Se il buon giorno si vede dal mattino, la nuvola che ha coperto uno dei primi atti politici del governo di centrosinistra non consentirà ai sindacati italiani di uscire senza l'ombrello. Il conflitto tra i partiti democratici e i rappresentanti dei lavoratori, prima ancora che sul taglio delle pensioni e della spesa sociale ha fatto capolino al momento dell'approvazione dell'indulto: un atto dovuto, che dovrebbe riportare un po' di civiltà nelle carceri del Belpaese riducendo il numero dei detenuti stipati a decine di migliaia nelle patrie galere. La Cgil si era battuta perché dal provvedimento, che riduce di tre anni la pena da scontare, fossero esclusi i reati sul lavoro, dagli infortuni alle "morti bianche", alle malattie professionali. Una richiesta più che ragionevole, in un paese in cui ogni giorno muoiono 4 lavoratori, ignorata dalle forze politiche sotto la pressione delle lobbies che hanno individuato nella legge l'atout per evitare di pagare, almeno in parte, le conseguenze giudiziarie dei crimini sul lavoro.
Una delle più potenti tra le lobbies che premono sul Parlamento italiano è quella dell'amianto, capitanata dai fratelli svizzeri Stephan e Thomas Schmidheiny e dal loro socio belga, il barone Louis Cartier de la Marchienne sui quali sta indagando il procuratore aggiunto della repubblica Raffaele Guariniello. I reati contestati ai tre indagati, che entro l'anno dovrebbero essere rinviati a giudizio al termine della fase istruttoria del processo, sono di disastro doloso (per cui sono previsti fino a 12 anni di carcere) e omissione dolosa di sicurezza sul lavoro (fino a 8 anni), in relazione a centinaia di casi di morti accertate per mesotelioma pleurico, asbestosi e carcinoma polmonare, contratti nei 5 stabilimenti italiani della Eternit di proprietà dei tre imprenditori sotto inchiesta. Dopo anni e anni di lavoro dell'Associazione dei familiari delle vittime dell'amianto di Casale e Cavagnolo, sostenuta dalla Cgil, si sta avvicinando la data del processo, previsto nella primavera del 2007, ai presunti responsabili della strage che ha provocato in Italia almeno 3 mila vittime. Non basta, l'amianto è un killer che uccide nel tempo: a decenni dalla chiusura dello stabilimento Eternit, ogni anno a Casale sono 35-40 i morti di mesotelioma. Ed è a questo punto che interviene la novità dell'indulto. Dopo una serie di incontri e molti fallimenti, finalmente a luglio i legali dell'Associazione erano riusciti a convincere i rappresentanti dei fratelli Schmidheiny a sedere al tavolo di trattativa per concordare l'entità del risarcimento da erogare ai familiari dei lavoratori deceduti, prima del rinvio a giudizio e dell'avvio del processo. Ciò avrebbe consentito ai "Berlusconi svizzeri" (così vengono chiamati in Italia) un trattamento più mite da parte della giustizia. Ascoltiamo com'è andata dal racconto dell'avvocato torinese Sergio Bonetto, legale dell'Associazione: «Con i rappresentanti della famiglia Schmidheiny eravamo al quarto appuntamento, finalmente quello decisivo. Si era trovato un accordo per il risarcimento delle centinaia di vittime dell'amianto, tutto era stato definito. Prima di firmare, l'avvocato che rappresentava in veste imprenditoriale la controparte – un professore di diritto commerciale a Zurigo – ci ha chiesto qualche minuto per telefonare ai suoi assistiti e avere l'ok definitivo a chiudere la partita. 'Prendetevi un caffè, torno subito', ci ha detto. È tornato dopo un'ora e mezza, volto scuro: 'Mi è stato revocato l'incarico, nessun accordo è possibile'». Che cosa era successo durante quella chilometrica telefonata tra il rappresentante dei padroni dell'amianto e gli stessi padroni, mentre i legali delle vittime bevevano il caffè "lungo"? «La famiglia Schmidheiny aveva telefonato a Roma – dice Bonetto – ottenendo dal ministero della Giustizia la garanzia che in tempi rapidi sarebbe passata l'amnistia o, alla peggio, l'indulto. Dunque, in questo nuovo contesto gli indagati per le morti d'amianto avrebbero potuto risparmiarsi non solo la galera ma anche il danaro dei risarcimenti. Parola di ministero». Il ministro della Giustizia si chiama Clemente Mastella, segretario dell'Udeur che è il partito più a destra dell'Unione di centrosinistra. Del resto, le relazioni tra la famiglia Schmidheiny e il governo italiano sono sempre state solide. Non si sa chi al ministero abbia risposto alla telefonata degli svizzeri ma si sa che l'avvocato Carlo Malinconico, segretario della Presidenza del Consiglio, è stato fino a pochi giorni fa anche avvocato di Schmidheiny, per la precisione fino a quando qualche giornale ha raccontato di quel caffè luganese, bevuto appena quindici giorni prima che venisse promulgato l'indulto. Non ci sono prove per sostenere che a dettare le regole dell'indulto possano essere stati gli Schmidheiny, non si può però negare il potere della lobby dei padroni dell'amianto. Cos'hanno da guadagnare gli imputati dall'indulto, ce lo spiega l'avvocato Bonetto: «Mentre prima essi avevano tutto l'interesse ad arrivare al processo forti di un accordo con le parti lese per il risarcimento dei danni, per sperare su forti sconti di pena, con l'indulto puntano invece a un depotenziamento della condanna per via amministrativa: qualora venisse a cadere l'accusa principale di disastro doloso e restasse solo l'omissione dolosa, la pena comminata potrebbe essere di 5 anni. Tre sarebbero cancellati dall'indulto, gli altri due sostituiti dall'affidamento ai servizi sociali e anche l'esborso di danaro per i risarcimenti sarebbe minore e dilatato nel tempo, se non addirittura cancellato. In più, c'è chi rema contro qualsivoglia accordo con le parti lese: la famiglia Schmidheiny spende qualcosa come 30 milioni di euro l'anno per pagare gli avvocati in Italia, in Svizzera e negli Stati uniti», che non hanno alcuna fretta di concludere l'affare. Qualche soldo gli Schmidheiny lo risparmieranno comunque, dopo la rinuncia all'incarico dell'avvocato Malinconico, il segretario della presidenza del Consiglio di cui sopra che ha sempre intessuto ottimi rapporti con l'Unione di centrosinistra e con i Ds. L'esito di questa partita dipenderà dunque dalla consistenza della pena che verrà – se verrà – inflitta al barone belga e ai due fratelli svizzeri.
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