Gli angeli del campionissimo

Le recenti rivelazioni del frate francese Adrien sulla morte di Fausto Coppi, che sarebbe stato stroncato nel 1960 da un avvelenamento dovuto ad una pozione di erbe letali somministrategli durante un viaggio nell’Alto Volta (oggi Burkina Faso), non sembrano essere credibili e sono state smentite dalla documentazione medica che allora sancì e provò che si trattò di malaria, una malattia contratta in Africa. Chissà cosa si saranno detti lo stesso Campionissimo e i suo angeli custodi leggendo quelle pagine, intenzionalmente sensazionali, del «Corriere dello Sport», il quotidiano che ha pubblicato, autolodandosi e autoincensandosi, lo scoop? Non ce lo sveleranno mai, mentre grazie a Marco Pastonesi, giornalista della «Gazzetta dello Sport» che ha avuto un’idea brillante ed originale, sappiamo cosa pensano gli angeli, quelli terreni, dell’Airone. Nel libro «Gli angeli di Coppi» (il campionissimo visto da chi ci correva insieme, contro e soprattutto dietro – Edicicloeditore) l’autore ha pedalato dentro la storia del ciclismo e dintorni, alla scoperta di quei gregari – sono circa una cinquantina – che correvano vicino a Fausto, insieme a lui e, specialmente, dietro di lui: sono gli angeli di Coppi, quegli angeli che con le loro preziose e suggestive testimonianze hanno permesso a Pastonesi di scrivere un’altra storia sul Campionissimo. «Gli angeli di Coppi – spiega l’autore nella prefazione – erano i suoi gregari. Angeli sudati, sporchi, forti, duri, semplici, generosi. Che hanno continuato ad aiutarlo, obbedirgli, spingerlo e sostenerlo anche quando lui è morto. Gli angeli di Coppi erano anche quelli che volevano essere i suoi gregari, e invece erano i gregari di qualche altro capitano. Perché nel cuore facevano il tifo per lui, perché di nascosto gli passavano una borraccia, perché in segreto gli facevano un favore. Gli angeli di Coppi erano anche quei corridori che ai suoi tempi erano solo dei ragazzi, innamorati della bicicletta e del ciclismo perché innamorati di lui. Tutti questi corridori sono diventati, oggi, gli angeli custodi di Coppi, perché ne tramandano storia, imprese e leggenda, e perché ne proteggono i segreti. A me hanno affidato testimonianze, ricordi e confidenze. Ed è per questo che sono loro i veri autori di questo libro». Un libro che comincia con una breve ma significativa introduzione di Fiorenzo Magni: «Tutti dicono che io sono stato sfortunato, perché quando correvo io, c’erano anche Bartali e Coppi, Koblet e Kübler, Bobet e Van Steenbergen... Invece no. È stata una grande fortuna. Perché questi bravi diavoli mi hanno insegnato a saper perdere, che nella vita – forse – è ancora più importante che saper vincere». A 42 anni dalla sua morte, cresce il ricordo del Campionissimo, della sua inimitabile, gloriosa ed epica carriera, delle sue gioie e della sua vita tormentata. Per questo si dice che Coppi vive ancora. Specialmente per tutti i suoi angeli.

Pubblicato il

11.01.2002 12:30
Antonio Bolzani