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Giudici e i rifugiati

di

Gianfranco Helbling
L’estate ticinese è stata animata da un odioso dibattito, quello imposto dal sindaco di Lugano Giorgio Giudici e da qualche giornalista servile e acritico sul tema degli “asilanti spacciatori”. A parte il fatto che il termine “asilanti” è di per sé odioso in quanto è stato inventato dall’Udc zurighese con evidenti intenti denigratori, è impressionante la quantità di veleno che ignoranza, malafede e calcolo politico hanno istillato in quel dibattito. Se è vero, com’è vero, che quello del traffico e dello spaccio di droga da parte di richiedenti l’asilo è un problema reale, è altrettanto vero che esso va affrontato proponendo delle soluzioni praticabili. Per far questo un politico responsabile deve prima conoscere a fondo il problema. Altrimenti fa solo sparate che, non contribuendo a trovare una soluzione, mirano ad altro. Questo vale a maggior ragione per chi riveste importanti cariche in un esecutivo, ad esempio il sindaco di Lugano, che sarà fra qualche mese la decima città più popolosa della Svizzera. Giudici ha dapprima ipotizzato un coprifuoco alle 22 per tutti i richiedenti l’asilo di Lugano, poi ha reclamato la chiusura dei centri d’accoglienza situati nell’agglomerato, infine ha preteso che la Croce Rossa con i suoi ospiti facesse il lavoro della polizia. Il tutto per contrastare i richiedenti l’asilo dediti allo spaccio di droga. Le autorità competenti, il consigliere di Stato Luigi Pedrazzini in testa, gli hanno risposto che le sue sono idee strampalate: le norme necessarie per intervenire contro i richiedenti l’asilo delinquenti esistono da anni, tutti (anche Lugano) devono fare la loro parte nell’accogliere i profughi, la Croce Rossa è un ente assistenziale e non di polizia e, quanto al coprifuoco, è anticostituzionale e razzista. Altre città svizzere sentono sulla loro pelle i problemi creati dalla presenza di richiedenti l’asilo dediti al crimine. Ma i loro amministratori propongono soluzioni articolate, praticabili e rispettose della dignità e dei diritti umani, dalla repressione di chi delinque a concrete misure d’integrazione per quei giovani che più facilmente si fanno tentare dalla delinquenza. È il caso della città di Zurigo con le sue dieci tesi pubblicate lo scorso mese di febbraio che, quelle sì, hanno aperto un reale dibattito civile. Le sparate estive di Giudici hanno solo dato la stura all’ennesima cagnara della destra locale, che ora più che mai lo osanna, legittimando il dubbio che Giudici abbia strumentalizzato un problema per altri fini, sparando sui più deboli. Morale: la grandezza di un sindaco non dipende dalle dimensioni della città che amministra.

Pubblicato

Venerdì 29 Agosto 2003

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