Gli altri giochi di Torino

17 giorni di “eventi”, inaugurazione il 10 febbraio e cerimonia di chiusura il 26. 15 le discipline previste e 7 i comuni sedi di gare, da Torino a Sestriere, nel mezzo i paesi delle valli protestanti (valdesi) italiane e della Val di Susa, quella della rivolta contro l’Alta velocità Torino-Lione i cui cittadini continuano a gridare ai traforatori di montagne all’amianto e all’uranio il loro slogan: “sarà düra”. 3 i villaggi olimpici, 2 mila 500 gli atleti, 2 mila 500 i tecnici e gli accompagnatori delle squadre nazionali, 2 mila 300 i rappresentanti del Cio, 650 i giudici e gli arbitri, 6 mila gli ospiti degli sponsor, 10 mila gli operatori dei media. La gran kermesse delle Olimpiadi bianche sta per iniziare. Torino è vestita a festa con i brillantini che nascondono i suoi problemi economici e sociali. E il Toroc – il comitato promotore di un evento fortissimamente voluto dall’avvocato Gianni Agnelli, a cui però la sorte non ha consentito di partecipare alla realizzazione – sopravvissuto alle ispezioni della Guardia di finanza che distribuisce improbabile ottimismo a 360 gradi. Come per ogni grande evento che si rispetti, anche per le Olimpiadi invernali di Torino si sa quel che costano alla collettività e, ahinoi, quel che lasciano. Partiamo dai costi, dunque. Secondo le previsioni di spesa fatte dal Toroc al momento della presentazione della candidatura, la parte pubblica avrebbe dovuto investire 1’091 miliardi di vecchie lire (siamo nel ’98), mentre dai privati sarebbero dovuti arrivare 1’350 miliardi di lire. A tutt’oggi, le spese sono salite alla cifra iperbolica di 3,5 miliardi di dollari e dai privati è arrivata la metà della liquidità prevista. Di conseguenza, saranno i pubblici contribuenti italiani a pagare la stragrande maggioranza dei costi, con la prospettiva di avere in eredità, il 27 febbraio, mega strutture del tutto sproporzionate e dunque inutilizzabili per una città come Torino. Il comune ha già annunciato che saranno messi in vendita ai privati gli appartamenti costruiti per la stampa agli ex Mercati generali, per coprire un buco in bilancio di 800 milioni di euro. I fondi privati provengono dai diritti tv (250 milioni di euro), dagli sponsor generali e locali, dai gadget e dalla vendita dei biglietti per le gare. Proprio sui biglietti si scatena la polemica. Secondo una prima previsione del Toroc – presieduto dall’ex sindaco di Torino Valentino Castellani e blindato da uomini Fiat – dovevano essere un milione e mezzo, numero poi sceso a un milione di spettatori, successivamente ridotto a 850 mila. A dieci giorni dall’inaugurazione dei giochi sulla neve sono stati venduti appena 410 mila biglietti. Lo sponsor ufficiale dei giochi olimpici invernali è l’italiana Finmeccanica, una delle poche aziende in crescita grazie alla produzione bellica. Tra gli sponsor primeggia la General Electric (Ge), che in perfetto stile olimpico e pacifico produce cannoni per aerei militari, navi ed elicotteri e rifornisce di energia il Pentagono dai tempi del Vietnam fino alle guerre preventive. La Ge è anche proprietaria della Nbc che ha l’esclusiva televisiva sulle gare. Segue, neanche a dirlo, la Coca Cola contro cui si è attivata la protesta di associazioni e municipi. Clamorosa la decisione del municipio di Cinecittà, a Roma, il cui sindaco aveva deliberato la chiusura del suo territorio al passaggio della fiaccola olimpica, per protesta contro i crimini della società di bollicine in Colombia, tra cui l’assassinio dei sindacalisti. Solo una mediazione del sindaco di Roma Walter Veltroni ha consentito il passaggio dei tedofori con l’impegno della Coca Cola ad aprire le sue fabbriche latinoamericane a una delegazione di amministratori e sindacalisti italiani. C’è l’immancabile McDonald’s, c’è la Schumberer Sena (secondo fornitore mondiale alle industrie petrolifere, attivo in Iraq). Tra gli sponsor italiani, il San Paolo, la Fiat Iveco, Telecom e Tim. La protesta contro la Coca Cola non è l’unica irruzione della politica sulle bianche piste di Sestriere - oggi finalmente bianche dopo mesi di sole e siccità. A Trento, il gruppetto di giovani anarchici che aveva simbolicamente scippato la fiaccola a una tedofora ha subìto la condanna per direttissima a tre e cinque anni di carcere, pena poi commutata in salate multe. Nel tentativo di prevenire proteste e contestazioni, i tutori dell’ordine olimpico hanno mosso le loro carte. Innanzitutto, la tregua con i comitati No-Tav della Val di Susa in cambio dell’impegno a bloccare i lavori di costruzione del mega-tunnel. Reggerà la tregua? Infine, la tregua sindacale per tutta la durata dei giochi e per le Paralimpiadi che termineranno il 19 marzo. Un mese e mezzo di non scioperi garantiti da Cgil, Cisl e Uil, chi vivrà vedrà. Il capitolo forse più spinoso è quello che riguarda il lavoro, la qualità e la quantità di lavoro che ha reso possibili i giochi invernali. Il sottosegretario Mario Pescante, per aiutare i sindacati a firmare la tregua, ha pomposamente parlato di 54 mila posti di lavoro creati in Piemonte, per una crescita stimata del Pil in Regione del 2,4 per cento, pari allo 0,1 per cento nazionale. Quel che i sindacati, soprattutto nell’edilizia, hanno denunciato parla una lingua del tutto diversa. Almeno 4 morti accertati nei cantieri e decine di infortuni più o meno gravi. E caporalato, tanto caporalato per conquistare appalti, sub e sub-sub appalti. Un’infinità di lavoratori stranieri, principalmente provenienti dall’Est europeo attraverso ditte che nascevano e morivano in tre mesi, senza alcuna possibilità di controllo. Con lavoratori rumeni ma anche siciliani costretti a dormire in macchina fuori dai cantieri dove lavoravano in nero, senza garanzie, al di fuori da ogni regola di sicurezza, con un salario oscillante in alcuni casi tra i 5 e i 2 euro l’ora. Quando sarà passato il tintinnio delle medaglie e l’eco degli inni nazionali, bisognerà porsi un paio di domande. Prima domanda: cosa resterà dei presunti 54 mila posti di lavoro vantati dal governo – e dagli enti locali di Torino e Piemonte? Seconda domanda: ne valeva la pena?

Pubblicato il

03.02.2006 03:00
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