produttiva, aggiorniamo e attualizziamo il tutto, ma non dimentichiamoci che oggi, anche qui sul nostro territorio, si continua a produrre e che questo viene fatto da donne e uomini sempre meno partecipi e coscienti del loro ruolo, della loro importanza, dei loro diritti.
Oggi infatti il sindacato sembra proporsi ed essere percepito quasi esclusivamente come un servizio a disposizione dei lavoratori, quando serve. Non più come uno strumento per la crescita formativa dei lavoratori stessi in materia di diritti/doveri. Ed è innegabile che un servizio si usa solo quando se ne ha bisogno!
Perché allora non prospettare di affiancare, al lavoro attuale di servizio del sindacato, questo cambiamento profondo di paradigma, avviando un lavoro di riflessione, progettazione, organizzazione molto importante?
Credo però che la diffusa stanchezza di molte persone di fronte ad un'economia finanziaria che dimostra ogni giorno di più la propria spregiudicatezza e il proprio cieco egoismo nei confronti del diritto degli Stati, dei lavoratori, dei risparmiatori, delle persone in generale, stia modificando in prospettiva le sensibilità e l'interesse su cui ci siamo abituati a ragionare anche in termini sindacali. E nello stesso modo, di fronte ad un mondo del lavoro che nonostante si trovi ancora confrontato con un mercato in buona salute, proponga ai propri dipendenti di lavorare di più senza alcun aumento salariale, credo proprio che qualche riflessione seria sulla necessità di un cambio di strategia sindacale debba essere fatta. Un cambio di strategia che sia capace di riportare al centro dell'azione sindacale la formazione e il coinvolgimento diretto dei lavoratori. Un cambio di strategia indispensabile per arginare lo spostamento dei lavoratori verso le forze populiste e il totale disimpegno personale.
C'è la disponibilità da parte del sindacato di riflettere su una simile ipotesi?

Pubblicato il

07.10.2011 13:00
Anna Biscossa