«Cinque anni fa, un gruppo di operai denunciò coraggiosamente le condizioni di sfruttamento subite nel cantiere AlpTransit del Ceneri nei lavori della tecnica ferroviaria appaltati all’impresa Generali Costruzioni Ferroviarie (Gcf) vincitrice con un’offerta del 30% più bassa rispetto al consorzio svizzero-austriaco concorrente. Da cinque anni quell’inchiesta langue nei cassetti della Procura. Da cinque anni gli operai chiedono giustizia. In Ticino si riscontra una giustizia a due velocità, forte coi deboli, debole coi forti. Una giustizia particolarmente lenta nelle denunce riguardanti l’ambito lavorativo. Come sindacato ben sappiamo quanto coraggio ci voglia per denunciare abusi sul posto di lavoro. Se la giustizia ti abbandona, quel coraggio verrà meno. È inaccettabile». Chissà se le parole di Giangiorgio Gargantini, segretario di Unia Ticino, espresse questa mattina nella conferenza stampa svolta nel ristorante attiguo al Palazzo di Giustizia, saranno state udite da chi di dovere. Da tempo la Procura ticine lamenta un sovraccarico di lavoro. È indubbiamente vero, ma non può essere la sola spiegazione dei ritardi nelle inchieste nell’ambito lavorativo. L’inchiesta su Gcf è emblematica. Quell’inchiesta poteva, e doveva, essere chiusa rapidamente. I dati satellitari dei badge obbligatori per chiunque entri in galleria non mentono. Se modificati, lasciano delle tracce informatiche. Sarebbe bastato requisirli tempestivamente e si sarebbero avute le prove se quanto denunciato dagli operai fosse vero, ossia giornate lavorative da dieci, dodici e fino a ventiquattro ore in alcuni casi. Non è stato fatto. Sono tante le lacune riscontrate nei cinque anni dall’apertura dell’inchiesta condotta dal procuratore Andrea Gianini, lamentano i sindacalisti. L’ultima in ordine temporale riguarda la richiesta del Procuratore al sindacato di trovare altri lavoratori pronti a testimoniare. A fatica, ne sono stati individuati due. Da mesi aspettano di essere interrogati dal Procuratore. Il sentimento di abbandono, di una giustizia negata è stato oggi espresso dai lavoratori presenti al presidio sindacale promosso davanti a Palazzo di Giustizia. «Mi sembra chiaro che il Procuratore non voglia fare giustizia. Il motivo non lo so, ma è certo che noi la stiamo aspettando da oramai cinque anni» racconta ad area uno degli operai. «Chiediamo il giusto, nulla di più, nulla di meno» conferma un secondo lavoratore. Da parte loro, con esperienza nel settore, pochi dubbi su Gcf. «È il loro modus operandi. Lo fanno ovunque. Ci hanno provato anche in Danimarca, ma sono stati bloccati. Il Ticino invece dev’essere la Little Italy» dice sorridendo amaramente. A loro dire, tutti sapevano come lavorassero nel cantiere del Ceneri. Nessuno è mai intervenuto. «Quelli di AlpTransit entravano più volte in galleria per vedere l’avanzamento dei lavori. Mai che chiedessero cosa ci facevano gli stessi operai del turno prima». Perché non avete reagito a quei turni massacranti? «In quel periodo in Italia la situazione era molto difficile, il lavoro scarseggiava. Avevo bisogno di quei soldi. Lo stesso valeva per i miei colleghi. Per questo stringevamo i denti e andavamo avanti a quei ritmi» spiega l’operaio. Grazie al loro superlavoro, Gcf ricevette un premio da AlpTransit per aver consegnato il cantiere in anticipo. Non lo condivise con gli operai. In Italia, Gcf dei fratelli Rossi è stata accusata da poco più di un anno dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano d’infiltrazione con la criminalità organizzata, ’ndrangheta, e di sfruttamento di lavoratori in stato di bisogno. Avendo scelto il rito abbreviato, dei membri di un clan titolari d’imprese subappaltatrici di Gcf sono stati già condannati. Altre sentenze sono attese a breve. Paradossalmente uno dei presunti ’ndranghetisti in attesa di giudizio in Italia, era stato citato come testimone dai legali svizzeri della Gcf. «Se avessi saputo come sarebbero andate le cose qui in Ticino, non avrei denunciato mettendo in pericolo la mia famiglia» spiega uno degli operai, affermando di aver subito minacce affinché ritirasse la sua denuncia. «Possibile che nessuno sorvegli il lavoro del Procuratore? Che gli chieda cosa ha fatto in questi cinque anni?» domanda. Già. Una bella domanda a cui trovar risposta è un’impresa. Da parte sua il sindacato garantisce di non voler mollare la presa sulla questione giustizia-lavoro. Una risoluzione in tal senso è già prevista al Congresso di Unia Ticino del prossimo sabato 9 marzo a Bellinzona. |