Vorrei tornare un attimo su un fatto di cronaca della scorsa settimana capitato non lungi da quella terra del loisir che è il Ticino. Sembra una brutta favola che fa pressappoco così. C’erano una volta dei perfidi albanesi che, poiché non sapevano che fare di meglio, andarono a disturbare un gruppo di bonari giovanotti locali che trascorrevano in pace e armonia qualche ora di svago in un ritrovo pubblico del Varesotto. Erano costoro bravi giovani di un gruppo che si chiamava “blood and honour”, tipico nome dalle sonorità inglesi che si suole porre ai circoli del bridge. E in effetti questi ragazzotti erano là che sorseggiavano limonate fresche disquisendo di argomenti filosofici. Insomma le solite dispute tra stoici ed epicurei. Per questo talvolta può capitare di udirli alzare un poco la voce. Non stavano facendo nulla di male quando eccoti arrivare i teppistelli albanesi intenzionati ad avviare una rissa. E provoca e riprovoca alla fin fine quei buoni giovanotti dalle teste rasate, pacifici fino nel midollo, dovettero ben tentare di spaccare le ossa dei facinorosi stranieri per verificare la composizione del midollo altrui. Tant’è che la faccenda si surriscaldò finché accadde quello che – ne siamo sicuri – nessuna delle persone coinvolte voleva: uno dei ragazzi del luogo morì colpito da una coltellata inferta da un albanese 21enne. Fatto tragico, e ci mancherebbe, visto che è capitato il morto. Ma noi vorremmo andare oltre, riflettere sulle reazioni che scatenano fatti simili. Ora, lasciamo da parte gli orientamenti filosofici, ma è più che legittimo che chi è stato offeso pretenda una vendetta. E dev’essere rapida, altro che pietanza fredda. Anche la sete di sangue è un impulso urgente. Ma la giustizia, quella istituzionale, ha tempi lunghi. E neppure brilla per efficienza, lo sanno tutti. Quindi, dico, ben vengano quelle ristoratrici battute di caccia all’uomo. In fondo sono delle toccanti testimonianze di partecipazione popolare. Si ritrova un po’ di solidarietà, ci si dà tutti una mano in un mondo sempre più funestato dall’indifferenza. Non c’è come la caccia allo straniero a dare quel senso sano di appartenenza agli abitanti autoctoni. I politici leghisti, sanguigni e istintivi, hanno capito di pancia che esiste un buon senso popolare nell’individuare e combattere il nemico. Difficilmente una spedizione punitiva dall’ira spinta si abbatte su soggetti innocenti. Il popolo ha un fiuto da segugio nell’individuare chi si macchia di atteggiamenti deviati. Inoltre è commovente vedere questa rete capillare che viene imbastita con un entusiasmo spontaneo e riesce ad arrivare laddove la polizia non sarebbe mai in grado. Il linciaggio ha il suo perché, smettiamola di demonizzarlo. È un rito collettivo, e Dio solo sa quanto siamo assetati di riti collettivi, avvicina chi lo pratica e ne placa gli animi esasperati da tutte queste cose brutte che non vanno. La parola “giustizia” trova il compimento più pieno nel suo verbo “giustiziare”. Meditate su questo e armatevi perché nessuno vi difende meglio di voi stessi.

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24.06.05

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